Immobili collabenti e imposte

di Giuseppe Rebecca

Pubblicato il 30 agosto 2021

Per unità collabenti si intendono quei fabbricati che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di produrre reddito; sono accatastati nella specifica categoria catastale F/2, “unità collabenti”. Approfondiamo il trattamento fiscale.

Il trattamento fiscale degli immobili collabenti è particolare.

Immobili collabenti definizione

Per unità collabenti si intendono quei fabbricati (o porzioni di fabbricati), che per le loro caratteristiche (ovvero per l’accentuato livello di degrado) non sono suscettibili di produrre reddito; sono accatastati nella specifica categoria catastale F/2, “unità collabenti”.

In definitiva, si tratta di fabbricati fatiscenti, diruti, ruderi, interessati da pericolo di crollo o da cedimento, inagibili (ad es. tetto crollato), o comunque non abitabili né utilizzabili a causa di inesistenza di elementi strutturali ed impiantistici, che non possono diventare abitabili con semplici interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ma necessitano di interventi più radicali, fino alla demolizione.

Anche se precedentemente l’immobile era dotato di rendita catastale, potrà ora essere accatastato nella categoria cosiddetta “fittizia” F/2, categoria per immobili collabenti. Questi i necessari presupposti:

a) l’immobile deve aver perso la propria capacità reddituale;

b) l’immobile deve essere ancora individuabile e/o perimetrabile, in quanto persistono i requisiti materiali relativi alla copertura, alla struttura portante, ai solai e ai muri perimetrali.

Il fabbricato collabente può essere di qualsiasi categoria, rurale, civile o commerciale.

L’importanza della categoria catastale

La distinzione tra immobili ad uso abitativo” (normalmente quelli di cui al n. 8-bis dell’art. 10) “e immobili strumentali” (di cui al n. 8-ter dello stesso art. 10) “deve essere operata con riferimento alla classificazione catastale dei fabbricati, a prescindere dal loro effettivo utilizzo” (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 27/E del 4 agosto 2006).

Concetto confermato tra l’altro anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 4074 del 18 febbra