Il prestito vitalizio ipotecario: un'opportunità per ricavare liquidità dagli immobili di proprietà – Prima parte

Il prestito vitalizio ipotecario: definizione, storia ed elementi essenziali di questo contratto, una interessante tipologia di finanziamento…

La storia del prestito vitalizio ipotecario

prestito vitalizio ipotecarioIl prestito vitalizio ipotecario è un prodotto creditizio a lungo termine attraverso il quale una persona fisica ultrasessantenne, quindi anche un imprenditore individuale o il socio di una società, proprietaria di un immobile residenziale, può ottenere in prestito una somma da una banca o da un altro tipo di intermediario finanziario che sarà restituito dopo la sua morte dagli eredi o tramite l’escussione, da parte del creditore, della garanzia rappresentata da un’ipoteca di primo grado sull’immobile di cui il debitore era proprietario in vita.

In altre parole, il prestito vitalizio ipotecario è un modo per ricavare in età avanzata un capitale liquido dalla propria abitazione (o da un altro immobile residenziale di proprietà) che sarà restituito dopo la propria morte o quella del proprio coniuge o convivente more uxorio e mantenendo il diritto di utilizzare l’immobile fino al più tardo di questi due eventi.

Nulla vieta che tale liquidità sia utilizzata per finanziare un’attività imprenditoriale, propria o di altri.

Questo tipo di prestito è stato sviluppato per la prima volta in Gran Bretagna alla fine degli anni novanta del XX secolo, col nome di “lifetime mortgage” o “equity release” (e di “reverse mortgage” negli Stati Uniti), si è poi diffuso in tutto il mondo anglosassone ed è stato introdotto in Italia nel 2005 dal comma 12° dell’art. 11-quaterdecies del Decreto-Legge n° 203 di quell’anno, convertito in Legge n° 248 del 2005.

L’ipoteca può essere iscritta solo sugli immobili residenziali, cioè su quelli che hanno la destinazione d’uso di civile abitazione ed alle relative pertinenze.

Siccome il prestito vitalizio ipotecario non ha avuto un’immediata diffusione nella pratica, anche per la mancanza di una normativa di attuazione della norma sopra citata che lo ha introdotto, si è tentato un suo rilancio per mezzo di una nuova disciplina di esso contenuta nell’art. 1° (ed unico) della Legge n° 44 del 2015 che ha modificato il comma 12° dell’art. 11-quaterdecies del Decreto-Legge n° 203 del 2005 ed ha introdotto i commi da 12°-bis a 12°-sexies dello stesso articolo.

Questa nuova disciplina legislativa del prestito vitalizio ipotecario è stata poi attuata col Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n° 226 del 2015, entrato in vigore il 2 Marzo 2016.

Da quel momento in poi gran parte delle banche italiane si sono dotate di prodotti di prestito vitalizio ipotecario.

 

Gli elementi essenziali di questa tipologia di prestito

Il comma 12° dell’art. 11-quaterdecies del Decreto-Legge 203/2005 così come modificato dall’art. 1° della Legge 44/2015 definisce il prestito vitalizio ipotecario come quello che ha per oggetto la concessione da parte di banche o di altri intermediari finanziari iscritti nell’Albo, tenuto dalla Banca d’Italia, previsto dall’art. 106 del Testo Unico Bancario (TUB) contenuto nel Decreto Legislativo n° 385 del 1993, di finanziamenti a medio e lungo termine, non finalizzati[1], garantiti da ipoteca di primo grado su un immobile residenziale di proprietà del soggetto finanziato[2], con capitalizzazione annuale di interessi e di spese, riservati a persone fisiche con età superiore a 60 anni compiuti[3], il cui rimborso integrale in un’unica soluzione può essere richiesto al momento della morte della persona finanziata ovvero qualora vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o personali[4] di godimento sull’immobile dato in garanzia o si compiano atti che ne riducano considerevolmente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia (cioè di altre ipoteche) in favore di terzi che vadano a gravare sullo stesso immobile su cui è stata iscritta l’ipoteca di primo grado che garantisce il prestito vitalizio ipotecario.

Anche se la legge non lo dice espressamente è ovvio che per determinare l’importo del capitale che può essere erogato al richiedente col prestito vitalizio ipotecario è necessario che il finanziatore faccia stimare il valore dell’immobile da ipotecare da un perito.

 

Rimborso integrale del prestito vitalizio ipotecario in un’unica soluzione

I casi nei quali può essere richiesto, da parte del finanziatore, il rimborso integrale del prestito vitalizio ipotecario in un’unica soluzione (compreso quello della morte del debitore) sono individuati in modo puntuale dal 1° comma dell’art. 3 del D.M. 206/2015 che esaminiamo alla fine del Paragrafo 5.

La capitalizzazione annuale degli interessi e delle spese significa che questi ogni anno si aggiungono al capitale e producono altri interessi, per cui più vicino è il soggetto debitore ai 60 anni di età a partire dai quali si può stipulare questo finanziamento, minore sarà il capitale prestato e viceversa.

Questo perché, per esempio, data una speranza di vita media degli individui di sesso maschile in Italia nel 2019 di 80 anni, se si stipula il prestito a 60 anni il creditore dovrà aggiungere al capitale prestato la capitalizzazione di interessi e spese per 20 anni, mentre se si stipula il prestito a 70 anni il creditore dovrà aggiungere al capitale prestato la capitalizzazione di interessi e spese per soli 10 anni, per cui per giungere ad uno stesso importo finale da restituire mediante la vendita forzata dell’immobile si dovrà partire da un capitale prestato di maggiore importo.

 

Un esempio

Se una persona dell’età di 60 anni stipula un prestito vitalizio ipotecario di 50.000 Euro ad un tasso fisso annuo del 4% e l’addebito di 100 Euro annui di spese (ad esempio, per il premio dell’assicurazione contro i danni all’immobile ipotecato), con una speranza di vita media di 80 anni la capitalizzazione degli interessi e delle spese annue porterà la somma da restituire a 80 anni (anno della morte del debitore, in media) a 112.500 Euro.

Se, invece, il prestito sarà stato stipulato a 70 anni alle stesse condizioni, per giungere alla stessa somma da restituire alla morte del soggetto debitore ci vuole un capitale prestato di 75.000 euro.

Posta questa logica finanziaria del prestito vitalizio ipotecario non si comprende perché la riforma della Legge 44/2015 abbia abbassato l’età per stipularlo da 65 a 60 anni.

Nella pratica le banche prestano una percentuale crescente del valore di perizia dell’immobile in relazione al crescere dell’età del soggetto che chiede il prestito, per esempio il 20% a chi ha 60 anni ed il 50% a chi ne ha 90 perché con l’età più avanzata diminuiscono gli interessi che maturano sul capitale prestato.

Con questa percentuale si calcola il massimo dell’importo prestabile.

Di solito si prevedono anche un limite minimo e/o un limite massimo in valore assoluto dell’importo prestato, per esempio 30.000 e 250.000 Euro.

 

Se il soggetto finanziato è coniugato o convivente more uxorio

Se il soggetto finanziato, al momento della conclusione del contratto di concessione del prestito vitalizio ipotecario, risulta coniugato o convivente more uxorio da almeno cinque anni, come risulta dalla presentazione di un certificato di residenza storico, e nell’immobile ipotecato a garanzia del prestito risiedono entrambi i coniugi o conviventi, il contratto deve essere sottoscritto da entrambi anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi, purché entrambi i coniugi o conviventi abbiano compiuto 60 anni di età (comma 7° dell’art. 2 del D.M. 226/2015).

In questo caso, la fase della maturazione e della capitalizzazione degli interessi del prestito decorrerà fino alla data della morte del più longevo dei due coniugi o conviventi, data da cui sarà possibile, per il finanziatore, chiedere il rimborso integrale del prestito.

Nella pratica, le banche hanno previsto che i loro prestiti vitalizi ipotecari possono essere erogati anche a soggetti che convivono con persone diverse dal coniuge (per esempio, un fratello o una sorella o un figlio) purché queste siano eredi del proprietario oppure siano comproprietari dell’immobile ed alla condizione che il finanziamento sia erogato in cointestazione con tali soggetti, quindi suddiviso a metà fra loro.

Anche se la norma non lo dice espressamente, riteniamo che, se il coniuge o il convivente non proprietario dell’abitazione non ha ancora compiuto 60 anni, il contratto sia comunque stipulabile dal solo proprietario dell’immobile e si debba fare riferimento solo all’età della morte di quest’ultimo per il calcolo dell’importo totale da rimborsare e per la data da cui il finanziatore può richiedere il rimborso integrale del prestito vitalizio ipotecario.

Per “immobile residenziale” si intende un immobile avente come destinazione d’uso la civile abitazione e rientrante quindi nel gruppo catastale “A”.

Ovviamente, se una persona fisica è proprietaria di più abitazioni può chiedere più prestiti vitalizi ipotecari, uno per abitazione, ma, riteniamo, non può ottenere un solo prestito garantito da più abitazioni.

Infine, segnaliamo che il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare previsto dal 2° comma dell’art. 540 e dall’art. 1022 del Codice Civile a favore del coniuge superstite non può impedire l’escussione della garanzia ipotecaria su tale immobile che era stata costituita per ottenere un prestito vitalizio ipotecario da parte del coniuge defunto.

 

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NOTE

[1] Cioè senza una finalità precisa come, per esempio, l’acquisto di un bene immobile o mobile.

[2] Non è necessario che il proprietario dell’immobile che richiede il prestito abbia la residenza o il domicilio nello stesso immobile (su cui sarà iscritta l’ipoteca).

[3] E non più a 65 anni come nell’originaria formulazione della norma.

[4] Quindi non si può concedere in locazione un immobile residenziale ipotecato per garantire un prestito vitalizio ipotecario. Si tenga presente che il comma 12° citato parla di “diritti reali o di godimento”, da cui si ricava, a nostro giudizio, che in tale espressione siano compresi anche i diritti personali di godimento su un immobile che sono quelli che derivano dal contratto di locazione. In ogni caso, l’esclusione della possibilità di concedere in locazione l’immobile dato in garanzia la si ricava anche dall’art. 3 del D.M. 226/2015, come vedremo alla fine del Paragrafo 5.

 

A cura di Gianfranco Visconti

Sabato 10 luglio 2021