Una recente sentenza della CTP di Lecco propone alcune prospettive a favore del contribuente sulla prova della notifica della cartella esattoriale contestata: vediamo cosa dicono i giudici lombardi
La sentenza n. 76 della C.T.P. di Lecco qui in esame è stata emessa in seguito ad un ricorso presentato in impugnazione di numerose cartelle esattoriali (19 per la precisione) portanti crediti tributari risalenti agli anni d’imposta dal 1993 al 2003 ed asseritamente notificate dal Concessionario della Riscossione; merita di essere analizzata per i numerosi spunti di riflessione che offre ai fini di una efficace difesa in giudizio delle ragioni del contribuente. Anzitutto la difesa di parte ricorrente, allegando di essere venuta a conoscenza degli asseriti crediti tributari solamente in seguito ad un casuale accesso presso la sede locale del concessionario della riscossione, ha impugnato gli estratti di ruolo rilasciati dietro apposita richiesta, eccependo in primis l’inesistenza della notifica.
E malgrado alcuni non condivisibili arresti giurisprudenziali abbiano deciso in ordine all’inammissibilità dell’impugnazione degli estratti di ruolo, la giurisprudenza della Suprema Corte ha definitivamente chiarito che: “l’impugnazione della cartella esattoriale, la cui esistenza risulti da un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione su richiesta del debitore, è ammissibile a prescindere dalla notificazione di essa congiuntamente all’estratto di ruolo soltanto se il contribuente alleghi di non avere mai avuto conoscenza in precedenza della cartella per vizio di notifica, e quindi solo in funzione recuperatoria” (Cass. n. 22946/2016).
E’ importante osservare che la Cassazione non statuisce, in punto ammissibilità del ricorso, che il contribuente debba provare l’invalidità della notifica (anche in virtù del noto brocardo negativa non sunt probanda), a costui basta solo allegare la mancata conoscenza della cartella per invalidità della notifica.
Ricordando che, per allegazione nel processo civile/tributario, si intende l’attività attraverso la quale vengono affermati ed introdotti in giudizio determinati fatti storici, al fine precipuo di delimitare l’ambito decisiorio del giudice, indipendentemente dall’emergenza probatoria, che attiene al diverso profilo della fondatezza della domanda, non dell’ammissibilità.
Pertanto, ai fini dell’ammissibilità di un qualsiasi ricorso in impugnativa di cartelle esattoriali, è sufficiente allegare, come è stato fatto, che il contribuente non abbia avuto conoscenza degli atti per vizio di notifica.
Nel caso che ci occupa l’Agente della Riscossione non si è costituito nel giudizio avanti la Commissione Provinciale Tributaria, ma sono ben note agli operatori del diritto le insidie di un giudizio in contumacia in cui il giudicante, anche bilanciare l’indubbio vantaggio del ricorrente di non trovarsi di fronte la controparte, chiede alla parte costituita la puntuale assoluzione di tutti gli incombenti.
Tuttavia, nel caso odierno, non vi è dubbio che l’onere della prova di aver compiuto anzitutto una valida notifica delle cartelle esattoriali impugnate e, subordinatamente, di aver compiuto dei validi atti interruttivi della prescrizione (con a loro volta la prova di valida notifica di questi ultimi) incomba sul Concessionario della Riscossione, che però, non essendosi costituito in giudizio, non ha potuto assolvere minimamente al proprio onere probatorio.
Quindi, non è stata fornita né la prova della notifica delle cartelle, né tantomeno la prova di aver effettuato la notifica entro i precisi termini stabiliti dall’art. 25 del DPR 602/1973 a pena di decadenza, e nemmeno di aver notificato dei validi atti interruttivi della prescrizione quinquennale.
Sul punto si rileva come la CTP di Lecco, nella sentenza in commento, si allinea al recente orientamento inaugurato in seguito all’emissione della nota sentenza delle Sezioni Unite n. 23397/2016 che ha negato la suscettibilità della cartella esattoriale di acquisire motu propriu il regime della prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 Codice Civile, dacché la cartella, essendo atto amministrativo, non può godere delle prerogative proprie di un titolo di formazione giudiziale.
Questo orientamento sta prendendo sempre più piede anche per i crediti tributari ed in tal senso si segnalano, le recenti sentenze emesse dal giudice tributario di secondo grado, CTR di Roma n. 1050 del 07/03/2017 e CTR Lombardia di Milano n. 1883/2018 del 23/04/2018, che ribadisce, in perfetta linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite, che la prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 C.C. “si applica solo in presenza di titolo giudiziale divenuto definitivo”.
Nonché la recente sentenza della Cassazione n. 1997/2018 che sembra ulteriormente ribadire la fondatezza della tesi della prescrizione quinquennale di tutti i tipi di tributi, affermando il principio generale dell’impossibilità della conversione del termine di prescrizione breve (5 anni) nell’ordinario termine decennale, a seguito della mera notifica di una cartella esattoriale.
“Ciò premesso il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via”.
Roberto Molteni
17 dicembre 2018