L’apprendistato è un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a causa mista, attraverso il quale il lavoratore, in cambio della prestazione lavorativa, ha diritto non solo a percepire la retribuzione, ma anche a ricevere la formazione necessaria a conseguire: un titolo di studio (apprendistato per la qualifica e il diploma professionale), una professionalità o le competenze specifiche di un mestiere (apprendistato professionalizzante), esperienze funzionali al raggiungimento di titoli di studio di livello universitario o di alta formazione (apprendistato di alta formazione e ricerca).
In questo contributo ci riferiamo al solo apprendistato professionalizzante, in quanto maggiormente utilizzato dalle impese e dai professionisti.
Attraverso l’adozione di tale istituto, il datore di lavoro ha la possibilità di conoscere gradualmente il lavoratore e nello stesso tempo formarlo, ottenendo al contempo notevoli vantaggi normativi, retributivi e contributivi:
- dal punto di vista normativo ad esempio, gli apprendisti sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti per l’applicazione di particolari istituti in osservanza delle norme di legge e dei contratti collettivi[1] (ad esempio questi non vengono computati nel calcolo del numero dei dipendenti utile all’individuazione delle norme sulla tutela dei licenziamenti illegittimi, e ai fini del computo dei dipendenti per l’assunzione obbligatoria dei disabili);
- dal punto di vista retributivo, il lavoratore è inizialmente inquadrato fino a due livelli inferiori rispetto a quello relativo alla qualifica da conseguire, con applicazione del trattamento retributivo ivi corrispondente; oppure già è inquadrato al livello finale ma è pagato in misura percentuale rispetto alla paga base prevista per quel livello. Tali fattispecie retributive vengono regolate caso per caso dal CCNL applicato al rapporto di lavoro;
- dal punto di vista previ