Il Tribunale di Napoli consolida un nuovo filone interpretativo sulle responsabilità da abuso da eterodirezione per fatti riconducibili al socio ente locale.
Approfittiamo del caso per un ripasso della principale giurisprudenza sulla responsabilità del socio ente locale
L’elemento del nuovo filone interpretativo riguarda la rilevanza della natura, non tanto del socio – ente pubblico locale – che certamente è ricompreso fra i soggetti passibile di tale responsabilità (la norma individua gli agenti “[nel]le società e gli enti”) ma bensì nella natura delle società partecipate dall’ente locale.
La parte motiva della sentenza rimanda ad un risalente studio del CNDCEC che nel 2010 analizzando il fenomeno delle holding di partecipazione pubblica che precisava che nel caso della costituzione di una società holding sembra plausibile l’applicazione dell’art. 2497 codice civile in capo alla società holding, mentre non sembra applicabile, secondo la novella interpretazione – si veda infra – in capo all’ente locale che detiene unicamente la partecipazione in una società (la holding) che svolge per suo conto un’attività meramente strumentale né per finalità economiche che di natura finanziaria.
Va precisato che le conclusioni dello studio del CNDCEC erano la sintesi di un parere reso dalla commissione, che all’epoca si occupata di governance di società partecipate e servizi pubblici, che ha anticipato le odierne conclusioni cui giunge il giudice partenopeo.
Le holding di partecipazioni pubbliche
In buona sostanza il parere della Commissione citata affermava:
“”A mente dell’art. 2497 cod. civ. si considerano etero dirette quelle società sulle quali gli enti che << esercitando attività di direzione e coordinamento di [ tali ] società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste del pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società >>.[1]
Sul tema è intervenuto l’art. 19 del D.L. 1/07/2009 n. 78 (“provvedimento anticrisi”) che ha disposto una interpretazione autentica che prevede:
<< L’articolo 2497, primo comma del codice civile si interpreta nel senso che gli enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economico finanziaria >>.
Dalla lettura della norma si evince che, sotto il profilo del soggetto che sottopone a direzione e coordinamento viene prevista espressamente l’esclusione dello Stato, mentre rientrano nella nozione di “enti” di cui all’art. 2497 cod. civ. i soggetti giuridici collettivi per i quali la partecipazione sociale è finalizzata:
- all’esercizio della propria attività imprenditoriale ovvero
- per finalità di natura economico finanziaria.
Tale distinzione sembra avvalorare la tesi, già da tempo espressa da autorevole dottrina, in base alla quale gli enti pubblici locali (provincie e comuni) non potevano essere sottoposti alle disposizioni dell’art. 2497 cod. civ. in quanto svolgono eminentemente fini istituzionali[2] e solo in parte anche attività riconducibili ai criteri dell’impresa.
La norma di interpretazione autentica è più precisa e fa riferimento sia all’attività imprenditoriale propria che, in alternativa, a finalità di natura economica (conseguire ricavi superiori a costi) che finanziaria (lucrare rendite di natura finanziaria).
Occorre dunque chiedersi come interpretare l’art. 2497 del cod. civ. alla luce delle novità testé esposte nel caso di società detenute dagli enti locali che ai sensi dell’art. 3 comma 27 e seguenti della Legge finanziaria 2008 debbono unicamente:
- prestare servizi di interesse generale nei limiti di competenza dell’ente locale socio;
- svolgere servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio, la cui disciplina di riferimento è l’art. 13 del Dl. 223/2006 conv. nella legge n. 248/2006 (c.d. Bersani).
Ora sulla base di tale distinzione, così come interpretata anche dalla Corte Costituzionale Sentenza 326/2008 si ritiene ripartire le partecipazioni comunali in due categorie:
- le società che gestiscono servizi di interesse generale svolgono un’attività d’impresa;
- le società che prestano servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio, non svolgono un’attività d’impresa ma funzioni amministrative (cd. società semi amministrazioni).
Confermando le conclusioni cui fa cenno il quesito si può così sostenere che:
- qualora l’ente locale detenga partecipazioni di categoria a) l’ente locale e la sua società partecipata sono sottoposte a tutta la disciplina dell’art. 2497 e seguenti del codice civile al pari di ogni altro socio “privato” che esercita attività di direzione e coordinamento sulle proprie controllate.
- Qualora l’ente locale detenga partecipazioni di categoria b) non si applicano le disposizioni dell’art. 2497 del cod. civ.”””.
La sentenza in commento conferma due precedenti giurisprudenziali che vengono riportati nella parte motiva in quanto ritenuti importanti.
Le responsabilità dell’ente locale per la giurisprudenza civile
La prima è la sentenza n. 5428/19 della Corte di Appello di Napoli che distingue in merito all’attività dello Stato e degli altri enti pubblici che operano al di fuori di criteri di obiettiva economicità e definiti c.d. enti pubblici di protezione sociale, che si pongono su un profilo diverso rispetto a quegli enti che partecipano a società di capitale che svolgono servizi pubblici di rilevanza economica che operano in regime di concorrenza, per i quali invece si ritiene ricadano all’interno delle previsioni di cui all’art. 2497 cod. civ. che, a loro volta si distinguono anche da quegli altri enti locali che partecipano a società che esercitano attività ammnistrativa strumentale a favore degli enti medesimi (c.d. società semi amministrazioni ex art. 13 della legge n. 248/2006).
La seconda è la sentenza del Tribunale delle Imprese di Roma n. 689/21 che precisa ulteriormente in merito alla distinzione fra le partecipate degli enti locali che svolgono attività di produzione di beni e servizi destinati all’utenza esterna che ricadono nell’attività di impresa di cui all’art. 2497 cod. civ. con trascinamento del socio pubblico passibile di responsabilità da eterodirezione diversamente dagli enti pubblici che partecipano a società che svolgono attività di “autoproduzione” a favore degli enti pubblici soci.
A questo punto pare potere giungere alle seguenti conclusioni finalizzate ad aggiornare la classificazione delle società partecipate in base al sopravvenuto testo unico in materia di società partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016) che ha coordinato l’intera disciplina delle società pubbliche con effetto dal settembre 2016.
Si hanno:
- le società partecipate previste all’art. 4 comma 2 lett. a) che hanno ad oggetto la: “produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi”.
Dette società sono esercitate con rilevanza economica e quindi l’ente locale socio è passibile di responsabilità da abuso di eterodirezione;
- le società partecipate previste dall’art. 4 comma 2 lett. b) che hanno ad oggetto: “la progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016”.
Dette società sono una forma di accordo fra pubbliche amministrazioni e sostanzialmente non dovrebbero essere esercitate con rilevanza economica e comunque mancherebbe il requisito dell’attività imprenditoriale e quindi l’ente locale socio non è passibile di responsabilità da abuso da eterodirezione; - le società previste dall’art. 4 comma 2 lett. c) (le c.d. società miste pubblico private), che hanno ad oggetto la: “realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2”. Per dette società valgono le considerazioni già esposte alle società di cui alla lett. a);
- le società previste dall’art. 4 comma 2 lett. d) (le c.d. società strumentali) che hanno ad oggetto l’“autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento”. Dette società sono quelle che la Corte di Costituzionale qualifica come società semi – amministrazioni) e pertanto l’ente locale socio non è passibile di responsabilità da abuso di etero direzione;
- le società previste dall’art. 4 comma 2 lett. e) che hanno ad oggetto i “servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016”.
Dette società esercitano servizi strumentali resi per conto delle pubbliche amministrazioni socie e pertanto vale già affermato per le società di cui alla lett. d);
- le società previste dall’art. 4 comma 5 ultimo periodo che hanno “che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali, salvo il rispetto degli obblighi previsti in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti” (c.d. holding di partecipazioni degli enti locali).
Dette società hanno una funzione strumentale e non svolgono un’attività imprenditoriale (il modello normativo è la holding pura) e pertanto secondo il parere desunto dallo studio del CNDCEC, fatto proprio dalla sentenza in commento, l’ente locale socio diretto della società holding non è passibile di responsabilità da abuso di etero direzione.
Fonte: Nota sentenza Trib. Napoli sez. specializzata in materia di impresa del 13/9/2022.
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NOTE
[1] La sentenza in commento ricorda le condizioni previste dall’art. 2497 citando il Tribunale di Roma che:
“ha rilevato che l’applicabilità dell’art. 2497 c.c. richiede “requisiti oggettivi, tra loro alternativi (detenzione della partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria), par d’uopo rimarcare che, secondo un condivisibile indirizzo dottrinario, i cennati requisiti oggettivi possono ritenersi sussistenti anche con riferimento alle società controllate da Enti locali, ed, in generale, da amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato – che pure, di regola, non svolgono attività di impresa con scopo di lucro – quante volte dette società eroghino servizi di interesse economico generale, destinati ad un’utenza esterna all’ente socio, o, comunque, siano gestite con “ il metodo economico” proprio dell’impresa. In tale ordine di concetti questo Tribunale, pur non ignorando l’indirizzo di segno contrario espresso da una parte della dottrina, ritiene che la disposizione di cui all’art. 2497 c.c. possa essere invocata anche con riferimento alla penetrante attività di direzione e controllo esercitata, da enti pubblici diversi dallo Stato, sulle società in house providing, naturalmente a condizione che ricorrano i requisiti oggettivi sopra richiamati, e che, dunque, non si sia in presenza di una società costituita per il solo svolgimento di attività di “ autoproduzione” di beni e servizi destinati, in via diretta ed esclusiva, agli enti pubblici soci”.
[2] F. Galgano “Direzione e coordinamento” Zanichelli 2005.
A cura di Rag. Giosuè Boldrini – Dott. Roberto Camporesi
Lunedì 31 ottobre 2022