Oss e Ioss: dal 1° luglio 2021 per facilitare e-commerce, vendite a distanza, servizi

di Claudio Sabbatini

Pubblicato il 29 giugno 2021

Entrano in vigore dopodomani (1 Luglio) le disposizioni sul commercio elettronico volte a combattere il fenomeno evasivo derivante dal proliferare delle cessioni fatte anche per il tramite di interfacce elettroniche.
Proponiamo una panoramica delle nuove norme: viene generalizzato il regime di tassazione, ai fini Iva, nel Paese di consumo, tuttaviaa – aderendo agli speciali regimi OSS e iOSS – gli adempimenti dovrebbero essere semplificati.

oss ioss e commerceCon il D.Lgs. 83/2021 (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 2021, n. 141) sono state recepite le disposizioni contenute negli articoli 2 e 3, Direttiva 2017/2455/Ue e nella Direttiva 2019/1995/Ue (cd. pacchetto Iva sul commercio elettronico[1]).

L’entrata in vigore è il 1° luglio 2021; inizialmente l’entrata in vigore della nuova disciplina era fissata al 1° gennaio 2021, e successivamente è stata posticipata, in risposta alla pandemia COVID-19, al 1° luglio 2021 con la decisione Ue n. 1109/2020 del Consiglio del 20 luglio 2020.

 

Oss e Ioss: gli obiettivi del legislatore comunitario

Il legislatore comunitario ha inteso perseguire, con le norme che andremo a breve a commentare, i seguenti obiettivi:

  1. eliminare distorsioni di concorrenza tra beni unionali e beni extra-unionali, specie relativamente ai beni importanti di modesto valore.
    Questi, infatti, se di valore non superiore a 22 euro non sono (fino al 30 giugno 2021) assoggettati all’Iva e ai dazi all’atto dell’importazione.
    Con l’effetto che un bene (di costo non superiore a 22 euro) acquistato presso un negoziante della Ue sarebbe assoggettato ad Iva – tributo che grava sul consumatore finale – sia in caso di acquisto interno al Paese del fornitore sia in caso di beni di provenienza unionale (sia le cessioni interne sia gli acquisti intra-Ue tra soggetti passivi d’imposta sono assoggettati all’Iva nel Paese di destino, con conseguente ribaltamento dell’imposta in capo al cessionario privato); mentre nel caso di bene importato non verrebbe assoggettato ad Iva;
     
  2. combattere l’evasione fiscale, da parte di operatori extra-Ue che cedono beni nella Ue ma non versano l’imposta dovuta nel Paese del consumatore finale.
    Il problema è particolarmente sentito dato che le transazioni commerciali online sono divenute numerosissime;
     
  3. semplificare gli adempimenti.
    Da un lato si concede agli operatori economici di aderire ad un sistema (OSS - One Stop Shop) che consente di evitare di aprire un identificativo Iva in ogni Paese dell’Ue in cui l’imposta è dovuta (Paese di residenza del cliente, consumatore finale) e dall’altro è stato creato un sistema (iOSS - Import One Stop Shop o Sportello unico d'importazione) che consente di semplificare gli adempimenti in dogana (anche per via dell’abbattimento della soglia di 22 euro di cui si è detto al precedente punto 1)[2].
    A tal fine è stata creata la figura del «fornitore presunto» (tipicamente le piattaforme elettroniche) che deve riscuotere l’Iva presso il consumatore finale in luogo della riscossione in dogana all’atto dell’importazione.

Al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, il legislatore unionale ha introdotto modifiche alla Direttiva 2006/112/Ce mediante 3 grandi riforme:

  1. modifica delle regole sul commercio a distanza di beni intra-Ue;
     
  2. eliminazione della franchigia per l’importazione di beni di modesto valore;
     
  3. introduzione della figura del «fornitore presunto» per le vendite di beni da parte di soggetti extra-Ue.

 

Vendite a distanza

Per le prestazioni di servizi di commercio elettronico diretto (es. software, musica, app, ecc.)[3] è previsto il criterio di territorialità (detto in modo semplificato) secondo cui l’imposta è dovuta ove risiede il consumatore finale.

Per questi servizi vige una franchigia di 10.000 euro, nel senso che entro detta soglia l’Iva è dovuta nel Paese del prestatore.

In questo modo si agevola il commercio di quei soggetti che occasionalmente vengono un servizio nella Ue (es. il lavoratore autonomo che ha venduto un software ad un cliente francese).

Superata la soglia l’Iva è dovuta nel Paese di destino.

Il medesimo meccanismo non era previsto per il commercio elettronico indiretto (cessione di beni con ordini conclusi elettronicamente), modalità di vendita spesso utilizzata per i beni ceduti a distanza[4].

Fino al 30 giugno 2021, infatti, operavano delle franchigie stabilite entro certi limiti da ciascun Paese membro (es. 35.000 euro per l’Italia e 100.000 per la Germania, Olanda, Lussemburgo), superate le quali diveniva necessario assolvere l’Iva nel Paese di destino.

Dal 1° luglio 2021, invece, si fissa un’unica soglia, pari a 10.000 euro da conteggiare considerando tutte le operazioni effettuate (nell’anno in corso o nell’anno precedente) verso privati consistenti in servizi TTE o in vendite a distanza intracomunitarie di