Il Decreto “dopo di noi”: una legge tutta da rifondare

Il Decreto “dopo di noi” finalizzato ad assicurare un’idonea “protezione” ai soggetti interessati, cioè la costituzione di un trust, non si è rivelato una scelta felice. Tale strumento sembra possa essere utilizzato soprattutto per la gestione dei grandi patrimoni e non nella maggior parte dei casi per le esigenze delle famiglie che detengono un patrimonio di dimensioni “ordinarie”

La nullità del contratto registrato con canone inferiore al realeIl Dopo di noi

A quasi tre anni dall’entrata in vigore della legge c.d. sul “dopo di noi” il bilancio non è affatto positivo.

La legge n. 112 del 22 giugno 2016, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, avrebbe dovuto rappresentare un valido supporto a tal fine.

Lo strumento individuato al fine di assicurare un’idonea “protezione” ai soggetti interessati, cioè la costituzione di un trust, non si è rivelata una scelta felice. Tale strumento sembra possa essere utilizzato soprattutto per la gestione dei grandi patrimoni e non nella maggior parte dei casi per le esigenze delle famiglie che detengono un patrimonio di dimensioni “ordinarie”.

Inoltre l’intera legge è completamente sbilanciata a vantaggio delle imposte indirette, prevedendo la detassazione ogniqualvolta si verifichino dei trasferimenti di immobili. Al contrario nessuna agevolazione fiscale è stata prevista per la “gestione” del patrimonio che invece dovrebbe rappresentare la finalità principale della legge.

Il legislatore avrebbe dovuto assicurare un trattamento di miglior favore, dal punto di vista fiscale, alle eventuali rendite conseguite con la gestione del patrimonio del trust. Invece non sarà difficile dimostrare che in questo caso il trattamento fiscale rischia di essere anche più penalizzante rispetto agli altri contribuenti che non beneficiano della legge in rassegna.

La locazione dell’immobile “conferito” del trust

Se il trust è opaco, l’eventuale reddito fondiario, dovuto alla locazione dell’immobile, deve essere imputato esclusivamente al trust.

La soggettività passiva ai fini IRES è prevista dall’art. 73 del TUIR ed in questo caso si applica l’aliquota del 24 per cento. In tale ipotesi, in ragione del possesso del reddito da un soggetto diverso da una persona fisica non si può applicare la cedolare secca sui canoni di locazione. La circostanza determina un aggravio di imposizione anche se l’IRES è un’imposta proporzionale, ma con aliquota più elevata.

Il trust, costituito secondo quanto previsto dalla legge del “dopo di noi” deve essere trasparente in quanto l’atto costitutivo deve recare l’indicazione del soggetto beneficiario colpito da handicap grave certificato ai sensi della legge n. 104.

In tale ultima ipotesi il reddito viene imputato per trasparenza al soggetto “svantaggiato” ed assume la natura di reddito di capitale ai sensi dell’art. 44 del TUIR. Tale circostanza impedisce l’applicazione della c.d. “cedolare secca” sui canoni di locazione il cui ambito applicativo è riservato ai redditi fondiari. Nel caso di specie il reddito imputato al contribuente ha natura di reddito di capitale e per tale ragione non è possibile fruire della c.d. “tassa piatta”. In buona sostanza il trattamento fiscale dei canoni di locazione degli immobili entrati a far parte del trust è peggiore rispetto al caso in cui gli stessi canoni siano imputati direttamente alla persona fisica in mancanza del trust.

Il peggior trattamento può evidentemente determinare una “forte” diminuzione della rendita disponibile, notevolmente assottigliata a causa del peso dell’imposizione”, ed attribuita in favore del soggetto “svantaggiato”.

L’immobile utilizzato quale abitazione del contribuente colpito da handicap grave

Il soggetto svantaggiato che abita l’immobile è diverso dal soggetto che lo possiede, cioè il trust. Conseguentemente non è possibile fruire della deduzione ex art. 10, comma 3 – bis del TUIR riguardante gli immobili utilizzati come abitazione principale. La deduzione sarebbe di un importo equivalente alla rendita catastale dell’immobile. Non trovando applicazione la predetta deduzione, anche il reddito fondiario deve essere imputato per trasparenza al soggetto colpito da handicap grave e sarà soggetto a tassazione come reddito di capitale.

La locazione dell’immobile: il mancato incasso dei relativi canoni

In base alle disposizioni in vigore contenute nel TUIR, relative alla tassazione dei redditi fondiari, si prevede che i canoni di locazione debbano essere assoggettati a tassazione anche se non incassati. Tale circostanza potrebbe ad esempio essere dovuta alla morosità del locatario.

Il possesso del reddito da parte del trust penalizza ancora una volta il contribuente disabile, qualora i canoni di locazione non siano stati incassati. In tale ipotesi il trust, comunque obbligato a dichiarare i predetti canoni, imputerà il reddito così determinato, in base al principio di trasparenza, al beneficiario. Il reddito posseduto dal contribuente disabile deve essere qualificato come reddito di capitale. Tale circostanza risulta, quindi, estremamente penalizzante.

Nell’ipotesi di sfratto esecutivo l’articolo 26 consente di recuperare le maggiori imposte sui canoni non incassati, facendo valere un credito di imposta. Tale possibilità sussiste esclusivamente con riferimento ai redditi fondiari e non ai redditi di capitale. Conseguentemente, in mancanza di una disposizione espressa, si rischia di non poter recuperare la maggiori imposte versate sui canoni di locazione, mai incassati.

Nicola Forte

6 aprile 2019

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