La cartella di pagamento, che costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata come un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il controllo sulla correttezza dell’imposizione.
Tale obbligo di motivazione si atteggia diversamente a seconda che con la cartella siano rettificati i risultati della dichiarazione, o si proceda alla liquidazione dell’imposta in base ai dati contenuti nella stessa dichiarazione.
La Corte di Cassazione ha chiarito quali sono i presupposti in presenza dei quali una cartella di pagamento può dirsi legittimamente motivata.
Annullamento di cartella per mancato versamento IVA
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che ne aveva rigettato l’appello contro la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società per l’annullamento di una cartella di pagamento emessa per mancato versamento dell’Iva relativa all’anno 2004.
Cartella insufficientemente motivata
La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso, in ragione della insufficiente specificazione delle voci indicate nella cartella di pagamento, ritenuta inidonea a consentire l’individuazione del titolo della pretesa.
Il giudice di appello aveva poi re