Sgravi ammessi anche senza applicazione dei CCNL comparativamente più rappresentativi

L’Ispettorato del lavoro, dopo aver confermato l’impossibilità per le aziende che non applicano i contratti collettivi comparativamente più rappresentativi di godere di sgravi e agevolazioni, tempera la propria posizione prevedendo che in sede di ispezione sia necessario andare oltre il dato formale, verificando se nei fatti ai lavoratori vengono garantiti diritti pari o finanche superiori rispetto ai CCNL maggiormente applicati. Non si intende comunque come maggiore diritto il welfare aziendale, che di per sé comporta sgravi o esenzioni contributive e fiscali.

Dubbi in materia di Lavoro - il servizio di risposta ai quesiti di Commercialista TelematicoL’Ispettorato del lavoro, dopo aver confermato l’impossibilità per le aziende che non applicano i contratti collettivi comparativamente più rappresentativi di godere di sgravi e agevolazioni, tempera la propria posizione prevedendo che in sede di ispezione sia necessario andare oltre il dato formale, verificando se nei fatti ai lavoratori vengono garantiti diritti pari o finanche superiori rispetto ai CCNL maggiormente applicati.

Non si intende comunque come maggiore diritto il welfare aziendale, che di per sé comporta sgravi o esenzioni contributive e fiscali.

Sgravi inibiti senza i CCNL più rappresentativi

La Circolare n. 3/2018 dell’Ispettorato del lavoro chiarì un anno e mezzo fa come i contratti collettivi per i quali è possibile avvalersi legittimamente della fruizione di sgravi e benefici sono solamente quelli comparativamente più rappresentativi; tale Circolare infatti aveva nel mirino le aziende che – pur fruendo di sgravi e agevolazioni – non prevedevano l’applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, segnalando di conseguenza alle direzioni territoriali di porre maggiore attenzione alla specifica applicazione dei contratti applicati a ciascuna tipologia di attività.

La Circolare segnalata faceva specifico riferimento al fatto che spesso vengono richieste agevolazioni contributive o particolari benefici, pur nell’applicazione di contratti collettivi che non siano maggiormente rappresentativi, limitando di conseguenza la possibilità di fruire di tali agevolazioni solamente ai casi in cui vengono applicati i contratti collettivi maggiormente rappresentativi sul piano nazionale.

Ciò è quanto stabilito da parte dell’articolo 1, comma 1175, L. n. 296/2006, quando prevede che:

A decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Così, al fine di godere legittimamente di benefici normativi e contributivi – ai sensi della normativa, ma anche dell’Intervento della Circolare INL n. 3/2018 – è imprescindibile l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con la conseguenza che qualora in sede di ispezione venga verificato che in un’azienda viene applicato un contratto collettivo non maggiormente rappresentativo sul piano nazionale, sia possibile richiedere il recupero del beneficio contributivo o normativo, in quanto non spettante.

I CCNL comparativamente più rappresentativi

Prima di specificare quanto ulteriormente chiarito dall’INL è utile segnalare che al fine di identificare i “contratti collettivi comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale” va considerato il grado di rappresentatività in termini comparativi delle organizzazioni sindacali stipulanti quel determinato contratto, considerando il numero complessivo di imprese associate, il numero complessivo dei lavoratori occupati, la diffusione territoriale delle associazioni sindacali, così come il numero dei contratti collettivi nazionali stipulati ancora vigenti.

Ad ogni modo, un altro criterio che permette di comprendere la rappresentatività delle organizzazioni di categoria può essere quello dei verbali di revisione degli stessi, verificabili direttamente da parte del ministero dello sviluppo economico.

Le nuove linee guida dell’INL

A quanto detto finora bisogna aggiungere quanto di recente specificato con la Circolare n. 7 dello scorso 6 maggio 2019 ad opera dell’Ispettorato del lavoro, il quale fornisce ulteriori chiarimenti su quanto stabilito da parte dell’articolo 1, comma 1175 della L. n. 296/2006. Infatti, considerate le numerose richieste di chiarimento anche in relazione a quanto precedentemente stabilito con Circolare n. 3/2018, l’organo ispettivo ha ritenuto opportuno fornire precisazioni in merito alla corretta applicazione in sede di vigilanza, di quanto disposto dall’articolo 1, comma 1175 della L. n. 296/2006, in relazione al godimento dei benefici normativi e contributivi.

Come già segnalato infatti, tra le condizioni necessarie per il legittimo godimento del beneficio rientra anche il rispetto degli accordi dei contratti collettivi, i quali devono essere stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Al fine di comprendere se il datore di lavoro possa o meno fruire dei benefici, il personale ispettivo dovrà svolgere degli accertamenti specifici sul merito del trattamento economico-normativo effettivamente garantito i lavoratori, e non limitarsi solamente ad un mero accertamento riguardante la forma e l’applicazione del contratto sottoscritto dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il godimento degli sgravi va al di là del dato formale

contratto di prestito occasionaleCiò significa che, pur richiedendo il rispetto degli accordi e contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, l’Ispettorato del lavoro ha ritenuto che anche il datore di lavoro che si obbliga a corrispondere ai lavoratori dei trattamenti economici e normativi equivalenti o finanche superiori a quelli previsti da tali contratti, possono legittimamente fruire dei benefici normativi e contributivi indicati dall’articolo 1, comma 1175 della L. n. 296/2006, a prescindere da quello che risulta essere il contratto collettivo applicato, ovvero ancora – a prescindere da una formale indicazione – abitualmente inserita nelle lettere di assunzione, riguardante l’applicazione di uno specifico contratto collettivo.

La valutazione in questione ovviamente non potrà tenere conto di tutti quei trattamenti previsti in favore del lavoratore che siano già di per sé sottoposti in maniera totale o parziale, a sgravi o esenzioni contributive o fiscali, così come avviene ad esempio per quanto riguarda il cd. “Welfare aziendale”.

Ad ogni modo lo scostamento dal contenuto degli accordi dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, determina comunque la perdita di eventuali benefici normativi e contributivi fruiti con conseguente recupero di quanto illegittimamente ottenuto.

A cura di Antonella Madia

Venerdì 24 Maggio 2019