Il fisco può rettificare l’artificiosa formazione di un credito IVA da parte della cessionaria?
L’atto di riacquisto di immobile per retrocessione può costituire una operazione artificiosa volta alla creazione di un illegittimo credito IVA?
Ciò che assume rilievo è l’inesistenza di un diritto alla detrazione (ossia il recupero di quanto detratto indebitamente) determinato dalla mancanza di una operazione economica?
Detrazione dell’IVA: il principio di diritto
Il meccanismo di detrazione dell’Iva (nonché quello omologo del rimborso del credito da eccedenza detraibile) mira sì a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’Iva dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, purché, però, esse siano soggette all’imposta.
Il che non accade in caso di operazioni simulate, ossia oggettivamente inesistenti.[1]
Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, in contrasto a precedenti interventi dello stesso giudice di legittimità.
La vicenda processuale: disconoscimento di credito IVA generato da due compravendite di immobile
Nel caso di specie, il fisco, sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, ha disconosciuto[2] un credito IVA vantato dal contribuente per l’anno d’imposta 2002, che era stato artificiosamente generato da due compravendite avvenute in rapida successione.
In particolare, ha evidenziato che le due società coinvolte nella rapida sequenza di compravendite facevano capo a un unico soggetto.
Ha sottolineato il ristrettissimo torno di tempo, da maggio a dicembre del 2001, in cui le due compravendite sono avvenute.
Ha rimarcato la discordanza tra le modalità di pagamento indicate nei contratti, che davano conto di pagamenti anticipati, e quelle risultanti dalle scritture contabili delle società, che riportavano pagamenti avvenuti solo successivamente alle compravendite.
Il giudice d’appello ha quindi convenuto con l’Agenzia che le compravendite erano volte in via esclusiva a costituire in favore del contribuente (cessionaria dell’immobile