Gli studi professionali di commercialisti e consulenti del lavoro sono spesso caratterizzati da criticità contingenti quali picchi di lavoro che non si riescono a gestire con il personale normalmente e ordinariamente impiegato all’interno degli stessi. Ci riferiamo in particolare a periodi dell’anno durante i quali vi sono scadenze di dichiarativi o adempimenti annuali che si sovrappongono alla ordinaria attività di gestione e amministrazione del personale, elaborazione delle paghe, consulenza fiscale e tributaria ed elaborazione delle contabilità per i clienti degli studi. Trattandosi appunto di criticità contingenti e di durata limitata, esse potrebbero essere gestite con l’impiego di risorse flessibili ma che allo stesso tempo fossero sufficientemente formate e pronte ad eseguire le prestazioni e le attività entro termini e scadenze per loro natura improrogabili. Tra le soluzioni prospettabili esaminiamo il contratto di lavoro intermittente o a chiamata
Gli studi professionali di commercialisti e consulenti del lavoro sono spesso caratterizzati da criticità contingenti quali picchi di lavoro che non si riescono a gestire con il personale normalmente e ordinariamente impiegato all’interno degli stessi.
Ci riferiamo in particolare a periodi dell’anno (ormai abbastanza frequenti) durante i quali vi sono scadenze di dichiarativi o adempimenti annuali che si sovrappongono alla ordinaria attività di gestione e amministrazione del personale, elaborazione delle paghe, consulenza fiscale e tributaria ed elaborazione delle contabilità per i clienti degli studi.
Durante questi periodi difatti la normale e ordinaria attività si somma al lavoro necessario per portare a termine gli adempimenti annuali o connessi ai dichiarativi (modello 770, CU, dichiarativi fiscali, autoliquidazioni INAIL, bilanci, etc.) creando spesso dei “colli di bottiglia” per i dipendenti degli studi.
Trattandosi appunto di criticità contingenti e di durata limitata, esse potrebbero essere gestite con l’impiego di risorse flessibili ma che allo stesso tempo fossero sufficientemente formate e pronte ad eseguire le prestazioni e le attività entro termini e scadenze per loro natura improrogabili.
Le soluzioni quindi potrebbero essere:
- assunzione a tempo indeterminato di risorse, che siano adibite e specializzate esclusivamente per gli adempimenti dichiarativi annuali, optando per esempio per un part time ciclico, ovvero multi-periodale, caratterizzato dallo svolgimento dell’attività soltanto in determinati periodi dell’anno, a seconda delle esigenze dello studio;
- impiego di risorse flessibili da assumersi a tempo determinato full o part time;
- impiego di risorse attraverso la tipologia del contratto di lavoro intermittente o a chiamata.
La terza soluzione risulta probabilmente la più congeniale per le motivazioni accennate, in quanto nonostante il notevole livello di flessibilità delle prime due soluzioni, esse risultano essere maggiormente dispendiose, andando ad impattare molto sul conto economico di piccoli e medi studi professionali. Si pensi che un impiegato inquadrato al livello 3S del CCNL Studi Professionali ha un costo annuo di circa 31.000,00 euro se a tempo pieno e di circa 15.500,00 euro se a tempo parziale al 50% (i costi si riferiscono all’ipotesi per cui il datore di lavoro non goda di agevolazioni retributive e/o contributive).
Sussistono, inoltre, non solo dei limiti economici, ma anche dei limiti normativi, relativi soprattutto alla notevole “compressione” posta di recente all’utilizzo della tipologia contrattuale a termine.
Difatti, alla luce delle novità introdotte dal decreto dignità[1] in materia di contratto a tempo determinato, il ricorso a questa fattispecie di contratto flessibile ha perso quasi totalmente il suo appeal: il nuovo impianto normativo ha infatti limitato a 12 mesi la durata massima del termine, senza la necessaria apposizione di alcuna causale, ed ha introdotto la possibilità di apporre un termine che non superi i 24 mesi in presenza di specifiche motivazioni e condizioni connesse ad esigenze temporanee ed oggettive estranee alla ordinaria attività.
Ci si riferisce nello specifico ad esigenze di sostituzione di altri lavoratori oppure ad esigenze connesse a incrementi temporanei significativi e non programmabili dell’attività. Appare chiaro come l’attività connessa alle dichiarazioni annuali di uno studio professionale non possa essere annoverata tra quelle “non programmabili”, visto che il verificarsi delle stesse sono note con