La firma digitale delle cartelle: tra CAdES e PAdES quale strategia a difesa del contribuente?

L’introduzione della notifica della cartella esattoriale a mezzo Pec ha immediatamente posto al centro dell’attenzione il tema della coerenza del file allegato alle regole tecniche volute dalla legge per i documenti informatici. Solo recentemente una sentenza della CTR Sicilia sembra fornire un chiarimento sul tema dei differenti algoritmi di firma digitale esistenti (CadEs e PadEs) e sembra pure indicare a quale dei due occorre fare riferimento per considerare il documento digitale conforme a quanto richiesto dalla legge

I termini della questione

L’introduzione della notifica della cartella esattoriale a mezzo Pec ha immediatamente posto al centro dell’attenzione il tema della coerenza del file allegato alle regole tecniche volute dalla legge per i documenti informatici.

La vicenda si è posta subito in concomitanza di altro argomento: quello relativo alla congruenza della notifica ed alla validità o meno del processo notificatorio in sé. Quest’aspetto esula dal presente contributo che, invece, si concentra sulla capacità del documento informatico (la cartella) di esistere legittimamente nel mondo giuridico nell’ipotesi in cui esso risulti privo di firma digitale.

Di fatto la giurisprudenza (finora solo quella di merito) si è occupata solo di questa fattispecie, ossia del caso in cui il file è risultato effettivamente sprovvisto di qualunque firma. Come si vedrà, i giudici sono pervenuti, seppure con argomentazioni differenti, a conclusioni univoche: la cartella esattoriale recapitata a mezzo Pec deve essere necessariamente firmata in modo digitale. Talune pronunce (invero le più recenti) si sono spinte oltre affermando che solo il file “p7m” garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico ma nessuna di esse ha ancora affrontato casi di file eventualmente firmati con standard diversi da quello CAdES (generatore di file “p7m”). La questione non è di poco conto visto che l’Agente della Riscossione, dopo un primo periodo in cui ha inviato cartelle in semplice formato “pdf”, ha iniziato a notificare file muniti di firma con standard PAdES.

In sede contenziosa, quindi, l’eccezione riguardante la firma digitale sembrerebbe non trovare più ingresso. A parere di chi scrive, però, tale vizio può ancora essere lecitamente rilevato a condizione di spostare le argomentazioni sull’inadeguatezza del sistema PAdES rispetto alle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), non mancando di richiamare l’attenzione dei giudici anche su aspetti più strettamente informatici.

Solo recentemente una sentenza della CTR Sicilia sembra fornire un chiarimento sul tema dei differenti algoritmi di firma digitale esistenti (CadEs e PadEs) e sembra pure indicare a quale dei due occorre fare riferimento per considerare il documento digitale conforme a quanto richiesto dalla legge.

Alla luce di quanto sopra, quindi, si cercherà di sviscerare il tema dapprima attraverso la disamina della giurisprudenza finora formatasi e, successivamente, esaminando quanto statuito dalla CTR Sicilia alla luce delle caratteristiche tecnologiche dei diversi algoritmi di firma digitale.

La firma digitale delle cartelle notificate a mezzo Pec: lo stato della giurisprudenza

Le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali, hanno ritenuto illegittime le notifiche delle cartelle esattoriali eseguite a mezzo pec nelle ipotesi in cui la cartella sia stata allegata come semplice file “pdf”. I giudici di merito hanno considerata non valida tale allegazione sul presupposto che non vi sia garanzia dell’integrità del documento in formato “.pdf”, né sulla provenienza o sul suo autore. Sebbene le pronunce di merito abbiano fatto riferimento alla necessità della firma digitale essenzialmente affermando come imprescindibile l’esistenza di un file con estensione “p7m”, nessuna di esse si è mai pronunciata sull’esistenza di diversi protocolli di firma che, pur consentendo di apporre una firma digitale, generano file in formati diversi da quello “p7m”. Nei fatti, quindi, le Commissioni Tributarie che hanno affrontato il tema hanno sempre asserito che il file privo dell’estensione “p7m” risulta incapace di assicurare certezza sulla provenienza, sulla sua immodificabilità e sulla sua integrità. In tale direzione si possono citare:

– CTP Reggio Emilia, sent. n. 204 del 31/07/2017, che ha cosi disposto: “La notifica via PEC non è valida se avviene tramite messaggio di posta elettronica certificata contenente il file della cartella con estensione “.pdf” anziché “.p7m” atteso che non solo l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, ma anche, per quanto attiene alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto, è garantita solo attraverso l’estensione del file “.p7m”. Con la notifica via PEC in formato “pdf”, non viene prodotto l’originale della cartella, ma solo una copia elettronica senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale”;

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Vincenzo Piazzese

10 maggio 2018

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