In caso di omessa dichiarazione, per determinare il reddito complessivo, il Fisco può utilizzare elementi probatori, dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza e può anche fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni cd. supersemplici, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
L’utilizzo di tali presunzioni determina un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari, intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto, o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio.
Il Fisco deve comunque determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, e, quindi, considerare anche le componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti, ovvero, in difetto, determinate induttivamente.
Un caso di accertamento induttivo per omessa dichiarazione
Nel caso di specie, il contribuente, titolare di un’impresa individuale, aveva impugnato l’avviso di accertamento col quale l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato il reddito a norma degli artt. 41, comma 1, e 39, comma 2, Dpr. n. 600 del 1973 e 55 Dpr. n. 633 del 1972, risultando dall’anagrafe tributaria l’omessa presentazione delle dichiarazioni ai fini IRPEF, IVA e IRAP, per gli anni d’imposta 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005.
L’Ufficio, in base agli elementi acquisiti (inclusi i libri e la documentazione contabile tenuti dal contribuente e reputati, però, non attendibili), aveva dunque determinato l’imponibile con metodo induttivo.
Il contribuente, per conto suo, contestava la legittimità del metodo di accertamento impiegato e l’omessa considerazione dei costi documentati.
La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, mentre la Commissione Tributaria Regionale riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, disponendo che l’Agenzia delle Entrate rideterminass