Rettifiche di prezzi di trasferimento basate su elementi comparabili: al Fisco l’obbligo di prova

di Fabio Gallio

Pubblicato il 19 febbraio 2020

Il caso di una società che acquista da altre società del gruppo beni a prezzi non corretti, secondo la normativa sui prezzi di trasferimento.
Un esame della sentenza della CTP di Milano partendo dalla normativa sul transfer pricing.

 Rettifiche prezzi di trasferimento basate su elementi comparabiliRettifiche di prezzi di trasferimento basate su elementi comparabili: il caso

Con la sentenza del 7 novembre 2019, n. n. 4698/2/19, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso presentato da parte contribuente conto un avviso di accertamento relativo al “transfer pricing”

In particolare, l’Ufficio ha contestato alla società ricorrente di avere acquistato da altre società del gruppo dei beni a prezzi non corretti secondo la normativa sui prezzi di trasferimento.

Per questo motivo, è stato accertato un maggior reddito dichiarato in Italia.

L’analisi effettuata dai verificatori, per rettificare i prezzi, si è basato sul criterio del Metodo del Margine Netto della Transazione (TNMM)

Per effettuare la rettifica, l’Ufficio non ha preso a riferimento soggetti che producevano gli stessi beni delle società controllate, ma alcune società che avevano in comune il codice attività: codice Ateco 773200: noleggio di macchine ed attrezzature per lavori edili.

La CTP di Milano in commento ha respinto tale tesi erariale, sostenendo che l’Ufficio non avrebbe effettuato un’analisi corretta, in quanto avrebbe posto a fondamento delle proprie determinazioni una pluralità di soggetti che nulla avevano in comune con quelle dello stesso Gruppo della ricorrente.

Infatti, secondo i giudici di primo grado, l’onere di dimostrare che i prezzi di trasferimento non sono corretti,  è a carico dell’amministrazione finanziaria, la quale non può limitarsi a sostenere che i criteri utilizzati dalla società sono sbagliati (nel caso specifico il CUP) e utilizzare un metodo diverso (nel caso specifico il TNNM).

In questo senso, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto instaurare un contradittorio con la parte contribuente al fini di avere un confronto tra le parti sul metodo CUP adottato dalla ricorrente, senza con questo arrivare alla conclusione dell'obbligatorietà del preventivo contraddittorio.

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