Con ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione della Commissione tributaria regionale della Puglia che, ribaltando il pronunciamento dei giudici di prime cure, aveva accolto l’appello del contribuente. Si esamina il ruolo del termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo.
Decadenza del potere impositivo dell’Amministrazione finanziaria: l’Ordinanza n. 25450 del 10/10/2019
Primo motivo di impugnazione
In particolare, con il primo motivo d’impugnazione, l’Ufficio lamentava la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, dal momento che “la sentenza impugnata avrebbe accolto un motivo di invalidità, mai proposto nel ricorso originario del contribuente”.
Secondo motivo di impugnazione
Con il secondo motivo, l’Agenzia denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 60 del D.P.R. n. 600/1973 nonché degli artt. 158 e 160 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto i giudici pugliesi avrebbero “erroneamente tratto gli elementi relativi al domicilio fiscale del contribuente da un dato diverso rispetto al modello unico della dichiarazione dei redditi”.
Natura sostanziale del termine di decadenza per l’esercizio dell’atto impositivo
La Suprema Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso e rinviando alla Commissione Regionale della Puglia, ha rammentato a tutti gli operatori un principio ampiamente radicato nella giurisprudenza tributaria, ovverosia che:
“il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicché è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o no della relativa eccezione, che ha natura di eccezione in senso proprio e non è, quindi, rilevabile d’ufficio”.
Di conseguenza, la decisione dei giudici di seconde cure di obliterare la sanatoria opposta dall’Ufficio richiamando il “decorso del termine di decadenza del potere di accertamento della A.F.” non poteva apparire giuridicamente corretta dal momento che una tale eccezione non era stata tempestivamente sollevata dal contribuente in primo grado.
Inoltre la Corte, nonostante avesse ritenuto il secondo motivo di ricorso assorbito dal primo, ha comunque voluto ribadire che,