La Corte di Cassazione torna ad affrontare una questione che ciclicamente le viene posta: quando può dirsi apparente la motivazione di una sentenza? Ecco le ultime da piazza Cavour…
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20849 del 30 settembre 2020, è tornata ad affrontare una questione che ciclicamente viene posta: quando può dirsi apparente la motivazione di una sentenza.
Motivazione apparente della sentenza: il fatto
La contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, di rigetto degli appelli da essa proposti avverso le sentenze di primo grado che avevano respinto i ricorsi della medesima S.r.l., per l’annullamento degli avvisi di accertamento di maggiori ricavi Iva, Irpeg e Irap, relativi agli anni di imposta 2002-2003-2004, in relazione al mancato riconoscimento di costi per fatture inesistenti emesse da tre diverse società.
A seguito di ciò, la contribuente si rivolge alla Corte di Cassazione, denunciando, fra l’altro, «difetto di motivazione della sentenza – violazione di legge – motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c.»; rileva che il giudice non si era pronunciato sui motivi di ricorso né aveva esaminato i documenti prodotti dalla società; la sentenza aveva indicato circostanze – quali controlli incrociati ed acquisizione di documentazioni presso terzi, accertamento induttivo – non aderenti agli atti ed alle contestazioni mosse alla ricorrente.
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