Analisi del sistema di sanzioni: in caso di deposito fiscale cosiddetto virtuale il Fisco non può pretendere l’IVA all’importazione relativa alla merce immessa in libera pratica, dato che il deposito fisico si concreta in un semplice adempimento formale che non può incidere sul principio di neutralità del tributo. Ricordiamo che nulla osta alla previsione di un deposito fiscale che, come quello italiano, è stato predisposto ad un più efficace controllo IVA, con la conseguenza che si deve riconoscere al Paese membro il potere di comminare sanzioni nel caso in cui le merci importate non siano state fisicamente immesse nello stesso.
Mancata immissione in deposito fiscale: le soluzioni della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 439 del 14/01/2020, ha risolto un contenzioso in tema di applicazione di sanzioni a seguito della mancata immissione fisica in un deposito fiscale.
Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso promosso dalla società contribuente avverso un atto di irrogazione sanzioni in relazione alla mancata introduzione fisica nel deposito fiscale, dalla stessa gestito, di imbarcazioni importate nel 2006.
La Commissione Tributaria Regionale confermava, nel merito, l’accoglimento del ricorso, ritenendo che la mancata introduzione, ex art. 50 bis Dl. 30 agosto 1993 n. 331, conv., con modif., in L. 29 ottobre 1993 n. 427, successivamente alla immissione in libera pratica a seguito di sdoganamento, «non avendo avuto conseguenze significative sul corretto funzionamento del regime doganale e non costituendo tentativo di frode», non poteva comportare l’obbligo di pagare l’IVA all’importazione, con conseguente irrogazione delle sanzioni.
L’Agenzia delle Entrate, per quanto di interesse, proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo che la CTR era incorsa in errore annullando le sanzioni sulla base del fatto che l’IVA all’importazione non era dovuta, laddove dalla mancata introduzione fisica nel deposito fiscale non erano derivate “conseguenze sign