La sentenza che contiene una motivazione solo apparente è nulla, in quanto non rappresenta espressione di un autonomo processo deliberativo.
La sentenza di appello motivata solo “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione delle argomentazioni di quella di primo grado, senza alcuna criticità delle stesse in base ai motivi di gravame, è nulla. Lo sostiene la Cassazione nella sentenza n. 15081 del 15/07/2020.
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La sentenza, come recita l’art. 132 del Codice di procedura civile, deve contenere l’intestazione «Repubblica italiana», ed è pronunciata «In nome del popolo italiano».
Essa deve contenere, oltre l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata, l’indicazione delle parti e dei loro difensori.
Le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti, ed, inoltre, “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (disp. att. 118).
Infatti l’art. 132, comma 1, del Codice di procedura civile, al n. 4), individua, tra gli elementi che devono essere indefettibilmente presenti nella sentenza la “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, in tal modo fugando il dubbio che la brevità di una decisione si traduca in carenza di motivazione.
Tale norma, modificata dalla Legge n. 69/2009, richiama l’art. 118 delle disp. att., il quale precisa in che termini debba essere intesa la concisione che il legislatore raccomanda.
E’ quindi sufficiente che il giudice si pronunci sui punti salienti dell’impugn