In tema di accertamento induttivo, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati contabili e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, l’atto di rettifica è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, anche in relazione alla contestata antieconomicità.
La Corte di Cassazione ha risolto un contenzioso in tema di accertamento su un tassista, basato fondamentalmente sulla valenza presuntiva dell’antieconomicità.
Il caso di Cassazione: accertamento su tassista basato su presunzione di antieconomicità
Nel caso di specie, il contribuente, esercente l’attività di trasporto a mezzo taxi, impugnava, con due distinti ricorsi, dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale, avvisi di accertamento, relativi, rispettivamente, agli anni d’imposta 2007 e 2008, con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del Dpr. 29 settembre 1973, n. 600, ai fini IRPEF ed IRAP, maggiori imposte oltre sanzioni e interessi.
Il contribuente aveva presentato istanza di accertamento con adesione, ma aveva ritenuto di non accettare la proposta fatta dall’ufficio, che proponeva un abbattimento dei chilometri desunti in fase di accertamento.
La medesima proposta, con l’abbattimento delle sanzioni al 40%, veniva rifiutata anche nella fase di mediazione, ai sensi dell’articolo 17 bis del Dlgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
La Commissione Tributaria Provinciale, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva, annullando gli avvisi di accertamento.
Contro tale decisione proponeva appello l’ufficio e la Commissione