Commercio al dettaglio: bonus con incognite

I commercianti al minuto, beneficiari del contributo a fondo perduto previsto dal Decreto sostegni-ter, attendono l’emanazione del provvedimento del Mise.
Nel frattempo si domandano come calcolare la riduzione del fatturato (del 2021 rispetto a quello del 2019) per determinare l’ammontare loro spettante a titolo di ristoro.

Commercio al dettaglio: determinazione del contributo a fondo perduto  spettante

Come calcolare la riduzione di fatturato

fondo perduto commercio dettaglioIl Decreto Sostegni ter (articolo 2 – “Fondo per il rilancio delle attività economiche di commercio al dettaglio”, Dl 4/2022), dispone che «Ai fini della quantificazione della riduzione del fatturato rilevano i ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b)» del Tuir relativi ai periodi d’imposta 2019 e 2021.

Ciò significa che risulta necessario tener conto di tutte le somme che costituiscono il fatturato del periodo di riferimento, purché rappresentino ricavi ai sensi del citato articolo 85 del Tuir che, a causa del non perfetto allineamento tra la data di effettuazione della cessione di beni o della prestazione di servizi, sono antecedenti o successivi alla data di fatturazione.

Ad esempio, il fatturato andrà depurato di quegli importi che, ancorché fatturati, non si qualifichino come ricavi.

Sul punto la Cm 14 maggio 2021, n. 5/E – a commento di un analogo bonus previsto dal Decreto Sostegni (Dl 41/2021) – ha fornito una serie di chiarimenti sotto forma di risposte a quesiti, applicabili al conteggio da effettuare in relazione al Cfp in esame.

 

Esempi di riconciliazione del fatturato/ricavi

Nel corso degli anni oggetto di osservazione (2019 e 2021) le imprese beneficiarie del contributo a fondo perduto potrebbero aver fatturato alcune delle seguenti operazioni:

  1. Cessione di beni strumentali.

    L’operazione va fatturata (articolo 21, Dpr 633/1972), concorre a formare il volume d’affari (articolo 20, Dpr 633/1972), ma non determina ricavi ai sensi dell’articolo 85 del Tuir.
    Eventualmente concorre a determinare plusvalenze o minusvalenze ai sensi, rispettivamente, degli articoli 86 e 101 del Tuir;
     

  2. Incasso di acconti per importo che non sono considerabili ricavi dell’anno.

    L’incasso va fatturato (articolo 6, comma 4, Dpr 633/1972), ma il relativo importo rappresenta una posta di debito (non di ricavi; cfr. Oic 19, paragrafo 29);
     

  3. Cessioni di beni a titolo di sconto, premio o abbuono (cd. sconto merce).

    Trattasi di quei beni soggetti ad Iva in quanto assoggetti ad una aliquota Iva superiore a quello del bene ceduto a titolo oneroso o per assenza di una originaria previsione contrattuale (articolo 15, comma 1, numero 2), Dpr 633/1972);
     

  4. Beni/servizi, che hanno determinato l’iscrizione di ricavi, oggetto di una successiva rettifica (es. per reso merce, per rettifica in diminuzione del prezzo, ecc.).

    In tal caso il cedente/prestatore potrebbe anche aver omesso di emettere una nota di credito (ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, Dpr 633/1972).
    Ciò in quanto l’emissione delle variazioni in diminuzione ai fini Iva è facoltativa.
    La Rossi Srl, pertanto, dovrà tener conto del corretto ammontare dei ricavi (di cui al citato articolo 85 del Tuir) che siano stati oggetto di fatturazione (anche in assenza di rettifica delle fatture stesse);
     

  5. Operazioni che sono «fuori campo Iva».

    Potrebbe essere il caso della cessione di terreni non edificabili, se oggetto dell’attività d’imprese (articolo 2, comma 3, lettera c), Dpr 633/1972) oppure della cessione di valori bollati e postali (articolo 2, comma 3, lettera i), Dpr 633/1972).
    Gli importi di queste operazioni, per le quali risulti eventualmente emesso un documento (impropriamente chiamato «fattura»), dovrebbero essere conteggiati ai fini della determinazione del fatturato in quanto sono stati oggetto di «fatturazione» (cfr. Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 8 luglio 2021, n. 470 e Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 12 luglio 2021, n. 472 ) e si si qualificano come ricavi;
     

  6. Interessi per dilazione di pagamento e cessione di azioni ed obbligazioni.

    Queste operazioni – fatturate in esenzione da Iva ai sensi dell’articolo 10, comma 1, numero 1), Dpr 633/1972 – non costituiscono ricavi ai sensi dell’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del Tuir, ma trovano la loro disciplina in altre disposizioni del Tuir (es. articoli 89 e 85, comma 1, lettere c) e seguenti, del Tuir).
    Pertanto, detti importi, ancorché fatturati non rientrano nel concetto di ricavi ai fini della presente disciplina di ristoro.

 

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A cura di Stefano Ruzzier e Claudio Sabbatini

Venerdì 11 febbraio 2022