La determinazione della disciplina fiscale applicabile al contratto di associazione in partecipazione richiede un’attenta valutazione della natura dell’apporto perché da essa discende l’individuazione del diverso regime di tassazione delle componenti reddituali. La corretta disciplina fiscale impone la preventiva individuazione della natura dell’apporto reso dall’associato e l’appuramento dei rapporti familiari tra i soggetti coinvolti (associante e associato).
La determinazione della disciplina fiscale applicabile al contratto di associazione in partecipazione richiede un’attenta valutazione della natura dell’apporto, che costituisce uno degli elementi essenziali di tale tipologia di negozio giuridico, perché da essa discende la speculare individuazione del diverso regime di tassazione delle componenti reddituali.
La corretta disciplina fiscale impone la preventiva individuazione della natura dell’apporto reso dall’associato e l’appuramento dei rapporti familiari tra i soggetti coinvolti (associante e associato).
L’indeducibilità dal reddito d’impresa dei compensi, oltre che dell’imprenditore, dei familiari risponde all’esigenza di collegare il prelievo impositivo all’intrinseca natura ed all’effettiva entità complessiva del provento netto dell’impresa, evitando abbattimenti d’imponibile, per il tramite di un atto negoziale, in sé lecito, che trasformi il fisiologico godimento dei profitti da parte di quei familiari in un costo di produzione.
Contratto di associazione in partecipazione
Il contratto di associazione in partecipazione è il contratto con il quale una parte (l’associante) attribuisce a un’altra (l’associato) il diritto a una partecipazione agli utili della propria impresa o di uno o più affari determinati, dietro il corrispettivo di un apporto da parte dell’associato.
Tale apporto potrà avere un contenuto finanziario ma potrà anche consistere nell’apporto di lavoro, o nell’apporto misto capitale/lavoro.
L’associazione in partecipazione non costituisce un autonomo soggetto d’imposta in quanto il reddito d’impresa spetta integralmente all’associante, il quale – in via di principio – potrà dedurre dal proprio reddito le quote di partecipazione agli utili spettanti agli associati solo qualora:
- il contratto risulti da atto pubblico o da scrittura privata registrata;
- il contratto contenga la specificazione dell’apporto e, qualora questo sia costituito da denaro e altri valori, elementi certi e precisi comprovanti l’avvenuto apporto;
- nel caso di apporto costituito dalla prestazione di lavoro, gli associati non siano familiari dell’associante compresi tra quelli per i quali l’imprenditore non può fruire di deduzioni a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta, ai sensi dell’articolo 60 comma 1 delTUIR;
- il contratto non consista nell’apporto rappresentato dall’emissione, da parte dell’associante, di titoli o certificati in serie o di massa, i cui proventi sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.
L’attribuzione delle quote di utili, spettanti all’associato in partecipazione e da dedurre dal reddito d’impresa dell’associante, deve trovare obiettiva giustificazione nel lavoro effettivamente prestato o nell’entità dell’apporto di beni.
Se l’apporto dell’associato è costituito esclusivamente da prestazione di opere o servizi, l’importo ad esso relativo è: per l’associato tassato come reddito di lavoro autonomo[1]; per l’associante deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa in base al principio di competenza economica ed indipendentemente dall’imputazione a Conto economico, come spese per prestazione di lavoro[2]
Il reddito dell’associato che apport