Vediamo meglio quando e come si paga, i soggetti interessati e le casistiche particolari.
Il Decreto Dignità e le nuove regole sul lavoro a tempo determinato
Il Decreto Dignità, ossia il D.L. n. 87/2018, convertito con modificazioni con L. n. 96/2018, ha introdotto delle misure volte a favorire il contrasto del precariato e l’aumentare dei contratti di lavoro a tempo determinato.
Tale Decreto Legge è conosciuto ai più per aver reintrodotto all'interno del nostro ordinamento le causali al contratto di lavoro a tempo determinato, allo scopo di limitare notevolmente l'uso (e l'abuso) da parte dei datori di lavoro dello strumento del contratto a termine, riducendone al contempo il limite massimo di utilizzo (che passa da 36 a 24 mesi) e aumentando i costi per le aziende che si avvalgono dei rinnovi.
Analizziamo brevemente come è cambiato l’istituto del rapporto di lavoro a tempo determinato, a seguito del Decreto Dignità.
Contratti a tempo determinato: occorre la causale oltre i 12 mesi
A partire dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 87/2018 (dal 14 luglio 2018), numerosi sono infatti gli aspetti modificati in merito al contratto a tempo determinato.
Innanzitutto è stata reinserita la causale: ad eccezione dei primi 12 mesi di contratto a termine, affinché la proroga, il rinnovo, o il contratto ab origine superiore a 12 mesi siano legittimi, è necessario che ci sia uno specifico motivo per mantenere il lavoratore in azienda.
Specifichiamo meglio: nei primi dodici mesi, o in caso di contratto inferiore a 12 mesi, il contratto a tempo determinato potrà essere stipulato senza inserire alcuna causale a supporto dell’assunzione.
In caso di contratto che si prolunga oltre i 12 mesi o per proroghe e rinnovi, sarà necessario che il datore di lavoro invochi delle specifiche causali, ossia:
- esigenze temporanee e oggettive, che siano estranee all'ordinaria attività, ovvero ancora esigenze specifiche di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a