Controllo pubblico ad assetto variabile: i recenti orientamenti della Corte dei Conti

La rassegna della più recente prassi attribuibile alle sezioni di controllo della Corte dei Conti denotano orientamenti ad assetti variabili, vediamo quali sono…

La qualificazione della società a controllo pubblico

controllo pubblico assetto variabileSi rileva che, in linea con quanto sostenuto dalla precedente giurisprudenza amministrativa in tema di società a controllo pubblico, si è pronunciata la Corte dei Conti, sez. controllo Veneto, del. n. 18/2021/PAR del 29 gennaio 2021, la quale ha sostenuto che:

“la qualificazione di «società a controllo pubblico» (ai sensi del suddetto art. 2, 1° comma, lett. b) si fonda sull’effettiva influenza degli enti partecipanti in ordine all’assunzione delle «decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale» (Corte dei Conti, delibera 11/SSRRCCO/QMIG/19) ed è ravvisabile unicamente quando, in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, le decisioni strategiche per la vita sociale richiedano il consenso unanime delle amministrazioni pubbliche che esercitano il controllo, restando escluso che la menzionata qualificazione possa essere desunta da «comportamenti univoci o concludenti» che consentano di configurare il «controllo congiunto» degli enti controllanti (Corte Conti, Sez. riunite, delibera 22 novembre 2019, n. 16)”.

Diversamente Corte dei Conti sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna n. 19/2023/VSGO del 30/01/2023 rileva che in conformità alla deliberazione n. 29/SEZAUT/2019/FRG (Gli organismi partecipati dagli enti territoriali e sanitari – Relazione 2019) della Sezione delle Autonomie, che:

 “se la sommatoria delle partecipazioni pubbliche è pari a 100, è pacifica la sussistenza del controllo pubblico”.

Infatti, la presenza di soli soci pubblici, tutti con interessi tra loro indubitabilmente convergenti (enti territoriali, loro holding e Tper, società pubblica ancorché non soggetta al Tuspp), pur in assenza di coordinamento istituzionale formalizzato, rende del tutto illogica e immotivata la pretesa di insussistenza del controllo pubblico.

Nella stessa direzione anche la deliberazione Corte dei Conti – sez. regionale controllo per l’Emilia Romagna 1/2/2022 n. 10/2022/vsgo che afferma che in base alla costante giurisprudenza della Sezione sul tema del controllo pubblico (cfr., ex multis, Corte dei conti, Sez. reg. contr. Emilia-Romagna, delib. n. 63/2020/PARI e n. 113/2021/PARI) richiama la delibera n. 11/SSRRCO/QMIG/19 delle Sezioni riunite in sede di controllo (avente funzione di orientamento generale per le Sezioni regionali) nella quale si ritiene “sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle società a controllo pubblico […] che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile”, come da applicazione letterale del combinato disposto delle lettere b) ed m) dell’art. 2 del Tuspp.

L’unica eccezione a tale presunzione di controllo congiunto si verifica quando:

“in virtù della presenza di patti parasociali (art. 2314-bis c.c.), di specifiche clausole statutarie o contrattuali (anche aventi fonte, per esempio, nello specifico caso delle società miste, nel contratto di servizio stipulato a seguito di una c.d. “gara a doppio oggetto”), risulti provato che, pur a fronte della detenzione della maggioranza delle quote societarie da parte di uno o più enti pubblici, sussista un’influenza dominante del socio privato o di più soci privati (nel caso, anche unitamente ad alcune delle amministrazioni pubbliche socie).”

Nella medesima pronuncia delle Sezioni Riunite viene inoltre affermato come, fermo restando il suesposto criterio di individuazione delle società a controllo pubblico, da cui discende l’applicabilità delle disposizioni dettate in materia dal Tuspp, sussista, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche, l’obbligo per gli enti soci “di attuare, e formalizzare, misure e strumenti coordinati di controllo (mediante stipula di apposti patti parasociali e/o modificando clausole statutarie) atti ad esercitare un’influenza dominante sulla società”, trattandosi di strumento finalizzato anche a valutare la “legittimità della detenzione della partecipazione societaria (ai sensi dell’art. 4), potendo quest’ultima non rivelarsi più strettamente inerente alla missione istituzionale degli enti soci (come messo in evidenza anche dal Consiglio di Stato, sentenza n. 578/2019)”.

“Allo stesso modo, la necessità di adeguate modalità di controllo congiunto formalizzato è strumentale all’effettiva vigilanza sull’attività espletata dalla società, nonché sul rispetto, da parte di quest’ultima, delle norme dettate dal Tuspp, che prescrivono l’attribuzione di specifici obiettivi di contenimento dei costi di funzionamento e del personale (cfr. art. 19 D.lgs. n. 175 del 2016), con conseguenti profili di responsabilità in caso di omissione.”

Nel ribadire il richiamo al suddetto precedente delle Sezioni Riunite in sede di controllo, la corte dell’Emilia Romagna sottolinea l’importanza del fatto che la delibera citata sia stata adottata con riferimento specifico ai rapporti tra l’ente pubblico e la società partecipata.

In relazione a quanto precede, la Sezione invita l’Ente ad assumere le iniziative del caso presso gli altri soci pubblici, allo scopo di rendere coerente la situazione giuridica formale con quella desumibile dai comportamenti concludenti posti in essere e di valorizzare pienamente la prevalente – quando non totalitaria – partecipazione pubblica, nonché ad estendere, di conseguenza, anche il perimetro delle partecipate indirette da includere nei piani di razionalizzazione, considerato che l’art. 2, lett. g), del Tuspp, nel definire la partecipazione indiretta come “la partecipazione in una società detenuta da un’amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica”, non contiene alcuna esclusione delle fattispecie di controllo congiunto.

Su posizione leggermente diversa invece la Deliberazione Corte dei Conti – sez. regionale di controllo per la Toscana 9/1/2023 n. 9 in base alla quale deve ritenersi che, nelle società con un capitale pubblico frammentato, la circostanza che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 c.c. costituisce un “indice presuntivo” della sussistenza di una situazione di controllo pubblico; tale situazione richiede però di essere ulteriormente accertata, specialmente in presenza di partecipazioni “private”, al fine di vagliare se la dinamica societaria, nelle sue scelte strategiche e gestionali, sia condizionata, rectius subisca un’influenza dominante, da parte dei soci privati o di alcuni soci pubblici e privati (cfr. in tal senso Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazioni n. 13/2022/VSG, n. 68/2022/VSG e n. 69/2022/VSG).

In tale assetto, ricorda il Giudice Contabile Toscano, chiaramente la c.d. prova di resistenza che deve essere fornita dall’Ente socio è tanto più rigorosa quanto maggiore è la partecipazione pubblica al capitale sociale.

E a tal proposito lo stessa sezione di controllo, richiamata la giurisprudenza della Sezione delle Autonomie, condivisa anche dalle Sezioni regionali di controllo alla stregua della quale “se la sommatoria delle partecipazioni pubbliche è pari a 100, è pacifica la sussistenza del controllo pubblico” (così, Sezione delle Autonomie, deliberazione n.29/SEZAUT/2019/FRG e rimanda anche alla Sezione delle Autonomie deliberazione n. 22/SEZAUT/2019/INPR “Linee guida per il referto annuale sul funzionamento del sistema dei controlli interni degli enti locali per l’esercizio 2018”, sez. 6, quesito 6.5 e n. n. 11/SEZAUT/2019/INPR “Linee guida per le relazioni dei presidenti delle regioni e delle province autonome sul sistema dei controlli interni effettuati nell’anno 2018”, sez. 3, quesito 3.2).

La presenza di soli soci pubblici, infatti, esclude la sussistenza di indirizzi gestionali che possano essere estranei alla sfera pubblica, portando a qualificare la società come a controllo pubblico (cfr. ex plurimis Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna deliberazioni n. 9/2021/VSG e n. 106/2020/VSGO, Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazioni n. 13/2022/VSG, n. 68/2022/VSG e n. 69/2022/VSG).

 

Il caso di società a partecipazione pubblica maggioritaria

Nel caso, invece, di una società a partecipazione pubblica maggioritaria, frammentata fra più enti pubblici, ai fini dell’esclusione della configurabilità di una società come “a controllo pubblico”, l’ente socio è tenuto a fornire dimostrazione, attraverso un’analisi della fattispecie concreta, dell’assenza di forme di controllo da parte di più enti pubblici partecipanti oppure della sussistenza di un’influenza dominante – formalizzata in un patto parasociale o in specifiche clausole statutarie o contrattuali – riconducibile al socio privato o a più soci privati, nel caso, anche unitamente ad alcune delle amministrazioni pubbliche socie (cfr. ex plurimis Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 18/2021/PAR).

In questi casi, si impone ai soci pubblici di riconsiderare attentamente il mantenimento della partecipazione nell’ambito dei processi di revisione annuale; ciò al fine di mettere in evidenza le ragioni di coerenza e stretta necessarietà rispetto alle finalità istituzionali ex art. 4, comma 1, del Tuspp, che possano giustificare la detenzione di partecipazioni in soggetti societari, dei quali non si ha possibilità, neppure congiuntamente, di influenzare la gestione (cfr. ex plurimis Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna deliberazioni n. 9/2021/VSG e n. 106/2020/VSGO).

Detto onere motivazionale aggravato è funzionale anche ad evitare condotte elusive nell’applicazione della disciplina del Tuspp ed impone di esternare l’esito delle valutazioni nella relazione tecnica, allegata al piano di revisione ordinaria (Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazioni n. 13/2022/VSG, n. 68/2022/VSG e n. 69/2022/VSG).

 

La dottrina sul controllo pubblico

La dottrina dopo avere ripreso la sentenza del Giudice amministrativo dell’Emilia-Romagna, sopra ricordata, si è soffermata anche sulla necessità che le forme organizzative che possono dare luogo ad un controllo sia in forma scritta.

“Con riferimento alla forma richiesta per gli strumenti di organizzazione, si può sostenere che la sussistenza di un controllo pubblico congiunto richiede che gli atti vincolanti siano redatti in forma scritta.

A sostegno tale impostazione si è pronunziata anche la giurisprudenza amministrativa, di cui si possono richiamare le decisioni del TAR del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia e, in appello, del Consiglio di Stato74.

Tali sentenze si riferiscono al caso di una società partecipata da diversi soggetti pubblici (nel caso di specie, comuni), i quali, non solo detenevano collettivamente circa il 90% del capitale sociale ma, per anni, hanno esercitato i loro diritti di voto in modo da offrire orientamenti univoci e concordi.

Nonostante tale situazione, i due TAR e il Consiglio di Stato non hanno ritenuto sussistente un controllo congiunto di tali enti sulla società, in quanto risultava assente una documentazione scritta contenente gli elementi formali e vincolanti su cui fondare il controllo75.

Tale orientamento in merito alla forma scritta sembra ormai pacifico in giurisprudenza. Infatti, tale requisito è stato confermato anche dal TAR Lazio, Roma, 19 aprile 2019, n. 5118, il quale ha ritenuto non sufficiente desumere il controllo pubblico né da una mera e astratta possibilità per i soci pubblici di far valere una maggioranza azionaria in assemblea, né dalla configurabilità di comportamenti concludenti in assenza di una formalizzazione scritta di tali accordi76.

Aderisce al presente orientamento anche la già citata sentenza del TAR Emilia-Romagna n. 5118/2020, in cui il Collegio ha ritenuto incontestabile che “il dato fattuale della assoluta mancanza di disposizioni statutarie o pattizie che impongano ai soci pubblici l’assunzione di decisioni unanimi per le scelte strategiche della società” impone di considerare non sussistente un controllo pubblico.

Una conferma di ciò può essere ravvisata nella natura di confine della disciplina che regola le società a controllo pubblico. Infatti, se da un lato le società costituiscono enti appartenenti al diritto civile, dall’altro, i soci che la compongono sono soggetti di diritto pubblico.”[1].

Nello stesso segno altro autore rileva:

“In proposito i quali rilevano come l’interpretazione del controllo pubblico prevista dal Tuspp debba esser coerente con lo spirito dell’art. 2359 c.c., il quale, ai fini di un controllo, presuppone un’influenza concreta (si ricordino i tre casi previsti del controllo di diritto, di fatto e il controllo contrattuale), ossia la presenza di strumenti giuridici negoziali di coordinamento, che consentano la formazione di un centro organizzato, anche plurimo, di decisione strategica.

Pertanto, sulla base del coordinamento giuridicamente vincolante, per i soci coinvolti, previsto dal 2359 c.c., si ritiene di escludere un orientamento che fondi il controllo pubblico sulla mera sommatoria algebrica di partecipazioni azionarie, in quanto in disarmonia con la natura della disciplina civilistica a cui il Tuspp rimanda.[2]

 

In conclusione…

“Il dibattito appare significativamente vivace in ragione dei diversi contributi non solo dottrinari, ma anche giurisprudenziali che sono stati già forniti, in particolare da diverse Sezioni della Corte dei Conti, già chiamata ad occuparsene nonché da alcuni T.a.r..

Allo stato sembra delinearsi una certa prevalenza del terzo ed ultimo degli orientamenti ricordati, secondo cui andrebbe privilegiata un’interpretazione della norma aderente al tenore letterale della stessa e, perciò, attenta agli aspetti qualitativi del fenomeno.

In virtù di tale impostazione infatti, nel caso di una pluralità di soci, detentori di partecipazioni minoritarie che se sommate determinino una partecipazione di maggioranza, si potrà configurare un controllo pubblico congiunto solo ed esclusivamente in presenza di “strumenti organizzativi (clausole statutarie o, più spesso, patti parasociali) idonei ad assicurare il funzionamento di un nucleo di controllo stabile da parte di soggetti pubblici”, non essendo dunque sufficiente una mera maggioranza aritmetica di partecipazioni pubbliche.

Certamente, considerati i riflessi che l’inquadramento o meno della singola fattispecie come società a controllo pubblico è suscettibile di determinare, dal comportamento dei soci, agli assetti statutari ai doveri degli amministratori di questo genere di società, potrebbe essere auspicabile anche la valutazione di una più efficace positivizzazione, ovviamente se nel frattempo consolidatisi, dei concetti delineati dalla prevalente interpretazione.”[3]

 

NdR: Potrebbe interessarti anche…Controllo pubblico congiunto previsto dal Tuspp

 

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NOTE

[1] Paolo Valensise, “Un punto sul dibattito relativo alla nozione di “società a controllo pubblico” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. “b” e “m” del Tuspp in “Il controllo delle imprese nella legislazione italiana alla ricerca di una nozione comune” a cura di Luciano Acciari, Francesco Salerno, Gustavo Visentini – Pacini editore Pisa 2023.

Ci si permette rinviare anche a M. Maracci, Il “controllo pubblico congiunto” secondo i recenti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, in Azienditalia, 4, 2021, 9; Camporesi “Il controllo pubblico nel Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica: teorie a confronto” in Servizi Pubblici locali – rivista del Centro Studi Enti locali del 31/01/2020

[2] cfr. Cavallini, Orsetti, Rivola, La necessità di un coordinamento istituzionalizzato tra soci pubblici ai fini della legittima detenzione di partecipazioni, in AziendItalia, 5, 2020, 831 ss., Vittorio Occorsio, Roberto Ranucci: “Società pluripartecipate: controllo pubblico, controllo analogo congiunto e partecipazioni “pulviscolari”” in Rivista Corte dei conti n. 5/2019.

[3] Cfr. Paolo Valensise: Op. cit..

 

A cura di Roberto Camporesi

Sabato 8 aprile 2023

 

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