Quando le cose vanno male, il primo pensiero dell’azienda è rivolto al taglio del personale.
Ma è sempre la cosa giusta da mettere in atto o esistono delle alternative?
Una domanda a cui gli imprenditori dovrebbero rispondere prima di innescare il c.d. pilota automatico.
Le ricerche, infatti, dimostrano che le ristrutturazioni aziendali mal gestite hanno ripercussioni considerevoli sul bilancio aziendale.
I lavoratori vedono traballare la loro sicurezza e questo li destabilizza.
Passano il tempo a raffrontarsi l’un l’altro sull’incertezza del loro futuro.
Non vedendo e non trovando soluzioni, l’ansia prende il sopravvento e il rischio che corrono è quello di canalizzare l’energia verso l’entità fisica che gli ha causato il problema: l’azienda.
Quindi:
- iniziano a boicottare i prodotti o i servizi aziendali;
- diminuiscono la produttività;
- perdono la concentrazione mettendo a repentaglio la sicurezza nell’ambiente di lavoro;
- diminuiscono la qualità del servizio o del bene prodotto;
- perdono l’efficienza guadagnata con sacrificio negli anni passati
e, più la ristrutturazione si protrae nel tempo, più l’agonia aumenta.
Fuori dall’azienda, la situazione non è delle migliori:
- i concorrenti, come avvoltoi, sono pronti ad attaccare;
- le quotazioni delle azioni cadono in picchiata;
- le banche chiudono i battenti;
- i clienti si guardano in giro alla ricerca di alternative più solide;
- i fornitori chiedono maggiori garanzie.
La credibilità dell’azienda è compromessa.
Per evitare di cadere in un circolo vizioso a cui è impossibile sottrarsi una volta innescato, vediamo le alternative che si possono mettere in atto.
Come prima cosa, bisogna rafforzarsi.
Essere resilienti è fondamentale.
È un po' come allenarsi prima di un combattimento.
Se il nemico ci attacca alla sprovvista e noi non siamo pronti, è difficile che ne usciremo vivi.
Quindi:
- accompagniamo i dipendenti ad intraprendere una nuova strada lavorativa dove regna un forte senso di responsabilità, di flessibilità e capacità di adattamento; una strada dove la collaborazione e il senso di appartenenza aleggia nell’aria;
- creiamo nuove competenze iscrivendo i nostri lavoratori a percorsi formativi, studiando le loro attitudini, i loro interessi e le loro passioni;
- diamo importanza alla personalità del candidato in caso di nuove assunzioni e non soffermiamoci sulle mere competenze tecniche;
- creiamo un clima dove l’ascolto attivo e la comunicazione costruttiva traccia la rotta;
- diffondiamo i valori dell’azienda, la vision e la mission allineando tutto il personale;
- coinvolgiamo tutto il team e rendiamolo parte integrante dei progetti aziendali;
- chiariamo quali sono le aspettative che abbiamo nei confronti dei singoli;
- pensiamo allo scambio equo da offrire ai nostri collaboratori al raggiungimento degli obiettivi prefissati;
- diamo l’esempio con lealtà e coerenza;
- non troviamo scuse per evitare il conflitto (siamo bravi a raccontarcela, teniamolo a mente).
Al momento dell’impatto, quest’ultimo punto sarà bene scrivercelo perché anche noi, come i nostri dipendenti, creeremo delle resistenze per evitare di affrontare un periodo di difficoltà.
La paura tenderà a farci evitare di guardare in faccia alla realtà e, piuttosto che affrontare conversazioni cruciali con i nostri dipendenti, il nostro primo pensiero andrà al taglio del personale.
Quello che dovremo fare, invece, è affrontare la situazione e gestire l’impatto.
Se avremo fatto un buon lavoro, i nostri collaboratori saranno al nostro fianco alla ricerca di soluzioni che limiteranno i danni.
Nasceranno nuove soluzioni, quali:
- la linea di un nuovo prodotto;
- un’azione per aumentare la produttività;
- un’idea innovativa per cambiare o integrare il modo di offrire il bene o il servizio;
- uno svecchiamento dell’azienda in termini organizzativi;
- la ricerca di un nuovo mercato;
- l’attrazione di nuova clientela o di una diversa tipologia di essa.
Indipendentemente dalla soluzione che verrà messa sul tavolo, l’importante è che sia univoca e condivisa.
Se poi questo non sarà possibile per altre mille ragioni, il percorso della consapevolezza sarà tracciato e la volontà di fare le cose nel migliore dei modi per tutte le parti interessate, accompagnerà le azioni successive.
Nascerà un percorso strutturato, sulla base delle esigenze, delle dimensioni e delle possibilità economico-finanziarie-organizzative dell’azienda, per:
- sostenere economicamente i lavoratori uscenti;
- accompagnarli da un punto di vista economico e contributivo al vicino pensionamento;
- ricollocarli in altre filiali o in altre aziende;
- sostenere economicamente parte dei progetti di avvio di nuove attività presentati dagli stessi lavoratori;
- sostenere lo sviluppo di nuove competenze o rafforzare quelle possedute;
- incentivare un’attività di volontariato;
- ingaggiare coach, psicologi o counselor per superare i momenti di difficoltà;
- consigliare, tramite professionisti specializzati, la miglior scelta perseguibile dai singoli.
Qualunque sia il percorso strutturato scelto, è importante mantenere un livello di comunicazione adeguato, un ascolto attivo, un approccio aperto e un comportamento trasparente e leale.
Questo, aiuterà l’imprenditore ad attraversare il fiume in piena mantenendo, anche negli anni successivi alla ristrutturazione, un’immagine positiva verso tutti gli stakeholders e un’azienda magicamente rinnovata.
La strategia, quindi, è alla base dell’agire.
Sandra Paserio
19 luglio 2018
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