la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento non coinvolge l’IRAP, imposta per la quale non sono previste specifiche fattispecie di reato tributario
Con l’ordinanza n. 1425, depositata in data 19 gennaio 2018, la Corte di Cassazione ha confermato che per le violazioni ai fini Irap non è applicabile il cosiddetto raddoppio dei termini per l’accertamento, non essendo ricompresa detta imposta tra le ipotesi delittuose di cui al D.Lgs.n.74/2000, che configurano un reato penale tributario. A ritenere diversamente si contrasterebbe anche con il divieto, previsto a livello costituzionale, di analogia in ambito penale.
Per la Corte, l’unico motivo con il quale si deduce l’errore in diritto in cui sarebbe incorso il Giudice di appello a ritenere non applicabile l’istituto del raddoppio dei termini all’IRAP “è manifestamente infondato, alla luce del principio per cui ‘non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis’ (cfr. Cass. n. 20435/2017; n. 4775/2016, n. 26311 del 2017, n. 23629 del 2017)”.
Per i massimi giudici, “l’inapplicabilità di tale termine ‘lungo’ all’Irap discende dal mancato inserimento delle violazioni relativ