La Corte di Cassazione ha confermato che la legittimità delle indagini finanziarie è subordinata all’esistenza dell’autorizzazione ma, di questa, non ne è richiesta l’esibizione al contribuente in sede di verifica
Con l’ordinanza n. 9480 del 18 aprile 2018 (ud 25 gennaio 2018) la Corte di Cassazione ha confermato che la legittimità delle indagini finanziarie è subordinata all’esistenza dell’autorizzazione ma, di questa, non ne è richiesta l’esibizione.
Brevi note
La sentenza che si annota investe, di fatto, la questione legata alla motivazione[1]. Sul punto specifico appare particolarmente interessante l’ordinanza n. 19961 del 6 ottobre 2015, dove la Corte di Cassazione ha affermato sostanzialmente tre principi, l’autorizzazione alle indagini finanziarie non va allegata, né esibita, né motivata[2]:
- “In tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione prescritta dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, 51, comma 2, n. 7 …… ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione; pertanto, la mancata esibizione della stessa all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’Ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente” (Cass. n. 16874/2009);
- “l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi, non solo perchè in relazione ad essa la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto invece stabilito per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, ma anche perchè la medesima, nonostante il “nome