IRAP e professionista che lavora in più studi

Sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione quando un professionista svolge la prevalente attività professionale presso uno studio associato, del quale è componente, avendo un ragguardevole fatturato nei riguardi dello stesso. La Cassazione si esprime su un caso di assoggettamento ad IRAP di un professionista che esercita la Sua attività in più studi.

La Cassazione sull’ipotesi di assoggettamento a IRAP di un professionista con più studi

irap professionista più studiLa Corte di cassazione, con la pronuncia n. 11806 del 27 aprile 2021, ha vagliato il ricorso proposto da un avvocato, relativo a un avviso di accertamento con il quale, oltre a Irpef e Iva, l’Agenzia delle entrate recuperava una maggiore Irap sulla base dell’esame della documentazione contabile dalla quale emergevano: delle operazioni fatturate per 320mila euro a uno studio legale associato, prestazioni fatturate a terzi per 5.942,02 euro, nonchè costi per l’utilizzo di altro studio, per complessivi 243mila euro oltre Iva, e ulteriori costi per 50mila euro e spese condominiali per 2.765,51 euro oltre Iva, relativi al periodo novembre e dicembre 2005.

 

L’autonoma organizzazione quale requisito sostanziale

Nella sentenza si esamina la sussistenza, in capo al professionista, del requisito dell’autonoma organizzazione ai fini dell’assoggettamento a Irap della sua attività professionale.

Il professionista sosteneva l’esclusione dalla imposizione in quanto, a suo dire, i notevoli costi sostenuti erano circoscritti ai soli canoni di locazione dello studio e non vi erano collaboratori o dipendenti di alcun tipo.

 

Le conclusioni della Cassazione

La Cassazione ha ritenuto questa impostazione non convincente richiamando, in primo luogo, quanto affermato nella sentenza a sezioni unite, la n. 9451/2016, con la quale sono stati fissati alcuni principi che devono guidare il giudice di merito nella valutazione circa la correttezza o meno dell’assoggettamento a Irap di una determinata attività professionale o artistica.

Nel caso in esame, secondo la Cassazione, la CTR aveva fondatamente ritenuto sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione sulla base del fatto che l’avvocato svolgeva la prevalente attività professionale presso lo studio legale associato milanese, del quale era componente, avendo fatturato nei riguardi dello stesso l’importate somma di 320mila euro.

Al contrario, i costi sostenuti per la gestione dell’altro studio risultavano, in rapporto, del tutto residuali.

Appare pacifico, quindi, che il professionista abbia usufruito, per l’espletamento della propria attività, di due studi concretando, in tal modo, l’esistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.

Peraltro, l’utilizzo di uno studio, se di per sé non è sintomatico dell’assoggettabilità a Irap dell’attività ivi svolta, determina l’obbligo di un accertamento de facto circa l’eccedenza, ad esempio, dei beni strumentali rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione (cfr Cassazione, sentenza n. 16072/2017).

In conclusione, la Cassazione richiama una serie di pronunce che hanno affrontato differenti casistiche relative alla presenza di poli-studi nell’ambito della disciplina Irap, per i quali è stato ritenuto sussistente il relativo presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione:

  • utilizzo di tre studi professionali da parte di un medico con ausilio di beni strumentali di notevole valore (Cassazione nn. 7495/2018 e.25720/2014, relativa a 2 studi e 4 centri sanitari);
     
  • presenza di tre studi anche per l’effettuazione di consulenze private (Cassazione n. 19011/2016).

 

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A cura di Danilo Sciuto

Giovedì 17 giugno 2021