Le società a ristretta base azionaria continuano a far discutere. In particolare, in questo nostro intervento vogliamo soffermarci sulla questione relativa alle modalità di accertamento societario secondo cui la definizione dei PVC costituisce riconoscimento o accertamento della pretesa dell’Amministrazione finanziaria e offre prova della esistenza di maggiori utili presuntivamente distribuiti ai soci.
Distribuzione utili extracontabili a socio di società a ristretta base azionaria
In conseguenza del disconoscimento di costi per operazioni inesistenti, l’Agenzia delle Entrate accertava a carico di due S.p.A. un maggior reddito d’impresa, definito nella sua entità a mezzo di procedimento di adesione.
Successivamente, l’Amministrazione finanziaria determinava, per la medesima annualità d’imposta, un maggior reddito di capitale imponibile a fini IRPEF in capo a uno dei soci, quale titolare di quote di partecipazioni pari all’87,5% nelle predette società a ristretta base azionaria, considerando il reddito delle società presuntivamente distribuito pro quota al socio quale utile extracontabile.
L’impugnativa giurisdizionale del contribuente avverso il relativo avviso di accertamento veniva disattesa in ambedue i gradi di merito.
Ricorre, quindi, per cassazione il contribuente, evidenziando, in particolare, che la definizione, con atto di adesione, dei p.v.c. da parte della società non costituirebbe riconoscimento o accertamento della pretesa dell’Amministrazione finanziaria e, dunque, non offre prova della esistenza di maggiori utili presuntivamente distribuiti ai soci.
Il pensiero della Corte sulla società a ristretta base proprietaria in caso di adesione ai rilievi del Fisco
Per la Corte, costituisce:
“ius receptum che l’accertamento del maggior reddi