È perciò possibile presentare all'ufficio competente apposita istanza di rimborso al fine di recuperare il credito rimasto insoluto, previa dimostrazione di aver assolto correttamente tutti gli adempimenti di legge e di aver fatto concorrere a suo tempo l'IVA addebitata in rivalsa nella liquidazione periodica e annuale di riferimento.
L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in riferimento al recupero dell'IVA di rivalsa non incassata di cui al decreto IVA (articolo 30-ter del DPR 26 ottobre 1972, n. 633) da parte di un creditore fallimentare cessato.
Recupero dell’Iva legittimo anche in caso di cessazione dell’attività - Argomenti trattati:
- Recupero IVA legittimo in caso di cessazione attività per fallimento: il quesito posto alle Entrate
- Variazioni dell'imponibile o dell'imposta
- Note di variazione emesse dopo il fallimento: chiarimenti dalla Entrate
- L’orientamento delle Entrate
- La restituzione dell’imposta
- Considerazioni conclusive
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Recupero IVA legittimo in caso di cessazione attività per fallimento: il quesito posto alle Entrate
Un’impresa, titolare di partita IVA cessata, pone all’Agenzia delle Entrate il seguente quesito.
L'istante riferisce di aver emesso nei confronti di una società una serie di fatture, aventi ad oggetto il "servizio di consulenza e di valutazione economica e la progettazione".
Il committente è fallito prima di saldare le suddette fatture e l’imprenditore istante ha chiesto l'ammissione del credito al passivo fallimentare; il curatore, accogliendo l'istanza, ha iscritto un importo tra i crediti chirografari.
La procedura concorsuale si è conclusa con il "piano di riparto finale approvato in data [...], con perdita da parte dell'istante del proprio credito", cui ha fatto seguito il decreto di chiusura del fallimento.
L’istante ritiene soddisfatti tutti i presupposti per l'esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, (ai sensi dell'articolo 26 comma 2 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633) vigente ratione temporis, visto che:
- ha concorso alla procedura essendo stata ammessa allo stato passivo del fallimento;
- l'imposta per cui dovrebbe esercitare il recupero risulta da fatture regolarmente emesse e registrate ed è stata regolarmente versata all'Erario;
- il momento in cui sorge il presupposto dell'infruttuosità è, per il fallimento, 10 giorni dal deposito in cancelleria del piano di riparto.
Tuttavia, l’imprenditore istante, avendo chiuso la partita IVA prima del deposito del piano di riparto, sostiene di non poter "materialmente emettere la nota credito, pur vantando il diritto alla restituzione dell'IVA", e di non poter "presentare una dichiarazione integrativa a favore".
Ciò premesso, chiede, dunque, di poter recuperare l'IVA non incassa