In caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro cui far valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni ed agli interessi è quello quinquennale e non decennale, così come previsto dalla legge, rispettivamente, per le sanzioni e per gli interessi.
Cartella di pagamento: la normativa
La cartella esattoriale è emessa ogni volta che una Pubblica Amministrazione, che non ha ricevuto un pagamento da un contribuente o un’azienda, procede alla riscossione forzata del proprio credito.
Al fine di fare opposizione avverso un accertamento fiscale o anche una cartella esattoriale il contribuente ha, di norma, sessanta giorni di tempo ossia per rivolgersi al giudice e chiedere l’annullamento dell’atto impositivo.
Il deposito del ricorso non sospende in modo automatico l’obbligo di pagamento salvo che a stabilirlo sia il giudice.
Nella pratica alla fine del processo il giudice tributario decide se annullare o meno la cartella di pagamento.
In caso sfavorevole, la sentenza condanna il contribuente a versare le somme contenute nella cartella, maggiorate degli interessi e della eventuale condanna alle spese processuali: così facendo la sentenza sostituisce la cartella e diventa il nuovo “titolo esecutivo” per la riscossione delle somme.
Per “cartella fondata su sentenza” si intende un atto emesso dall’Agente per la Riscossione che contiene l’ordine di pagare gli importi stabiliti dal giudice nella sentenza che rigetta il ricorso contro l’atto fiscale e che, nello stesso tempo, anticipa il successivo pignoramento.
La prescrizione della cartella
Per quest’ultima si pone il problema della prescrizione del diritto di credito dell’amministrazione pubblica al recupero delle proprie somme.
Invece per le cartelle fondate su sentenza la prescrizione è decennale ossia di dieci anni.
Premesso che anche per la cartella di pagamento vale l’obbli