In caso di omesso versamento delle ritenute fiscali l’amministratore o il liquidatore della società sono responsabili penalmente? Ecco una approfondita rassegna della posizione della Cassazione in materia.
Omesso versamento ritenute fiscali: la responsabilità penale per l’amministratore o liquidatore
Il delitto di “omesso versamento di ritenute dovute o certificate” è codificato dall’art. 10-bis, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che recita:
“1. E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.
L’art. 7, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, entrato in vigore il 22 ottobre 2015, ha modificato il contenuto del precedente art. 10-bis, del D.Lgs. n. 74/2000:
- portando il tetto della punibilità, dell’omesso versamento di ritenute, da € 50.000 agli attuali € 150.000, sempre per ciascun periodo d’imposta;
- disponendo che le ritenute, il cui omesso versamento assume rilievo penale, possano risultare, oltre che dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, anche dalla dichiarazione di sostituto d’imposta (di qui, il nuovo nomen iuris del delitto, risultante dalla rubrica, di “Omesso versamento di ritenute dovute o certificate”, laddove, in precedenza, era di “Omesso versamento di ritenute certificate”).
Secondo la Corte di Cassazione penale, Sez. III, sentenza del 23 gennaio 2019, n. 22061 (conforme Sez. Unite, del 28 marzo 2013, n. 37425), il delitto, in tema, si realizza e si consuma con il mancato pagamento delle ritenute fiscali, quando l’ammontare delle stesse “supera la soglia minima prevista alla scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale (dei sostituti d’imposta che, in base all’art. 4, comma 3-bis, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, deve essere trasmessa telematicamente , entro il 31 ottobre dell’anno successivo a quello di riferimento) relativa al periodo d’imposta dell’anno precedente”.
Quindi, come insegna la Suprema Corte, con la precedente sentenza n. 22061/2019 (si veda anche Sez. Unite, del 28 marzo 2013, n. 37425), il comportamento omissivo del contribuente non è penalmente rilevante sino al termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno trascorso, laddove la condotta del contribuente assume la veste di crimine solo nell’istante in cui, alla detta scadenza, si verifichi un’omissione del versamento che superi la soglia minima prevista, in quanto “la condotta penalmente rilevante non è l’omesso versamento delle ritenute nel termine previsto dalla normativa tributaria, ma il mancato versamento delle ritenute certificate nel maggiore termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta dell’anno precedente“.
Pertanto, se nell’anno N, non sono stati effettuati i versamenti delle ritenute fiscali (su compensi per lavoro dipendente, per lavoro autonomo, ecc.), l’omesso versamento assume la veste di delitto omonimo, soltanto allo spirare del termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta (mod. 770/N+1), cioè entro il 31 ottobre dell’anno N+1.
In quanto al luogo di consumazione del reato, la stessa Corte penale, Sez. III, con sentenza del 28 marzo 2019, n. 13610, ha affermato che detto luogo “coincide con quello in cui si compie, alla scadenza del termine previsto, l’omissione del versamento imposto dal precetto normativo”.
Inoltre, con sentenza del 20 novembre 2017, n. 52640, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, ha affermato, così come per l’omesso versamento di IVA, il principio in base al quale, in ordine ai reati tributari, la sopravvenuta causa di non punibilità contemplata dall’art. 13, del D.Lgs. n. 74/2000 (si veda nota 1), è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del suddetto