La possibilità, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di imputare i maggiori utili extra-contabili accertati in capo ad una società di capitali a ristretta base sociale o a carattere familiare è oggetto di ampio e diffuso contenzioso. Secondo il prevalente orientamento, nelle controversie tributarie tra Fisco e società di capitali e soci, relative alla c.d. ristretta compagine sociale, non è configurabile alcun litisconsorzio necessario; in particolare, tra l’accertamento a carico della società a ristretta base partecipativa e l’accertamento di reddito di capitale a carico del socio, non sussiste un rapporto tributario sostanzialmente unico con pluralità di soggetti passivi
La possibilità, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di imputare i maggiori utili extra-contabili accertati in capo ad una società di capitali a ristretta base sociale o a carattere familiare è oggetto di ampio e diffuso contenzioso.
Secondo il prevalente orientamento, nelle controversie tributarie tra Fisco e società di capitali e soci, relative alla cd. ristretta compagine sociale, non è configurabile alcun litisconsorzio necessario; in particolare, tra l’accertamento a carico della società a ristretta base partecipativa e l’accertamento di reddito di capitale a carico del socio non sussiste un rapporto tributario sostanzialmente unico con pluralità di soggetti passivi.
Non vi è un accertamento unico, che riguarda inscindibilmente una pluralità di soggetti, vale a dire la società e i soci, in quanto l’accertamento del reddito societario non è lo stesso accertamento che interessa i soci.
Viceversa, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali (nella specie, una s.r.l.), in cui i soci hanno optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 116, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 14, nei confronti di tutti i soci e della società, sicchè il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.
Contrasto
Nelle società di capitali, e in caso di maggiori utili extracontabili, non sussiste un litisconsorzio necessario tra i soci e la società.
Nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali, avente ad oggetto il maggior reddito da partecipazione derivante dalla presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati a carico della società partecipata, non sussiste litisconsorzio necessario con la società (Cass. Civ., 29 agosto 2017, n. 20507). [1]
Secondo diversa scelta ermeneutica[2] sussiste una ipotesi di litisconsorzio necessario tra la società ed i soci, in quanto nelle società a ristretta partecipazione si verifica la medesima situazione che connota la società di persone, ossia l’unicità dei fatti in contestazione sia nel processo relativo alla società sia in quello relativo ai soci.
L’utilizzo dello strumento processuale del litisconsorzio necessario – nell’ipotesi di sussistenza dei presupposti richiesti dal comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1992, realizza una “giusta imposizione” secondo i valori costituzionali.
La giusta imposizione potrebbe essere, infatti, impedita dal formarsi di giudicati tra loro contrastanti in separati giudizi nei quali pur si dibattesse una posizione comune ad una pluralità di soggetti obbligati.
Il rispetto della capacità contributiva è:
“… il valore primario che lo strumento processuale del litisconsorzio necessario riesce ad assicurare, con l’indispensabile efficacia della prevenzione, tutte le volte che l’atto impositivo contenga elementi comuni ad una p