Per gli acquisti interni per i quali l’operatore IVA italiano riceve una fattura elettronica riportante uno dei codici previsti per la natura «N6» (operazione effettuata in regime di inversione contabile o reverse charge), si rende necessario procedere all’«integrazione» della fattura ricevuta con l’aliquota.
A ciò segue l’annotazione della stessa nei registri delle vendite (per rendersi debitore dell’imposta) e degli acquisti (per esercitare il diritto alla detrazione).
Ai fini del rispetto del dettato normativo, sono previste due modalità: l’integrazione manuale e quella tramite SdI. Andiamole ad esaminare.
Reverse charge interno: integrazione manuale della fattura
Già con la circolare 2 luglio 2018, n. 13/E l’agenzia delle Entrate ha chiarito che il cessionario/committente può predisporre un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa.
Tale documento, che si compila indicando nel campo C/P (Cedente/Prestatore) la partita Iva del C/P effettivo e nel campo C/C (Cessionario/Committente) l’identificativo Iva dell’operatore che effettua l’integrazione può essere inviato al Sistema di Interscambio (SdI) con il codice tipo documento il TD16 «Integrazione fattura reverse charge interno» e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’agenzia delle Entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione.
Inoltre, si ricorda che non vi è alcun obbligo di invio del documento cosiddetto «autofattura» al cedente/prestatore (Faq 36 del portale «Fatture e corrispettivi»).
L’integrazione manuale della fattura ricevuta – previa stampa e conservazione analogica della stessa -, tuttavia, non consente di includere l’operazione nelle bozze di registri Iva che saranno predisposte dalla stessa agenzia.