Ampliamento dei reati tributari legati alla responsabilità amministrativa ex. D.Lgs. n. 231/2020
Il secondo intervento legislativo di rilievo che ulteriormente riguarda i reati tributari è stato realizzato in due fasi, tra la fine del 2019 e lo scorso mese di luglio: ci si riferisce all’ampliamento del “catalogo” dei reati che posso dare luogo alla responsabilità amministrativa degli enti collettivi, secondo quanto prevede il D. Lgs. n. 231/2001.
Ebbene, tanto con la legge n. 157/2019, che, come abbiamo visto nel precedente intervento, ha apportato considerevoli modifiche alla struttura di diversi reati contemplati dal D. Lgs. n. 74/2000, quanto con il decreto legislativo n. 75/2020, di recepimento della cosiddetta Direttiva PIF e perciò anche dedicato alla tutela degli interessi finanziari dei Paesi membri lesi da condotte evasive transnazionali, alcune fattispecie penali-tributarie hanno fatto ingresso nel novero dei reati presupposto che, ricorrendo gli altri presupposti di legge, possono far scattare la responsabilità amministrativa ex D. Lgs. n. 231/2001.
Le ragioni dell’inclusione nel “catalogo” dei reati presupposto
La modifica legislativa di fine anno prende le mosse da una riflessione compiuta ai massimi livelli della giurisprudenza nazionale, la quale qualche anno fa si pronuncia in ordine all’assenza dei reati tributari nella disciplina dettata dal D. Lgs. n. 231/2001, anche in considerazione delle discussioni dottrinali che giustificavano tale assenza con la necessità di evitare la duplicazione di risposte sanzionatorie alla commissione dei reati tributari.
È opportuno ricordare, infatti, che nella famosa “sentenza Gubert” – Cassazione a Sezioni Unite n. 10561 del 30 gennaio 2014, i Giudici di legittimità riuniti avevano mosso la seguente critica affermando che “la stessa logica che ha mosso il legislatore nell’introdurre la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti finisca per risultare non poco compromessa proprio dalla mancata previsione dei reati tributari tra i reati presupposto nel D. Lgs. n. 231 del 2001, considerato che, nel caso degli enti, il rappresentante che ponga in essere la condotta materiale riconducibile a quei reati non può che aver operato proprio nell’interesse ed a vantaggio dell’ente medesimo”.
Le Sezioni Unite, insomma, segnalavano un vuoto della politica criminale nei casi di specie, ampliato anche dalla circostanza che detta manca