Il caos generato dalla compliance dei corrispettivi telematici

Facile profeta fu colui che non molto tempo fa nel corso di un Convegno organizzato dal Commercialista Telematico paventò i rischi della massificazione delle trasmissioni telematiche, posto che la mole di dati trasmessa e il perfezionamento delle procedure di incrocio dei dati avrebbero consentito di affinare le procedure ministeriali di controllo, e tutto a spese dei contribuenti italiani sotto forma di spesa privata, visti gli adeguamenti informatici che i nuovi adempimenti richiedevano.
Certo il problema di varare misure di contrasto all’evasione fiscale è un problema che interessa tutti e tutti devono dare il loro contributo affinché si possa giungere quantomeno a ridurre in modo considerevole detto fenomeno, ma quando la semplificazione si traduce in un “fiume” di trasmissioni telematiche causate dall’approssimazione degli strumenti erariali, beh viene da dire che se uno strumento non è così automatico ne potevamo fare tranquillamente meno.
L’ultima vicenda in ordine di apparizione è quella relativa alle lettere di compliance che l’Agenzia delle Entrate sta mandando in questi giorni in relazione alla supposta violazione dell’obbligo di trasmettere i corrispettivi in via telematica già a decorrere dal 01/07/2019.
Vediamo come stanno i fatti.

compliance dei corrispettivi telematiciObbligo di trasmissione dei corrispettivi telematici: l’Agenzia delle Entrate invia le prime lettere di compliance

 

Alcuni giorni fa l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso a molte imprese italiane, una lettera di compliance in merito ai corrispettivi telematici con la quale, sulla scorta dei dati trasmessi con il modello IVA 2019 per l’anno di imposta 2018, rilevava il superamento della soglia dei 400 mila euro di volume d’affari, limite che comportava l’obbligo di trasmissione dei corrispettivi telematici o attraverso le procedure alternative messe a disposizione con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 04/07/2019, vale a dire attraverso le web application disponibili sul Portale “Fatture e Corrispettivi” o le applicazioni per Tablet/smartphone.

Nella lettera l’Agenzia afferma che se il contribuente nel frattempo aveva regolarmente trasmesso i corrispettivi, anche mediante le procedure alternative poteva considerare nulla la comunicazione effettuata e non tener conto della stessa.

Se, invece, non vi avesse provveduto pur essendone obbligato, avrebbe potuto regolarizzare al sua posizione effettuando il ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. n. 472/1997 o ancora se avesse ritenuto non sussistente l’obbligo, avrebbe dovuto fornire le informazioni a discarico per il tramite del servizio attivo all’interno del servizio CIVIS o recandosi all’Ufficio territoriale all’uopo predisposto. 

I social si sono subito scatenati perché in molti casi, quello che l’Agenzia vuol far passare “retoricamente” come una forma di collaborazione tra Fisco e contribuenti, in realtà è la manifestazione eclatante di una approssimazione, non più tollerata, degli strumenti di rilevazione usati dall’Agenzia delle Entrate.

Un esempio, che non ha attinenza con il tema dell’articolo, ma che dimostra la provvisorietà degli strumenti di controllo, sono i ravvedimenti in materia di F24, ancora oggi a 22 anni dall’avvio delle procedure telematiche non gestiti correttamente dagli organi di controllo, che richiedono conferme o variazioni già presenti in Anagrafe Tributaria.

Tornando al tema delle lettere di compliance dei corrispettivi telematici del 2019, non possiamo non rilevare anche un certo atteggiamento scorretto da parte dell’Agenzia che nei supposti casi in anomalia, per il periodo Luglio/Novembre 2019 – a breve spiegheremo perché Dicembre non lo era – le comunicazioni emesse il 16/01/2020, in un contesto caratterizzato dalla presenza della P.E.C. obbligatoria per tutte le imprese e i professionisti, inviano la lettera il 30/01/2020, per dare un giorno di tempo per regolarizzare almeno il mese di Dicembre 2019, rendendo difficoltoso l’eventuale ravvedimento dell’omissione, ampliando potenzialmente il costo del ravvedimento.  

Questo non è certo il segnale di un Fisco amico dei contribuenti, ma si sa… ormai è prassi dell’Agenzia delle Entrate, fornire i chiarimenti e le richieste con estremo ritardo, rendendo complicata la gestione delle risposte da parte dei contribuenti o dei loro consulenti delegati allo scopo.

Gli operatori possono utilizzare il canale di assistenza CIVIS per fornire all’Agenzia chiarimenti e segnalazioni.

Sollecitata da tutte le parti, ed in particolar modo dal Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, l’Agenzia ha almeno ammesso che  chiarimenti o segnalazioni non sono necessari per chi, pur operando nell’ambito del commercio al dettaglio e attività assimilate, ha deciso di certificare le proprie operazioni esclusivamente con fattura.

In realtà, come ha gentilmente segnalato a CommercialistaTelematico il Dott. Bonfiglio Mariotti, Presidente di Assosoftware, sarebbe stato sufficiente che l’Agenzia avesse fatto dialogare la base dati che forma i corrispettivi pervenuti con quella delle fatture elettroniche, dopodichè sarebbe stato sufficiente incrociarli per partita IVA per sapere chi era già a posto, senza inviare le lettere con inutili richieste di chiarimenti.

 

Lettere di compliance dei corrispettivi telematici: questioni pratiche del caso

 

Partendo dal presupposto che le lettere sono state emesse perché il programma di selezione delle posizioni ha riscontrato nel rigo VE50 del modello Iva 2019 un importo superiore a 400 mila euro, poi ripreso nel rigo VT1 per pari importo e che nel quadro VT nei righi VT2 e VT3 era presente la distribuzione del fatturato tra valori verso consumatori finali  – quelli che, a giudizio di chi scrive, contano ai fini dell’obbligo comunicativo 2019 – e quelli verso soggetti IVA, secondo quanto riportato nella lettera pervenuta dall’Agenzia delle Entrate, se sussistendo il dato dichiarato superiore a 400 mila euro per volume d’affari 2018,  si è provveduto all’invio dei corrispettivi, anche con le procedure alternative, non si deve fare nulla.

Diversamente, anche in presenza di cause esonerative, che lo strumento automatizzato non ha intercettato, occorrerebbe fornire le motivazioni – a mezzo apposita relazione secondo quanto appreso dal contatto con alcune Agenzie – dell’esonero, tramite canale attivo nel CIVIS o direttamente all’Ufficio territoriale.

In pratica altro lavoro a carico degli intermediari che si appalesa con difficile contropartita, specie nei casi nulli.

Delicata è la situazione dei casi in cui secondo l’Agenzia delle Entrate, l’obbligo c’era ma il contribuente non ha assolto al relativo adempimento, perché era convinto potesse fruire dell’esonero per il 2019 e partire con la trasmissione solo dal 2020.

La casistica è piuttosto variegata e considerando le motivazioni che dall’Esecutivo erano state poste alla base del rinvio dell’obbligo di trasmissione per l’anno 2019, e tali motivazioni ed alcune casistiche non sembra siano state tenute in considerazione nella stesura della R.M. 08/05/2019 n. 47/E, che utilizza il valore del volume d’affari indicato nel rigo VE50, come parametro di definizione dell’obbligo, ma trascura la composizione dello stesso.

 

Casistiche

 

In molti casi per la parte riferita al fatturato verso i consumatori finali è sotto la soglia dei 400 mila euro; anzi in alcuni casi è stata rilevata non solo la presenza di un fatturato prevalentemente orientato verso soggetti IVA – ad es. con un totale indicato in VE50 di 402.000 euro, solo 2.000 euro erano relative a vendite verso consumatori privati, mentre il resto erano vendite con fattura che nulla avevano a che fare con l’anticipazione dell’obbligo comunicativo.

In altri casi anche all’interno del valore di VT2, una larga parte dei corrispettivi era esonerata da obblighi di certificazione fiscale, come le vendite verso privati in modalità e-commerce che con risposta dell’Agenzia delle Entrate del 19/06/2019 n. 198, venivano dichiarate fuori dall’obbligo di trasmissione telematica.

Ancora, gli esoneri posti nel settore della vendita di carburanti, per le difficoltà di adeguare gli impianti che al tempo stesso dovevano rilasciare il documento commerciale di vendita e inviare i relativi dai all’Agenzia.

Gli adeguamenti informatici necessari apparivano assolutamente diseconomici e in taluni casi ripetitivi rispetto ad altre forme di controllo dei consumi di carburante tipiche del settore.

 

Esercizio commerciale con doppia modalità di vendita: negozio fisico ed e-commerce

 

Osserviamo come appare singolare (e ingiustificato n.d.r.) che un esercizio commerciale con doppia modalità di vendita: la prima per mezzo di un negozio fisico e la seconda in modalità e-commerce, che avesse registrato 420 mila euro di volume d’affari di cui solo il 30% a mezzo del negozio fisico fosse già obbligato alla trasmissione dei corrispettivi relativi alla vendita on site, pur essendo i corrispettivi soggetti a certificazione fiscale (oggi trasmissione telematica) decisamente distanti dalla soglia minimale dei 400 mila euro.

In questo modo, pur sussistendo un limitato volume d’affari soggetto a certificazione fiscale, appena 126 mila euro, secondo la R.M. 47/E/2019, l’obbligo sarebbe comunque scattato da luglio 2019, perché quel che contava era il totale di rigo VE50 del 2018 che recava 420 mila. 

Un paradosso, che basandosi solo sul dato formale, determina la perdita di un’agevolazione – quella che esonerava e rimandava l’obbligo di certificazione fiscale attraverso la procedura di trasmissione telematica – solo perché il totale fatturato, a prescindere dalla sua composizione, che invece era importante nella valutazione sostanziale della necessità di avviare sin dal 2019 l’obbligo di trasmissione, supera i 400 mila euro, per corrispettivi soggetti ad obbligo di certificazione fiscale, per corrispettivi non soggetti ad obbligo di certificazione fiscale e per fatture emesse.

Ci auguriamo che nella fase delle interlocuzioni giustificative, lungi dalla pressione di perseguire esigenze di gettito, gli Uffici valutino positivamente queste situazioni, confermando l’esonero dall’obbligo di trasmissione anticipato al 2019.

 

Quadro sanzionatorio in caso di omissione della memorizzazione o della trasmissione telematica dei corrispettivi

 

Il quadro sanzionatorio predisposto per il caso è piuttosto gravoso, visto che in caso di omissione della memorizzazione o della trasmissione telematica dei corrispettivi, è stabilita una sanzione del 100% dell’importo non documentato (o non memorizzato o non trasmesso) con un minimo di 500 euro, così come previsto dall’art. 6, co. 3 del D.lgs. 18/12/1997 n. 471 e successive modificazioni ed integrazioni che sanziona la violazione degli obblighi di documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto.

Per il momento, trascuriamo le sanzioni accessorie disposte dal successivo art. 12, concentrando la nostra attenzione sulle sanzioni pecuniarie connesse al fatto omissivo. Stando, al titolo della norma invocata per sanzionare la violazione, non si capisce come si possa considerare non documentata, registrata ed individuata un’operazione che nel periodo che va dal 01/07/2019 al 31/12/2019 è stata oggetto di emissione di scontrino fiscale, secondo la vecchia modalità, visto che la normativa richiedeva, annualmente, la verifica, a cura di tecnico specializzato, del corretto funzionamento del misuratore fiscale e dell’assenza di alterazioni della memoria fiscale del stesso.

L’art. 2 del D.lgs.  n. 127/2015, al comma 6 stabilisce che la mancata memorizzazione dei corrispettivi o la mancata trasmissione degli stessi o la trasmissione dei corrispettivi incompleti è sanzionata secondo le regole dell’art. 6, comma 3 del D.lgs. 471/1997

Una lettura superficiale (e forse opportunistica) della norma potrebbe condurre ad una interpretazione che stabilisca che nella fattispecie de qua il comportamento sanzionato nel caso di mancata memorizzazione o di mancata trasmissione e di memorizzazione o trasmissione di dati incompleti è diverso da quello disposto dalla norma originaria richiamata per stabilire la sanzione applicabile al caso.

Un’interpretazione che seppur strettamente aderente al dato normativo letterale non ci convince; mentre dal nostro punto di vista riteniamo che nella fattispecie ricorra un caso di violazione meramente formale, che non sarebbe affatto sanzionato.

 

Violazione meramente formale in caso di mancata attivazione del registratore telematico

 

Ma che cos’è una violazione meramente formale e perché ricorrerebbe nel caso di mancata attivazione del registratore telematico, ricorrendone l’obbligo, già a partire dal luglio del 2019, avendo continuato ad emettere e registrare i corrispettivi secondo la vecchia modalità?

In un articolo apparso su Il Sole 24 ore del 26/08/2019 a firma di Dario Deotto[1], l’autore nel commentare, l’effetto negativo della C.M. 11/E/2019, sulla sanatoria delle irregolarità formali disposta con D.L. 119/2018, sottolinea che ad oggi non risulta chiaramente definito il concetto di violazione sostanziale, violazione formale e violazione meramente formale

Secondo l’autore si può considerare sostanziale quella violazione che incide sulla determinazione della base imponibile e/o sul pagamento del tributo; mentre le maggiori perplessità sorgono in relazione alla classificazione delle violazioni fiscali in formali e meramente formali.

Secondo, l’art. 6, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 472/1997, che disciplina le cause di non punibilità, non sono inoltre punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.

Conseguentemente, per poter classificare come violazione meramente formale non sanzionabile, occorrono due condizioni e cioè che la violazione:

  • non arrechi pregiudizio all’azione di controllo;
     
  • non incida sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.

È possibile considerare meramente formale, esclusivamente, una violazione che presenta contemporaneamente le due condizioni.

Una violazione meramente formale è oggi, dopo l’abrogazione del co. 4 dell’art. 13 del D.lgs. n. 472/1997 – norma che considerava sanante l’adempimento spontaneo, entro 3 mesi dal termine di legge, di qualunque adempimento omesso – quella spontaneamente regolarizzata dal contribuente prima che inizi un controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate.

In questo modo, la violazione non incide effettivamente (teoricamente non avrebbe nessun senso) sull’attività di controllo, come prevede espressamente la norma.

Con la conseguenza che l’adempimento spontaneo ex post di qualunque violazione, non può comportare, in questa prospettiva, alcuna sanzione né presente, né futura, né ove fosse consentito l’obbligo di effettuare alcuna sanatoria.  

In un altro articolo, a firma congiunta di Dario Deotto e Massimo Sirri[2], i due autori dopo aver sottolineato la gravosità della sanzione, qualificano quanto meno come infrazione formale la mancata memorizzazione o mancata trasmissione dei corrispettivi e lo fanno alla luce del significato della disgiunzione “o” che disciplina le due ipotesi di violazione.

La questione che determina le maggiori perplessità è proprio il trattamento sanzionatorio che viene previsto nell’ipotesi in cui i corrispettivi sono stati in ogni caso correttamente memorizzati nel misuratore fiscale, secondo la vecchia modalità, pur non provvedendo (anche per errore) alla trasmissione dei dati correttamente memorizzati. 

La trasmissione è adempimento subordinato alla memorizzazione dei dati, per cui sanzionare la mancata trasmissione dei corrispettivi, considerandola una violazione autonoma, così come pretende l’Agenzia delle Entrate, appare non corretto, perché la mancata trasmissione di dati regolarmente registrati nella memoria fiscale del registratore di cassa, comunque consentirebbero il regolare svolgimento dell’azione di controllo, rendendo così detta mancata trasmissione, una violazione quantomeno formale.

 

Conclusioni

 

In conclusione, ci auguriamo che in sede di contradditorio giustificativo, l’Agenzia delle Entrate, valuti positivamente quei casi nei quali larga parte del volume d’affari, pur nel superamento del limite di 400 mila euro, se costituita da corrispettivi non rientranti già in precedenza negli obblighi di certificazione fiscale o addirittura formati da imponibili per fatture emesse, rendano non obbligatoria l’adozione anticipata del registratore telematico già dal 2019, in considerazione della circostanza che il differimento di installazione del registratore telematico era stato disposto, proprio in virtù della limitata presenza di corrispettivi soggetti a certificazione fiscale.

Nello stesso tempo ci auguriamo che nei casi in cui i contribuenti a seguito della lettera di compliance abbiano provveduto spontaneamente a trasmettere i corrispettivi soggetti a certificazione fiscale, ritenendo sussistente l’obbligo, non siano applicate sanzioni posto che in questo caso si rientrerebbe in un’ipotesi di violazione meramente formale, in quanto l’adempimento spontaneo ex post, eliminerebbe qualunque ostacolo all’azione di controllo dell’Agenzia delle Entrate, rendendo ingiustificata una sanzione del 100% dell’imposta ritenuta non documentata, ma regolarmente presente nel misuratore fiscale del contribuente.

 

Aggiornamento dell’11/02/2020

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate con la R.M. n.6/2020

 

L’Agenzia delle Entrate, ritornando sulla questione, anche alla luce delle osservazioni che sono state fatte dalla stampa specializzata, nei giorni immediatamente successivi alla trasmissione delle lettere di compliance, dopo aver dapprima con comunicato stampa chiarito che in assenza di anomalia da giustificare, non occorreva trasmettere nessuna relazione sulle supposte anomalie, ha con risoluzione 10/02/2020 n. 6, confermando quello che alcuni commentatori avevano affermato che laddove l’unica omissione riscontrabile sia la mancata trasmissione dei dati relativi ad operazioni effettuate nel primo semestre di vigenza dell’obbligo di cui all’articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 127, la violazione, alla luce di quanto già indicato nella circolare n. 15/E del 2019 e di quanto disposto dall’articolo 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 in tema di errori del contribuente, può essere regolarizzata, senza che siano dovute sanzioni amministrative, tramite l’esecuzione dell’adempimento omesso ovvero procedendo alla trasmissione dei dati non oltre la scadenza del termine del 30 aprile 2020 previsto per la presentazione della dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta 2019.

In definitiva, l’Agenzia delle Entrate conferma che le sanzioni indicate nell’articolo 2, comma 6, del d.lgs. n. 127 del 2015 vadano applicate solo in caso di trasmissione telematica dei corrispettivi riferita al secondo semestre del 2019 successiva al 30 aprile 2020 ovvero omessa dopo tale data.

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NOTE

[1] D. Deotto dal titolo “Violazioni formali, la correzione spontanea fa da spartiacque”, in il Sole 24 Ore del 26/08/2019.

[2] D. Detto e M. Sirri in “Scontrini, sanzioni in cortocircuito nei casi di mancata trasmissione” in il Sole 24 Ore, del 21710/2019.

 

A cura di Enrico Larocca

Martedì 4 febbraio 2020