L’autonomia patrimoniale delle società di capitali, in particolare delle Srl, non costituisce un valido scudo di fronte agli accertamenti fiscali, dato che, in presenza di basi partecipative ristrette, si presume che gli utili siano distribuiti ai soci (e da tale presunzione si fanno discendere le conseguenze tributarie tipiche della distribuzione di utili in capo alla società e al socio).
In queste situazioni, quindi, avviene solitamente che in sede di accertamento fiscale, la ricostruzione di un maggior reddito imponibile in capo alla società si rifletta sui soci – persone fisiche, per l’utile presuntivamente distribuito e che nel processo tributario, le Corti condividano lo stesso ragionamento presuntivo.
Logica conseguenza di ciò è che, in generale, il destino dell’accertamento riguardante le persone fisiche dipenda da quello dell’accertamento “presupposto” sulla società (nel contenzioso tributario, la lite societaria risulta pregiudiziale rispetto a quella riguardante i soci, anche se non c’è litisconsorzio necessario).
Accertamento in società a ristretta base societaria e società di persone: argomenti trattati
- Alcuni chiarimenti
- Doppia imposizione?
- Tassazione lordo IRES
- Quando la presunzione è legittima?
- Presunzioni non di secondo grado
- Prove contrarie
- Accertamento presupposto definitivo
- Condizioni
- Quale reddito?
- Giudicato sulla società
- Potenziale abusività
- Società-socie
- Sanzioni
- Violazioni penali
- Mediazione tributaria
- Il problema dei costi
- Litisconsorzio
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Alcuni chiarimenti
Nell’ambito delle attività di accertamento fiscale, si è detto, le società di capitali a ristretta base partecipativa sono spesso oggetto di attività di accertamento nell’ambito delle quali i redditi “formalmente” societari sono imputati direttamente ai soci, in modo similare a quanto accade (ex lege) in caso di società personali.
Diversamente, però, da quanto previsto per queste ultime (e per le società trasparenti IRES di cui agli artt. 115 e 116 del TUIR), la situazione delle società a ristretta base partecipativa può risultare più penalizzante, con tassazione sia della maggiore IRES (oltre all’IRAP ed eventualmente all’IVA sul maggior volume di affari) accertata in capo alla società, sia della maggiore IRPEF attribuita ai soci.
All’accertamento fondato sulla presunzione di distribuzione extracontabile degli utili societari si accompagnano le sanzioni per infedele dichiarazione.
Inoltre, si determina di fatto un effetto cumulativo tra le maggiori imposte accertate in capo alla società e in capo ai soci, che incrementa il carico complessivo.
Doppia imposizione?
Nel caso delle s.r.l. a ristretta base partecipativa, il socio può essere sottoposto ad accertamento assumendo come “distribuiti” i maggiori ricavi extracontabili accertati in capo alla società.
Un singolo accertamento, quindi, ne “genera” due o più (la ricostruzione del reddito e dei ricavi della società si “ribalta” sui soci, ipotizzando che ad essi l’utile societario (riferibile ai maggiori ricavi non contabilizzati) sia stato integralmente distribuito (Cassazione 19.7.2012 n. 12576; Cass. 11.9.2013 n. 20806; Cass. 10.1.2013 n. 441).
Secondo alcune posizioni, le modalità di tassazione non dovrebbero in ogni caso contrastare con il canone della capacità contributiva, e pertanto sarebbe opportuno tassare in capo al socio solo il maggior reddito presuntivamente distribuito, pari al maggior reddito accertato in capo alla società al netto delle imposte che su tale reddito, a causa dell’accertamento, quest’ultima è stata chiamata a pagare (norma di comportamento AIDC 28.6.2017 n. 198).
Tassazione lordo IRES
Le sentenze di merito e di legittimità sposano, in generale, un orientamento opposto, secondo il quale i “dividendi” presuntivamente imputati secondo lo schema delle società a “ristretta base” non devono essere considerati al netto, bensì al lordo, dell’IRES richiesta alla società.
In queste ipotesi infatti, secondo la Corte, andrebbe esclusa una doppia imposizione nel senso richiesto dall’art. 67 del D.P.R. n. 600/1973 (CTR Roma 15.06.2016, n. 3817/1/16, Cass. 11.11.2003, n. 16