Utilizzabilità dei documenti irritualmente acquisiti nel Processo Tributario

Nell’ordinamento tributario non esiste un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, introdotto soltanto nel codice di procedura penale e valevole soltanto all’interno di quello specifico sistema procedurale. Ne consegue quindi che l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale, in mancanza di una specifica previsione, non comporta l’inutilizzabilità degli stessi, esclusi solo i casi in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio.

utilizzabilità documenti irritualmente acquisitiLa Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 5105 del 25/02/2020, ha chiarito rilevanti aspetti in tema di utilizzabilità documenti irritualmente acquisti nel processo tributario e dei relativi effetti.

(Per approfondire…“Documentazione non prodotta: chiariti i limiti della preclusione di utilizzabilità”)

 

Utilizzabilità documenti irritualmente acquisti: il caso di tribunale

Nel caso di specie, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento di maggiori redditi d’impresa per l’anno d’imposta 2003, la CTR dell’Emilia Romagna aveva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado, ritenendo nullo l’accertamento per difetto di sottoscrizione dell’autorizzazione alla verifica, in quanto l’atto iniziale non era stato sottoscritto dal Capo dell’Ufficio, bensì dal Capo Area Controllo, all’epoca dei fatti non provvisto di tempestiva e legittima delega.

Avverso tale statuizione l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere giudici di appello omesso di esaminare la disposizione di servizio del Direttore dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, depositata in grado di appello, oltre alla violazione degli artt. 33 del Dpr. n. 600 del 1973 e 52 del Dpr. n. 633 del 1972.

Secondo la Suprema Corte, i due motivi di impugnazione, che potevano essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, erano fondati.

Osservano infatti i giudici di legittimità che, in effetti, la CTR aveva fondato la propria decisione omettendo l’esame della disposizione di servizio indicata, e prodotta dall’Amministrazione finanziaria in grado di appello.

In ogni caso, peraltro, anche a prescindere dal contenuto del predetto documento, la decisione dei giudici di appello di ritenere nullo l’avviso di accertamento «per difetto di sottoscrizione dell’autorizzazione alla verifica», si poneva in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, laddove la Cassazione, fin da Cassazione, n. 8344 del 2001, ha affermato che nell’ordinamento tributario non esiste un principio generale di non utilizzabilità dei documenti irritualmente acquisiti, introdotto soltanto nel codice di procedura penale e valevole soltanto all’interno di quello specifico sistema procedurale (v. art. 191 codice procedura penale).

Ne consegue quindi, rileva la Corte, che l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale, in mancanza di una specifica previsione, non comporta l’inutilizzabilità degli stessi, esclusi solo i casi in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio.

 

Il pensiero della Cassazione

Allo stesso modo conclude la Cassazione, il fatto però che talune violazioni non comportano la sanzione specifica della non utilizzabilità dei documenti irritualmente acquisiti non significa che la violazione sia priva di conseguenze.

In casi del genere, infatti, le conseguenze sanzionatorie ricadono direttamente sull’autore dell’illecito, sul piano disciplinare e, se del caso, sul piano della responsabilità civile e penale.

Trattandosi di due diversi profili (uno soggettivo e l’altro oggettivo) che non vanno confusi, se pure è vero, infatti, che non sarebbe giusto che una prova oggettivamente ammissibile non possa essere utilizzata a causa della negligenza di chi l’ha acquisita, questi ne dovrà comunque rispondere nelle sedi competenti.

A prescindere dallo specifico caso processuale, in linea più generale, giova inoltre anche evidenziare quanto segue.

Gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salvo la verifica dell’attendibilità, in considerazione della natura e del contenuto dei documenti stessi (si vedano Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 13005 del 23/10/2001; Sez. 5, Sentenza n. 1343 del 01/02/2002; Sez. 5, Sentenza n. 1543 del 03/02/2003;  Sez. 5, Sentenza n. 9568 del 23/04/2007; e per il caso in cui sono presenti specifiche disposizioni, di modo che può argomentarsi nel senso che ubi lex voluit, dixit, vedasi Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 19689 del 01/10/2004).

E questo vale anche con riferimento all’attività della Guardia di finanza, che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, non osservando, in tali occasioni, la disciplina processual-penalistica.

A tal proposito, con la Sentenza n. 1860 del 29 gennaio 2014, la Cassazione ha infatti osservato che, in materia tributaria, gli…

elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della Guardia di Finanza, senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva prescritte per il procedimento penale, non sono inutilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale, stante l’autonomia del processo penale rispetto a quello di accertamento tributario.

E ciò secondo un principio, oltre che sancito dalle norme sui reati tributari (D.L. n. 429 del 1982, art. 12 successivamente confermato dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 20), desumibile anche dalle disposizioni generali dettate dagli artt. 2 e 654 codice procedura penale, ed espressamente previsto dall’art. 220 disp. att. c.p.p., che impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale, quando nel corso di attività ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini dell'”applicazione della legge penale” (Cassazione 22984/10; 6939/01). Ne discende che le informazioni acquisite dalla Guardia di Finanza e trasmesse all’Amministrazione finanziaria, entrano a far parte, a pieno titolo, del materiale probatorio che il giudice tributario di merito deve valutare … (Cassazione 2916/13)”.

Questo, come detto, sempre che non venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale.

A tal proposito, ad esempio, la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 14701 del 06/06/2018, ha chiarito che la mancanza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per procedere all’accesso presso il domicilio del contribuente determina la non utilizzabilità dei documenti irritualmente acquisti come prova, laddove l’inutilizzabilità discendeva in quell’occasione dal valore dell’inviolabilità del domicilio, come consacrata nell’art. 14 della Costituzione.

 

A cura di Giovambattista Palumbo

Mercoledì 5 agosto 2020