In tema di IRAP, il professionista il quale sia inserito in uno studio associato, sebbene svolga anche una distinta e separata attività professionale (nella specie di sindaco/revisore), diversa da quella espletata in forma associata, ha l’onere di dimostrare, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’imposta, la mancanza di autonoma organizzazione, ossia di non fruire dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione alla detta associazione.
La Cassazione sull’IRAP su compensi per attività diversa da quella associata
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 9597 del 25/05/2020, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di imposizione Irap su compensi per attività professionale, diversa e separata da quelle espletata in forma associata.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto distinti dinieghi di rimborso dell’IRAP per gli anni 2011, 2012 e 2013, aveva rigettato l’appello dell’Ufficio, riconoscendo il diritto al rimborso del contribuente.
In particolare, la CTR aveva ritenuto che:
“i compensi percepiti dal contribuente – associato in un’associazione professionale – per l’attività di sindaco e revisore espletata in favore di una società, dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, e della Fondazione dell’Avvocatura Napoletana per l’Alta formazione Forense, non fossero soggetti ad IRAP, giacché riconducibili a reddito derivato in via esclusiva dall’attività del singolo professionista”.
L’Amministrazione finanziaria, nel proporre ricorso per cassazione, denunciava quindi violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3