Non si considerano commerciali e non producono reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, dalle associazioni culturali a favore dei propri associati, purché siano rispettate quelle clausole statutarie che assicurano l’effettività del rapporto associativo
I giudici della CTR di Ancona non intendono discostarsi dall’orientamento della giurisprudenza del giudice di primo grado che si è espresso in materia, sostenendo che:
- ai sensi dell’art. 111 (ora 148) DPR n. 917/86, non si considerano commerciali e non producono reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, dalle associazioni culturali a favore dei propri associati, purché siano rispettate quelle clausole statutarie che assicurano l’effettività del rapporto associativo (Cass. 4315/2015);
- l’attività di gestione di un bar-ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere qualificata come non commerciale, ai fini dell’Iva (art. 4 DPR 633/72) e di quella sui redditi (art. 111 DPR n. 917/1986, nel testo vigente ratione temporis, trasfuso nell’art. 148 dello stesso DPR) soltanto se la suddetta attività sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell’ente e sia svolta solo in favore degli associati (Cass. 21406/2012).Antonino Pernice
13 luglio 2018
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COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MARCHE – Sentenza 05 marzo 2018, n.123 – Circoli ricreativi – Prestazioni in favore degli associati – Attività di natura non commerciale se strumentali agli scopi istituzionali
Svolgimento del processo
L’associazione Circolo di lettura V.A., con sede a Osimo, ha impugnato, mediante appello del 5 aprile 2011, la sentenza n. 47/03/10 del 2 marzo 2010 della CTP di Ancona, con la quale, sulla base della natura commerciale dei ricavi contestati, veniva respinto il ricorso in primo grado avverso avviso di accertamento elevato il 20 ottobre 2008 dall’ufficio di Ancona dell’Agenzia delle Entrate ai fini Irpeg, Irap e Iva, per l’anno 2000.
La rettifica dell’ufficio riguardava assoggettamento a reddito di entrate derivanti da incassi di apparecchi di divertimento situati all’interno del circolo.
Nell’appello la parte ha lamentato:
I) intempestività della notifica; poiché l’attività del circolo è diretta solo agli associati, il circolo non ha conseguito redditi d’impresa e quindi non rientra tra i casi di proroga previsti dall’art. 10 della legge 289/2002; la notifica, secondo l’appellante, sarebbe quindi tardiva;
II) difetto di motivazione e mancanza di mezzi di prova, essendo i foglietti rinvenuti dalla Guardia di finanza presso il noleggiatore scritti a matita, senza indicazione dell’anno, senza la dimostrazione di alcun accordo tra le parti; la ricostruzione dei fatti compiuta dai militari verbalizzanti, e fatta propria dal giudicante di primo grado, sarebbe quindi carente;
III) errata e falsa applicazione degli artt. 108, 109 e 109 bis (poi 143, 145 e 148) TUIR; mancherebbe la dimostrazione della natura commerciale delle prestazioni dedotte (proventi dei giochi leciti derivanti da apparecchi di divertimento), come stabilito dalla R.M. del 15 marzo 2004; gli apparecchi di gioco erano concessi in locazione, sia pure in mancanza di atto scritto formale, e gli stessi erano utilizzati esclusivamente dagli associati; le somme che ne derivavano sarebbero stati proventi da giochi leciti destinati alla fruizione dei propri associati, e come tali estranei a operazioni di carattere commerciale;
IV) errore nel merito, non essendo stati dedotti i costi relativi all’utilizzo e alla gestione degli apparecchi di divertimento; concludendo: riformare l’impugnata sentenza; dichiarare la intempestività della notifica dell’atto di accertamento; il difetto assoluto di motivazione dell’atto impugnato, l’assenza della prova dei fatti contestati, la falsa ed errata applicazione degli artt. 108, 109 e 109-bis TUIR; in subordine riconoscere la deduzione dei costi afferenti il presunto reddito, conseguentemente dichiarare la nullità, annullabilità, decadenza della sentenza impugnata e per l’effetto la nullità dell’atto di accertamento; voler disporre per il rimborso di eventuali somme corrisposte in pendenza di giudizio, con vittoria di spese.
Con atto del 13 giugno 2011 si è costituita in appello l’Agenzia delle entrate, evidenziando:
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- quanto al punto I, che nella specie l’associazione ha svolto attività di natura commerciale, per cui sarebbe stata operante la proroga di due anni dei termini per l’accertamento dei redditi, trattando di annualità in cui la dichiarazione era stata omessa; la R.M. del 15 marzo 2004, al punto “a”, richiama la situazione dei proventi da apparecchi installati in circoli ricreativi in cui verserebbe l’associazione, quale specifica ipotesi di produzione di redditi sulla base del contratto verbale stipulato con il noleggiatore; la riferibilità delle schede rinvenute presso il noleggiatore all’associazione sarebbe dimostrata dalla coincidenza tra le date delle schede e quelle delle ricevute di prelevamento degli incassi esibite il 12 marzo 2009 dal rappresentante legale del circolo in sede di procedimento di accertamento per adesione; l’anno risulterebbe essere il 2000 (bisestile), essendo presente un prelevamento in giorno di 29 febbraio;
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- sul punto II, l’ufficio ha richiamato la risoluzione ministeriale 15 marzo 2004, sostenendo la tesi che non trattasi di rapporto di locazione degli apparecchi (punto “b” della risoluzione), in quanto non vi è alcun canone; versato, ma l’attribuzione di una quota degli incassi, tale da far discendere la qualificazione commerciale del rapporto;
- sui punti III e IV, l’ufficio ha rimarcato che la quota di proventi dei videogames rappresenti attività commerciale, sulla base dell’accordo verbale tra associazione e noleggiatore, il quale disponeva delle chiavi per eseguire il prelevamento degli incassi stessi e per poi ripartirne i proventi; la tassabilità di tale tipologia di proventi sarebbe ammessa da Corte cost. n. 467/1992, non essendo possibile che il soggetto diventi arbitro della propria auto-qualificazione; il richiamo alle finalità istituzionale del circolo non eliminerebbe il carattere commerciale delle operazioni (Cass. 20073/2005, 6340/2002, 6338/2002 e 3850/2000); concludendo per il rigetto dell’appello, con condanna alle spese.
Motivi della decisione
La più recente giurisprudenza del giudice di legittimità ha affrontato le questioni oggetto di contenzioso, affermando che, in tema d’imposte sui redditi, ai sensi dell’art.111 (ora 148) del dpr n.917/1986, non si considerano commerciali e non producono reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, dalle associazioni culturali a favore dei propri associati, purché siano rispettate quelle clausole statutarie che assicurano l’effettività del rapporto associativo (Cass. 4315/2015).
La giurisprudenza della Cassazione ha chiarito anche che l’attività di gestione di un bar- ristoro da parte di un ente non lucrativo può essere qualificata come non commerciale, ai fini dell’IVA (art. 4 dpr 633/1972) e di quella sui redditi (art.111 dpr 917/1986 nel testo vigente ratione temporis, trasfuso nell’art. 148 dello stesso DPR) soltanto se la suddetta attività sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell’ente e sia svolta solo in favore degli associati (Cass. 21406/2012).
Rileva il Collegio che l’attività di intrattenimento propria dei giochi leciti rientri tra le finalità istituzionali di un circolo di carattere ricreativo e che la gestione di un esercizio pubblico di bar- ristoro all’interno del circolo possa essere assimilata all’attività di gestione di apparecchi di intrattenimento, purché destinata, come nel caso di specie, soltanto agli associati.
Di vicenda analoga a quella in trattazione si è occupata anche la sez. IV di questa Commissione, che, con sentenza n. 281/4/14 del 4 settembre 2014, ha respinto l’appello dell’ufficio, soccombente in primo grado, in quanto la documentazione rinvenuta presso terzi (nella specie: lo stesso soggetto noleggiatore anche per il circolo V.A.) non era suffragata da idonei elementi di riscontro presso il contribuente.
Ciò posto, ritiene questo Collegio di condividere e far proprio, non avendo motivo per discostarsene, l’indirizzo della giurisprudenza che si è espresso nel senso che, nei confronti dei circoli privati, i proventi da apparecchi di gioco non sono direttamente riconducibili a redditi di natura commerciale, da cui discende la tardività della notificazione dell’avviso di accertamento per l’anno di riferimento (2000), per il quale l’associazione ha precisato, senza contestazione dell’ufficio, di non essere altrimenti tenuta alla presentazione della relativa dichiarazione.
In merito alle modalità di svolgimento del rapporto intercorso tra le parti, di cui l’appellante non disconosce l’esistenza, il quadro probatorio offerto dall’ufficio si presenta di valenza soltanto indiziaria, senza idonei elementi di riscontro presso il contribuente in ordine alla quantificazione della pretesa dell’ufficio sui maggiori proventi che ne sarebbero conseguiti.
Restando assorbite le ulteriori questioni sollevate dall’appellante e le eccezioni formulate dall’ufficio appellato, in quanto inidonee a condurre ad un diverso risultato, nei termini sopra delineati ritiene questo Collegio di accogliere l’appello, in riforma dell’impugnata sentenza.
Considerata la complessità della normativa e data la non univocità nel tempo degli indirizzi giurisprudenziali in materia, le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Accoglie l’appello (dell’associazione) e per l’effetto annulla l’accertamento in riforma della sentenza di primo grado. Spese compensate.