La valutazione del merito creditizio

La gestione dei rapporti banca/impresa è un campo in cui vi sarà sempre più necessità di lavoro per commercialisti e consulenti. In questo articolo proponiamo una panoramica del “calcolo” del merito creditizio, si tratta di un indice fondamentale perhè permette alle imprese di accedere o meno ai finanziamenti del sistema bancario

Merito creditizioIl merito creditizio – premessa

Il merito creditizio rappresenta l’affidabilità di un soggetto dal punto di vista economico e finanziario; si tratta in pratica della valutazione fatta da chi eroga il credito per verificare il rischio di insolvenza e la capacità del soggetto (debitore) di rimborsare all’Ente erogante (banca) la somma prestata.

Questo è l’ambito in cui operano gli uffici fidi i quali, nella prassi quotidiana, fondano i loro giudizi di merito su una ristretta quantità di parametri di valutazione.

Nello specifico i tecnici, prendendo in esame i dati consuntivi di un’azienda stimano la fattibilità di un’operazione di finanziamento in ragione:

1. dell’equilibrio della struttura finanziaria;
2. dell’andamento economico;
3. della copertura del finanziamento;
4. della capacità di rimborso;
5. dell’andamentale della centrale rischi;
6. delle finalità del finanziamento;
7. delle garanzie offerte.

La valutazione della struttura finanziaria

L’analisi condotta prevede in via preliminare la riclassificazione dei dati contabili, relativi tanto allo stato patrimoniale che economico, secondo logiche e tecniche funzionali in primo luogo all’elaborazione di diversi indicatori e, secondariamente, alla derivazione di informazioni utili rispetto la solidità / solvibilità dell’azienda oggetto di valutazione.

Nello specifico, per l’analisi della struttura finanziaria il bilancio contabile viene riclassificato in base al criterio finanziario puro, attraverso il quale le poste dell’attivo, denominate in questo caso impieghi, e del passivo (denominate fonti di finanziamento), vengono suddivise:

a) in categorie omogenee;
b) per scadenze entro ed oltre i dodici mesi.

L’obiettivo è quello di verificare se le attività a medio lungo termine sono finanziate da passività che prevedono il medesimo tempo di rimborso, così da ottenere un ciclo finanziario equilibrato.

Ipotesi questa evidentemente teorica; nella realtà, per una precisa misurazione della struttura finanziaria della società vengono utilizzati 4 specifici indici:

1. Indice di solidità: esprime il livello di patrimonializzazione della società e si ottiene dal rapporto fra mezzi propri e totale dell’attivo; permette di valutare in che misura l’attività aziendale è finanziata da debiti, fornendo quindi un’idea della solidità finanziaria della società.

Maggiore è il suo valore più la società è finanziariamente solida. Un valore intorno allo 0,33 è ritenuto soddisfacente. Comunque, in caso di valori inferiori fino al limite dello 0,10, l’impresa potrebbe ricevere parere positivo dall’istituto bancario esaminante.
Da puntualizzare che i finanziamenti dei soci non sono contemplati in tale contesto, ciononostante possono essere inseriti nella relazione dell’istruttore, qualora questa informazione fosse ritenuta rilevante ai fini della giustificazione dell’elevata patrimonializzazione aziendale.
Ovviamente una società di capitali con deficit patrimoniale non può essere finanziata perché, in ragione della norma civilistica, è da ritenere formalmente in fase di scioglimento ricorrendo le cause di cui all’articolo 2484 del Codice Civile;

2. Indice di liquidità generale (current ratio): esprime la capacità dell’impresa di far fronte alle uscite correnti (rappresentate dalle passività correnti) con le entrate correnti (rappresentate dalle attività correnti).
Tale parametro assume diverso significato in base al valore; nello specifico:

a. valore > 1: l’impresa presenta un livello di liquidità soddisfacente ma è da tenere sotto controllo;
b. valore < 1: l’impresa è in crisi di liquidità;
c. valore = 1: l’impresa è in precario equilibrio perché riesce appena a far fronte alle passività correnti con le entrate derivanti dalle attività correnti;
d. valori > 2: situazione di liquidità ottimale.

Il valore genericamente ritenuto soddisfacente è di poco superiore a 1;

3. indice di liquidità primario (quick ratio): esprime la capacità dell’impresa di far fronte alle uscite correnti (le passività correnti) con le poste maggiormente liquide delle attività correnti.
In questo caso i valori di riferimento sono i seguenti:

a. valore > 1: situazione ottimale;
b. valore < 1: l’impresa è in difficoltà ma non in crisi di liquidità;
c. valore = 1: l’impresa è in precario equilibrio.

Il valore ideale è 1, ma possono essere finanziate anche aziende con valori fino allo 0,5;

4. Rotazione crediti, debiti e magazzino: tale indicatore fornisce indicazione sulla durata del ciclo operativo dell’azienda. In particolare misura i tempi di incasso, pagamento e rotazione delle scorte. Ai fini della valutazione dell’equilibrio della struttura finanziaria è comunque da ritenere un parametro residuale rispetto i precedenti; questo, infatti, viene considerato solo in presenza di forti anomalie quali ad esempio tempi di incasso superiori a 180 giorni o giacenze di magazzino che ruotano una sola volta l’anno.

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La valutazione dell’andamento economico

Una volta conclusa l’analisi dello Stato Patrimoniale, gli analisti riclassificano il Conto Economico in forma scalare a valore aggiunto, al fine di derivarne indicazioni sull’andamento economico dell’azienda.

L’attenzione viene rivolta principalmente alla valutazione delle performance relative alla gestione economica nel suo complesso; non viene pertanto effettuata alcuna distinzione fra attività caratteristica ed accessoria in quanto ritenuta, nella logica bancaria, una classificazione non rilevante.

L’obiettivo in questo caso è quello di capire se dalla differenza fra ricavi e costi scaturiscano flussi sufficienti a garantire il rientro dei capitali erogati; a nulla rileva da dove provengano le risorse, l’importante è che l’impresa ne possa beneficiare nel medio lungo periodo.

Nel dettaglio, la valutazione si articola in tre fasi:

1. Esame del risultato finale dell’esercizio approvato: la prima componente esaminata è ovviamente il risultato di esercizio assunto al netto delle poste straordinarie.
È evidente che un risultato negativo complica l’erogazione di un prestito a prescindere dal merito dell’iniziativa, ma è bene considerare che l’istruttoria può comunque essere condotta e che, di conseguenza, l’analisi di fattibilità non è preclusa a prescindere.
In altre parole, è ineluttabile che un risultato negativo abbia rilevanza, ma è altrettanto chiaro che una circostanziata istruttoria ne può mitigare – anche sensibilmente – l’effetto, soprattutto se fondata su motivazioni economiche prospettiche plausibili.
Per lo stesso motivo, un elevato risultato d’esercizio, di per sé, non è garanzia per l’analista di salute dell’azienda; questo potrebbe, infatti, essere inficiato da politiche di bilancio (incremento artificioso delle giacenze di magazzino, ad esempio) volte a mascherare perdite.

Per tale ragione i giudizi saranno basati in via pressoché esclusiva sul cash flow. Questo strumento consente infatti di “sterilizzare” qualsiasi tentativo del redattore del bilancio di alterare la reale consistenza economica dell’azienda oggetto di valutazione.
Da questo punto di vista elevati utili assumono rilevante significato ai fini dell’analisi solo se incisi da imposte (successivamente pagate); tale circostanza è infatti conferma della performance positiva dell’impresa la quale, dopo aver messo in atto adeguate politiche di bilancio, liquida comunque imposte consistenti;

2. Margine operativo lordo (MOL o EBITDA): per i motivi appena esposti l’indicatore maggiormente utilizzato ai fini della valutazione dell’andamento economico di un’azienda è il margine operativo lordo, il quale costituisce un risultato intermedio del Conto Economico riclassificato ed è ottenuto sottraendo al valore aggiunto le spese per il personale.
È un indicatore di redditività talmente importante che imprese con un MOL insufficiente a coprire gli oneri finanziari – o peggio negativo – non sono finanziabili. I valori del MOL ritenuti eccellenti variano a seconda dell’impresa oggetto di analisi; in particolare:

a. 10% del fatturato per le imprese industriali;
b. 6% del fatturato per le imprese commerciali;

3. Costo del venduto: tale valore si ottiene aggiungendo agli acquisti le rimanenze iniziali e sottraendo quelle finali.

È un parametro che deve essere letto insieme ai due precedenti in quanto, da solo, potrebbe fornire informazioni non del tutto attendibili. Il miglioramento della redditività in presenza di fatturati decrescenti, ottenuto mediante la riduzione del costo del venduto (variazioni positive delle scorte) potrebbe infatti essere sintomo di politiche di sopravalutazione delle rimanenze per nascondere performance negative.

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L’analisi della copertura dell’investimento

In questa fase, particolarmente importante ai fini dell’istruttoria di affidamento, gli analisti bancari valutano che impatto avrebbe l’operazione di investimento / finanziamento sugli equilibri della struttura finanziaria precedentemente stimata.

Nella pratica vengono messi a confronto gli investimenti previsti nel piano, al netto di quanto già contabilizzato nel bilancio preso a riferimento, con le coperture da erogare nella forma dell’apporto dei soci e del finanziamento bancario.

Di norma l’apporto del capitale di rischio (capitale proprio dell’imprenditore) deve essere compreso tra il 20% e il 30% dell’investimento; da questa analisi ci si attendono due esiti alternativi:

• flussi di copertura superiori all’investimento da realizzare: in tal caso la posizione finanziaria complessiva migliorerà;
• flussi di copertura insufficienti: in tal caso verrà drenata la liquidità aziendale disponibile prima dell’investimento e di conseguenza vi sarà un peggioramento della posizione finanziaria netta.

La valutazione della capacità di rimborso

Questa valutazione viene effettuata mediante la determinazione del cash flow dell’ultimo bilancio, il quale esprime, in via indiretta, il massimo grado d’indebitamento sostenibile dall’impresa per capitali ed interessi.
Ai fini della valutazione bancaria viene effettuato il seguente calcolo:

utile + ammortamenti + accantonamenti +/- partite straordinarie

Quali ulteriori eventuali voci di cash flow sono considerate:

• il risparmio oggettivo di costi sotteso al finanziamento (ad esempio, canoni di locazione);
• la riduzione di compensi agli amministratori particolarmente elevati;
• gli accantonamenti per rischi generici.

L’aggiunta di queste variabili permette una più precisa misurazione dei flussi di cassa realmente disponibili.

Una volta ottenuto questo risultato lo si confronta con l’esborso collegato alla nuova operazione di finanziamento (capitale + interessi) e con le rate in quota capitale dei finanziamenti in essere, in quanto gli oneri finanziari risultano già imputati a Conto Economico.

Se da questo confronto dovesse scaturire un valore positivo l’azienda sarebbe, dal punto di vista bancario, assistibile; contrariamente sarebbe necessario ricorrere a Conti Economici previsionali in grado di legittimare il rimborso.

In alcuni casi, gli impegni derivanti da finanziamenti in scadenza nel giro di uno o due anni possono essere esclusi.

Andamentale Centrale Rischi

Le operazioni di affidamento catalogate nella Centrale Rischi sono articolate in sezioni relative alla tipologia di crediti erogati (crediti per cassa, crediti di firma, derivati, garanzie ricevute più una sezione informativa); ciascuna sezione, a sua volta, è articolata secondo i diversi tipi di rischi a cui il sistema bancario è soggetto in base alle caratteristiche delle operazioni creditizie.

La mole di dati a disposizione serve, in sostanza, a tracciare un profilo del soggetto affidato per valutarne il merito creditizio in termini di:

• regolarità nel pagamento delle proprie esposizioni;
• sconfinamenti di breve e m/l periodo;
• entità dell’esposizione;
• esistenza di sofferenze;
• eventuale situazione di temporanea difficoltà finanziaria risanabile nel breve periodo, ovvero di ammissione a procedure di ristrutturazione dei fidi.

Tutte queste informazioni vengono ulteriormente integrate tramite il dettaglio dell’analisi dei dati bancari interni, aggiornati con cadenza praticamente giornaliera, in maniera tale da creare una sorta di complementarità con le informazioni della Centrale Rischi al fine di tracciare un profilo di rischio completo relativamente al soggetto affidato.

Le segnalazioni in Centrale Rischi, ai fini valutativi, rappresentano un esimente rilevante ai fini del buon esito dell’operazione ma non tutte hanno il medesimo peso.

È, infatti, evidente che se si riscontrano sconfinamenti su affidamenti a breve termine l’istruttoria viene di norma portata avanti senza grandi problematiche; diversamente in caso di sconfinamenti su debiti a scadenza, sarà necessaria la regolarizzazione della posizione pregressa prima di poter procedere con l’erogazione.

Infine, una segnalazione di credito scaduto o sconfinato da oltre 90 giorni (c.d. “past due”) rende l’operazione improcedibile, in quanto costituisce la prima segnalazione di sofferenza bancaria ufficiale, segnalata dal sistema.

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La valutazione della finalità del finanziamento

Un’ulteriore informazione presa in considerazione dalla banca è la finalità del finanziamento.

In linea di principio non si finanziano operazioni che prevedano il consolidamento di esposizioni di altre banche, anche se quest’impostazione può essere derogata al sussistere di determinati requisiti:

• Centrale Rischi “pulita”;
• equilibrio patrimoniale accettabile;
• andamento economico sostenibile;
• cash flow positivo.

Non sono operazioni gradite alla banca neanche quelle finalizzate all’acquisto di partecipazioni o alla ricapitalizzazione in altre imprese.

La valutazione delle garanzie prestate

Ultimo tassello di valutazione è l’ammontare delle garanzie che il richiedente è disposto a fornire; a sostegno di qualsiasi richiesta di finanziamento, infatti, queste rappresentano un presupposto essenziale.

Le garanzie possono essere, alternativamente o cumulativamente:

a) dirette, vale a dire fornite dal richiedente;
b) indirette, vale a dire fornite da un consorzio di garanzia, o da terzi.

Ovviamente maggiore è l’esposizione in termini economici e di durata del rischio e maggiori saranno le garanzie richieste.

Non sono ovviamente proponibili operazioni senza fidejussione quando il richiedente le ha già concesse ad altre banche; l’istituto non accetterebbe, infatti, condizioni più svantaggiose rispetto a quelle concordate con un concorrente per lo stesso livello di rischio.

Di norma le operazioni fino a 5 anni sono concedibili senza garanzie reali a condizione che il rapporto tra l’importo del finanziamento ed il valore del bene sia compreso tra il 50% e l’80%.

Per contro, le operazioni superiori ai 10 anni – salvo casi eccezionali – sono vincolate alla prestazione di un’ipoteca.

Usualmente un finanziamento ha durata massima di 15 anni e periodi superiori di norma non sono contemplati dalla prassi bancaria.

Gianfranco Costa e Alessandro Tartone

7 marzo 2019

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Merito creditizio