La delega di firma degli atti impositivi

nel diritto tributario non esiste una norma generale che disciplini la sottoscrizione degli atti impositivi e questo ingenera spesso dubbi sulla validità delle firme, soprattutto quando la sottoscrizione è effettuata per delega; in questo approfondimento di 12 pagine analizziamo con attenzione come vanno gestite ed esplicitate le deleghe di firma degli atti impositivi ala luce della giurisprudenza tributaria aggiornata; in caso di delega non corretta l’atto può essere nullo

1. La sottoscrizione degli atti tributari

Nel diritto tributario non esiste una norma generale che disciplini la sottoscrizione degli atti impositivi, ma, come si dirà di seguito, esistono solo alcune norme speciali per determinati tributi e per specifici atti.

 

E’ opportuno precisare che, secondo il testuale disposto dell’art. 15, comma 7, DL 78/2009, “La firma autografa prevista sugli atti di liquidazione, accertamento e riscossione dalle norme che disciplinano le entrate erariali amministrate dalle agenzie fiscali…può essere sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile dell’adozione dell’atto, in tutti i casi in cui gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati”.

Con provvedimento dei Direttori delle Agenzie Fiscali, nell’anno 2010 sono stati individuati gli atti ai quali ha riferimento la norma, onde si ritiene sufficiente la mera indicazione a stampa per individuare il soggetto che abbia emesso l’atto.

Per gli avvisi di accertamento, l’art. 42 del DPR 600/73, che disciplina l’accertamento delle imposte dirette, richiede, a pena di nullità, la sottoscrizione (sostituibile dalla indicazione a stampa, come sopradetto), del Capo dell’Ufficio, ovvero del Direttore Provinciale, o del Funzionario della carriera direttiva da lui delegato.

La nullità dell’Avviso di accertamento prevista dal cit. art. 42 per le imposte dirette è estesa anche all’IRAP, atteso il rinvio di cui all’art. 25, primo comma, Dlgs n. 446/97, all’IVA, stante il rinvio di cui all’art. 56, primo comma, DPR n. /72 (v. anche Cass. 14942/2013), nonché all’imposta di registro per il rinvio disposto dall’art.52/3 del DPR n. 131/86, ed alle imposte sulle successioni, ipotecarie e catastali, per il rinvio di cui agli artt. 49 del /Dlgs n. 346/90 e 13 del Dlgs n. 347/90.

Per gli atti di riscossione non esiste una norma che disponga che siano firmati dal funzionario competente.
Infatti, l’art. 6 del DM n. 321/99 non prevede la sottoscrizione tra i requisiti minimi della cartella e la prevalente giurisprudenza afferma che essa deve essere redatta secondo il modello predisposto con Decreto del MEF, operando la presunzione di provenienza dall’autorità che risulta averla emessa (Cass. n. 13461/2012).
Per il ruolo, invece, esiste una norma specifica, l’art.12, comma 4 del DPR n. 602/73, secondo la quale “il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”.

E’ da ritenere condivisibile l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale è da ritenere nulla la cartella nel caso in cui l’ente impositore non produca il ruolo debitamente sottoscritto per contrastare l’eccezione del contribuente relativa alla omessa sottoscrizione del ruolo stesso (CTP Enna n. 88/3/14 e CTR L’Aquila n. 1296/6/14).

2. Nozione di delega e norme di riferimento

La delega amministrativa è un provvedimento amministrativo con cui un organo trasferisce ad altri l’esercizio di potestà o facoltà inerenti a diritti di sua spettanza.
L’istituto della delega amministrativa viene annoverato tra i meccanismi di deroga alla sfera delle attribuzioni e competenze disciplinate e individuate dal legislatore ed è, pertanto, ammissibile solo nei casi in cui sia espressamente prevista dalla legge e conferita con atto scritto. Mediante la delega l’autorità delegante demanda al delegato esclusivamente l’esercizio dei poteri, senza perderne la titolarità e conservando nell’attività delegata poteri di ingerenza, quali quelli di direttiva, di sorveglianza e di avocazione. Per effetto della delega, il delegato viene a trovarsi, rispetto all’esercizio del potere, nella medesima posizione del delegante, sicché esercita il potere in nome proprio e gli atti compiuti nell’espletamento dell’attività delegata sono a lui imputabili.

La giurisprudenza risalente ha recepito il concetto di delega elaborato dalla dottrina affermando che “la delegazione è un rapporto giuridico caratterizzato da ciò che una figura soggettiva (ente o organo delegante) titolare di un determinato potere o complesso di poteri finalizzati alla cura di determinati interessi pubblici (funzione), attribuisce ad altra figura soggettiva (delegato) con proprio atto (atto di delegazione o più semplicemente delega) l’esercizio del potere stesso, definendone la durata, le modalità, gli obiettivi… la delega trasferisce al titolare l’esercizio del potere che…viene esercitato dal delegato in nome proprio…per cui è lui ad esserne direttamente responsabile” (Cass. n.7672/1998).
Si parla anche di delega interorganica, quando si verifica uno spostamento di competenze da un organo ad un altro all’interno della stessa struttura amministrativa (per es., delega dal prefetto al questore; dal sindaco agli assessori), e di delega intersoggettiva, quando ha luogo un trasferimento di competenze tra soggetti diversi (per es., nei casi previsti dall’art. 118 Cost., prima della riforma attuata con l. cost. n. 3/2001, in virtù del quale lo Stato poteva delegare alle regioni l’esercizio di sue funzioni amministrative, e queste, a loro volta, alle province, ai comuni e ad altri enti locali).

In base alla l. n. 59/1997 e al Dlgs n. 112/1998 molte funzioni amministrative possono essere direttamente conferite (tramite trasferimento, delega o attribuzione) alle regioni e agli enti locali. Quest’ultima tipologia di delega rappresenta un vero e proprio decentramento di attribuzioni, con conseguente applicazione delle regole proprie di tale fattispecie organizzatoria, e non una mera delegazione amministrativa. In quest’ultima ipotesi, infatti, il delegante perde ogni potere di agire sull’attività delegata, finché il potere delegato non sia stato compiutamente esercitato, o non vi sia stata una revoca della delega.
In merito al regime giuridico applicabile agli atti posti in essere dal delegato, la giurisprudenza, al contrario della dottrina, ritiene che l’atto del delegato possa essere impugnato davanti al delegante tramite il ricorso gerarchico, e per quanto concerne la validità degli atti del delegato in presenza di un vizio dell’atto di delega, sono considerati validi solo gli atti che producono effetti favorevoli nella sfera giuridica dei terzi.

Dalla delega amministrativa deve distinguersi la delega di firma, in virtù della quale un soggetto è autorizzato ad adottare un provvedimento per il delegante. In virtù di tale meccanismo, invalso nell’organizzazione ministeriale fino alla separazione delle funzioni di indirizzo, attribuite all’organo politico, da quelle di gestione, attribuite alla dirigenza, (d.lgs. n. 29/1993, art. 3), tutti gli atti potevano essere adottati anche dall’alta dirigenza «per delega del ministro».

E’ stato sottolineato dalla giurisprudenza (Cass. n. 6882/2000 e n. 6113/2005) che con la delega di firma “il delegante, mantenendo la piena titolarità dell’esercizio di un determinato potere, delega ad altro organo o funzionario non titolare dell’organo, il compito di firmare gli atti di esercizio di esso, onde l’atto firmato dal delegato resta imputato all’organo delegante”.

La delega di poteri (o di funzioni) si differenzia altresì dal c.d. ordine di servizio poiché, mentre quest’ultimo contiene unicamente norme interne con cui il titolare dell’ufficio ripartisce tra i propri dipendenti le mansioni che ciascuno di essi deve svolgere, la delega ha la funzione di far conoscere all’esterno le deroghe alla competenza disposte dal capo dell’ufficio: il primo ha rilevanza meramente interna e può rivestire anche la forma orale, mentre la seconda ha rilevanza esterna (v.Cass. n.14942/2013), deve rivestire la forma scritta e deve presentare tassativamente alcuni requisiti (nominativo del delegato, termine di efficacia, indicazione specifica dei motivi che la giustificano ecc.).

In ogni caso, nello stesso atto, a prescindere dalla qualificazione che gli sia data, possono essere contenuti sia l’ordine di servizio che la delega, purchè siano presenti i requisiti tassativamente previsti per la delega.

Nel diritto tributario l’istituto della delegazione trova disciplina in varie norme, alcune di ordine generale ed altre specifiche.

Le norme di carattere generale sono le seguenti:
1) l’art. 97, II comma, della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”;
2) l’art. 5, II comma, della Legge n. 212/2000: “L’amministrazione finanziaria deve portare a conoscenza del contribuente tempestivamente e con i mezzi idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate, nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti“;
3) l’art. 10, comma I, della Legge n.212/2000: “I rapporti tra contribuente ed amministrazione sono improntati al principio della collaborazione e buona fede”.
Le norme che hanno specifico riferimento all’istituto della delegazione sono le seguenti:
1) l’art. 17, comma 1 bis, Dlgs n. 165/2001: “I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d), ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l’art. 2103 del codice civile”;
2) il Decreto Legislativo n. 300/1999 che, congiuntamente allo Statuto dell’Agenzia al quale espressamente rinvia, dettando disposizioni per la regolamentazione delle Agenzie fiscali, all’art.68 prevede che: “Il Direttore rappresenta l’Agenzia e la dirige, emanando tutti i provvedimenti che non siano attribuiti, in base alle norme del presente decreto legislativo o dello statuto, ad altri organi”;
3) lo Statuto dell’Agenzia, approvato con delibera del Comitato Direttivo n. 6/2000 e aggiornato con delibera n.11/2011, che all’art.13, comma 1, dispone che l’Agenzia è articolata in uffici centrali e periferici, come da regolamento;
4) il Regolamento di amministrazione dell’Agenzia, approvato con delibera del Comitato Direttivo  n. 4/2000, e aggiornato con delibera n.57 del dicembre 2012, che all’art.5, comma 5, dispone che  “Le Direzioni Provinciali sono uffici di livello dirigenziale” e precisa nel successivo comma 6 che “Gli avvisi di accertamento sono emessi dalla Direzione provinciale e sono sottoscritti dal relativo direttore o, per delega di questi, dal direttore dell’ufficio preposto all’attività accertatrice ovvero da altri dirigenti o funzionari, a seconda della rilevanza e complessità degli atti”;
5) gli artt. 42, commi 1 e 3, e 61, comma 2, del DPR n. 600/73 che rispettivamente dispongono il primo che “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti di ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato…”,   “L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo”  e il secondo che “La nullità dell’accertamento ai sensi del terzo comma dell’art.42…deve essere eccepita…”;
6) l’art. 4 bis, II comma, Decreto Legge n.78/2015 del 19/6/2015 (conv. con mod. in L.125/2015): che dispone che “In relazione all’esigenza di garantire il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa, i dirigenti delle Agenzie fiscali, per esigenze di funzionalità operativa, possono delegare, previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, a funzionari della terza area, con un’esperienza professionale di almeno cinque anni nell’area stessa, in numero non superiore a quello dei posti oggetto delle procedure concorsuali indette ai sensi del comma 1 e di quelle già bandite e non annullate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti, escluse le attribuzioni riservate ad essi per legge, tenendo conto della specificità della preparazione, dell’esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonché della complessità gestionale e della rilevanza funzionale ed organizzativa degli uffici interessati, per una durata non eccedente l’espletamento dei concorsi di cui al comma 1 e, comunque, non oltre il (30 settembre 2017)…”.

 
3. Requisiti della delega per la sottoscrizione degli avvisi di accertamento

Come risulta dal testuale disposto dell’art. 42 del DPR n. 600/73, l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o del funzionario da lui delegato. E’, pertanto, di tutta evidenza che se l’atto non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio si richiede l’esistenza di una valida delega per il funzionario che ha sottoscritto l’atto, funzionario che deve rivestire una determinata qualifica e deve presentare specifici requisiti.

L’atto di delegazione, pur costituendo un atto endoprocedimentale finalizzato all’emissione dell’avviso di accertamento, ha valenza esterna poiché “l’esistenza e la validità della delega possono essere contestate e verificate in sede giurisdizionale…implicando l’indagine un controllo…sulla legittimità dell’esercizio della funzione amministrativa…” (Cass.n. 14195/2000); esso, pertanto, deve possedere i requisiti richiesti dalla legge, ovvero dall’art.17, comma 1 bis, Dlgs n. 165/2001 e dalla norma speciale di cui all’art. 4 bis, D.L. n. 78/2015 (conv. in L. n. 125/2015).

In particolare, dall’art.17 cit. risulta l’elenco delle funzioni delegabili, tra le quali è ricompresa quella relativa alla emissione degli avvisi di accertamento. Dal comma 1 bis dell’art. 17, inoltre, che la delega può essere conferita solo per un periodo di tempo precisamente determinato (che l’art. 4 cit. fissa nel 31 dicembre 2016, termine poi prorogato al 31/12/2017), in presenza di specifiche e comprovate esigenze di servizio e deve rivestire la forma di atto scritto e motivato contenente le generalità, la qualifica e le funzioni del delegato.

Ben si intende, quindi, che la motivazione deve indicare le specifiche esigenze di servizio che, pertanto, non potranno giammai consistere nella generica menzione di migliore funzionalità del servizio.

Se è pur vero, infatti, che nell’art. 4 bis è adoperata l’espressione generica “per esigenze di funzionalità operativa” è evidente che, anche nel rispetto della disposizione di cui al citato comma 1 bis dell’art.17 cit., in ogni singolo provvedimento di delega devono essere indicate le specifiche esigenze che indussero il capo dell’ufficio a ricorrere alla delega (quali carenza di personale in relazione all’organico, assenza, vacanza, malattia ecc. – v. Cass. n. 22803/2015).

Sono poi previsti specifici requisiti che deve possedere il funzionario delegato.
Sempre l’art.17, comma 1 bis cit., dispone, infatti, che la delega può essere conferita “a dipendenti che ricoprano le posizioni più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidati”, mentre la norma speciale di cui all’art. 4 bis cit. prevede l’esperimento di una procedura selettiva tra funzionari in possesso del diploma di laurea (specialistica o magistrale) e con esperienza professionale di almeno cinque anni nella terza area, fissando anche il numero massimo delle deleghe attribuibili.

Orbene, dalla motivazione della delega devono risultare ben chiari sia i requisiti e presupposti per l’emissione della stessa, sia i requisiti dei delegati ed il metodo seguito per la scelta degli stessi.

E’ la stessa Agenzia delle Entrate che nelle già citate “Linee guida per il conferimento delle deleghe di funzioni” precisa che “La delega è conferita con atto scritto e motivato, secondo i canoni generali di correttezza e buona fede cui sono soggette le determinazioni assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro ai sensi dell’art.5, comma 2, del dlgs n.165/2001. Il rispetto di tali canoni può essere verificato mediante la motivazione degli atti di conferimento delle deleghe, dalla quale deve emergere – ai fini del riscontro dell’oggettività e della trasparenza richieste dall’art. 4 bis per la procedura selettiva – il percorso logico di valutazioni comparative seguito dal delegante per l’individuazione del funzionario delegante”.

 

4. Eccezione di nullità derivata dall’avviso d’accertamento per nullità della delega

 
Come è ben noto, la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, sicchè negli atti dell’A.F. rilevano non solo gli aspetti sostanziali per la determinazione del quantum, ma anche gli aspetti procedurali il cui difetto, anche se parziale, può determinare la nullità dell’atto conclusivo del procedimento.

In particolare, per quanto concerne gli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 42 del DPR n. 600/73 (applicabile tuttavia anche all’IRAP e all’IVA, nonché alle imposte di registro, di successione, ipotecarie e catastali), ne prevede espressamente la nullità se non recano, tra l’altro, “la sottoscrizione…di cui al presente articolo”, ovvero se non sono “sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”, disposizione che è integrata da quella contenuta nell’art. 61, II comma, dello stesso DPR n. 600/73, che dispone che la detta nullità “deve essere eccepita, a pena di decadenza, in primo grado”.

E’ bene precisare che la delega deve essere valida ed efficace poiché, come pacificamente ritenuto dalla Suprema Corte, “non soddisfa il requisito di sottoscrizione, previsto a pena di nullità, dalla legge, la firma di un soggetto non validamente ed efficacemente delegato, in quanto il soggetto istituzionalmente competente a sottoscriverli è solo il capo dell’ufficio emittente” (Cass. n. 25280/2015).

Invero, l’avviso di accertamento è un atto della P.A. avente rilevanza esterna, pertanto la sottoscrizione dello stesso da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ad emetterlo (ovvero il capo dell’ufficio) o da parte di un soggetto da esso non validamente ed efficacemente delegato, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42 del DPR n. 600/73 (v. Cass. n. 14195/2000).

Prima, però, di esaminare le ipotesi di nullità della delega, è opportuno premettere un breve cenno sulla sanzione della nullità degli atti tributari, poiché essa ha regime diverso dalla nullità degli atti amministrativi in genere.
Infatti, mentre il regime normativo dei vizi di nullità dell’atto amministrativo in genere trova disciplina negli artt. 21 septies della L. n. 241/1990 e 31, comma 4, del Dlgs n. 104/2010 c.p.a, che prevedono un’azione di nullità sottoposta a termine di decadenza e il potere del Giudice Amministrativo di rilevazione di ufficio, nell’ordinamento tributario le norme generali sul procedimento amministrativo sono applicabili solo in quanto non derogate o non incompatibili con le norme speciali di diritto tributario, che ricomprendono nella categoria della nullità tributaria tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell’atto tributario e li riconducono tutti nella categoria della annullabilità, onde essi devono tutti essere fatti valere mediante il ricorso, che deve essere proposto nel termine di decadenza di cui all’art. 21 del Dlgs n. 546/923.

Consegue, quindi, che il provvedimento tributario, anche se affetto dal  vizio di nullità, ove non impugnato tempestivamente si consolida e legittima l’A.F. a riscuotere il tributo.
Tanto premesso, in ordine alla necessaria rilevabilità del vizio del provvedimento tributario mediante ricorso giurisdizionale da proporsi nel termine decadenziale di giorni 60 dalla notificazione dello stesso (art. 21 del Dlgs n. 546/92), al fine di evitare l’insorgere di equivoci relativi alla eventuale applicabilità, in caso di delega viziata, dell’art.21 octies comma 2 secondo il quale “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato”, è bene mettere in evidenza che la disposizione di cui al predetto art. 21 octies non è applicabile al provvedimento tributario impositivo.

E’ da escludere, infatti, che l’atto tributario impositivo possa considerarsi atto vincolato, poiché se è pur vero che esso riveste natura vincolata in ordine all’an debeatur, nel senso che l’A.F., in presenza di un valido presupposto impositivo, ha il dovere di esercitare il proprio potere per il recupero del credito erariale, è pur sempre sussistente la c.d. discrezionalità tecnica (Cass. S.U. n. 5445/12 e n. 3142/14) in quanto l’atto può presentare margini di valutazione tecnica nella rilevazione e accertamento del fatto presupposto, cui la legge ricollega l’esigenza di provvedere, oppure può condizionare in modo variabile il suo contenuto dispositivo in relazione alle diverse caratteristiche e qualificazioni giuridiche del fatto presupposto come in concreto rilevato.

Premesso pertanto che, titolare del potere di emissione dell’avviso di accertamento è il capo dell’ufficio onde, salvo i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, I comma, lett. a) e b) del DPR n. 266/1987, per il direttore tributario il solo possesso della qualifica non è titolo sufficiente per l’emissione degli avvisi, essendo espressamente richiesta la delega ex art. 42 del DPR n. 600/73,  si indicano di seguito i requisiti essenziali della delega, che possono essere raggruppati secondo che riguardino il soggetto delegato o il provvedimento di delega, e il cui difetto, se eccepito tempestivamente (ex artt. 42, terzo comma, e 61, secondo comma del DPR n. 600/73), ovvero con il ricorso in primo grado (che ex art.21, primo comma, deve essere proposto entro giorni 60 dalla notifica dell’avviso di accertamento), comporta la nullità dell’avviso stesso.   

Il funzionario delegato deve innanzitutto essere indicato con il nome ed il cognome. Inoltre, come testualmente risulta dall’art. 42 del DPR n. 600/73, deve essere “un impiegato della carriera direttiva”, ovvero appartenere alla c.d. terza area, poiché per le Agenzie Fiscali la vecchia carriera direttiva va oggi individuata nella terza area che ha assorbito la vecchia nona qualifica funzionale (v. Cass. n.18758/2014 e n. 22800/2015). Deve, inoltre, essere munito di laurea (vecchio ordinamento, specialistica o magistrale, esclusa quella triennale) ed avere un’esperienza professionale di almeno cinque anni nella terza area.

Secondo la previsione della legge speciale (art.4 bis del DL n. 78/2015), la delega è attribuita previo esperimento di una procedura selettiva tra i funzionari che, in possesso dei requisiti prescritti, abbiano manifestato la propria disponibilità ad assumere la delega.

Secondo quanto ritenuto dalla stessa Agenzia delle Entrate (v. Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale del Personale – Linee Guida per il conferimento di funzioni- 17/11/2015), sia i requisiti del delegato che il criterio seguito dal delegante per l’individuazione del delegato , devono risultare dalla motivazione dell’atto di conferimento.

Per quanto concerne la delega, essa deve consistere in un provvedimento avente forma scritta, emesso in data anteriore a quella dell’avviso di accertamento al quale si riferisce, e deve essere conferita fino ad un termine precisamente determinato (che la legge speciale – art. 4 bis cit.- fissa al 31/12/2016, poi prorogato al 31/12/2017).
Dal testuale disposto dell’art.17, comma 1 bis, del Dlgs n. 165/2011 risulta poi che la delega deve contenere la motivazione nella quale devono essere esplicitate, oltre quanto già indicato relativamente al delegato, le “specifiche e comprovate ragioni di servizio” che la giustificano.

E’ pur vero, infatti, che la legge speciale (art. 4 bis cit.), quanto alla giustificazione delle deleghe, contiene un generico riferimento alle “esigenze di funzionalità operativa”, ma non sembra possa essere messo in dubbio che nella motivazione dovranno essere precisamente indicate in cosa consistano le esigenze predette, poiché, diversamente si sarebbe in presenza di una motivazione estremamente generica, ovvero di una  non motivazione, che contrasterebbe, oltretutto, con quanto disposto dal predetto art. 17, in base al quale le esigenze di servizio devono essere specifiche e comprovate.

Il delegante, pertanto, ha l’obbligo di indicare nella motivazione dell’atto di delega se, ad es., la delega è conferita per fronteggiare una temporanea carenza di personale in rapporto all’organico previsto, oppure  un carico eccezionale di lavoro sopraggiunto rispetto a quello ordinario, ecc.
La delega deve, inoltre, contenere l’indicazione dei poteri specifici che sono conferiti al delegato e che possono essere delimitati, ad esempio, con l’indicazione dei valori minimi e massimi delle somme relative ai tributi richiesti con gli avvisi di accertamento o con altri determinati criteri.

5. L’avviso è nullo se chi l’ha sottoscritto ha una delega generica (Cassazione n. 15871/2017)

5.1. Fatto

Un contribuente impugnava un avviso di accertamento emesso per maggiori IRES, IRAP e IVA dovute in relazione all’anno d’imposta 2006, a seguito di disconoscimento dei costi correlati a fatture emesse da una terza impresa in quanto riferite, secondo l’Ufficio, a operazioni inesistenti.
I giudici di primo grado avevano respinto il ricorso del contribuente e, invece, i giudici di appello riformavano la sentenza, accogliendo il gravame del contribuente e dichiarando nullo l’atto impositivo in quanto sottoscritto da funzionario della carriera direttiva non specificamente delegato dal direttore delle Agenzia delle Entrate. In giudizio, infatti, l’Agenzia delle Entrate aveva prodotto, a fronte della contestazione mossa dal contribuente, “un atto di delega non nominativo, ovvero in bianco”.

L’Agenzia delle Entrate proponeva, quindi, il ricorso per Cassazione, lamentando la violazione e/o falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., n.3) del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, art. 21 octies e 21 nonies.

Il Fisco sosteneva che la specificazione del nome del delegato non è un requisito richiesto a pena d’invalidità della delega di firma, coincidendo, nella specie, il delegato con la persona fisica che ricopre il ruolo di responsabile dell’articolazione interna al momento della sottoscrizione dell’atto impugnato.

5.2 La sentenza della Suprema Corte

Il Supremo Consesso, con sentenza n. 12960/2017, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribadendo quanto recentemente precisato in un’altra pronuncia (Cass. n. 22803/2015).
In particolare, La Suprema Corte afferma che “in tema di accertamento tributario, la delega di firma o di funzioni di cui all’art. 43 del D.P.R. N. 600 del 1973, deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo, sicchè non può consistere in un ordine di servizio in bianco,che si limiti a indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore”.

Di conseguenza, la Cassazione ha ritenuto nella controversia esaminata la delega nulla, in quanto, come già rilevato, “priva del nominativo del dirigente delegato, non potendo la delega essere fatta per relationem con riferimento a un soggetto incerto”.
La Suprema Corte continua sostenendo che i capi ufficio o i capi team possono essere tali al momento della delega ma non esserlo più al momento della sottoscrizione degli atti impositivi e “[…] non potendo essere sostituiti dai soggetti eventualmente subentranti, neanche individuabili al momento del conferimento della delega, a cui non può riconoscersi ultrattività con riferimento ai possibili mutamenti di qualifica dei soggetti individuati…”, possono essere individuati al momento del conferimento della delega solo per relationem, con riferimento all’incarico ricoperto.

La c.d. delega in bianco, priva del nominativo del soggetto delegato, “deve essere considerata nulla non essendo possibile verificare agevolmente da parte del contribuente se il delegatario avesse il potere di sottoscrivere l’atto impugnato e non essendo ragionevole attribuire al contribuente una tale indagine amministrativa al fine di verificare la legittimità dell’atto”.

Solo in diversi contesti fiscali, quali a esempio la cartella esattoriale (v. Cass. n.13461/2012), il diniego di condono (Cass. nn.11458/12 e 220/14), l’avviso di mora (Cass. n. 4283/10), l’attribuzione di rendita (Cass. n. 8248/06), in mancanza di una sanzione espressa, “opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato; mentre, per i tributi locali, è stata ritenuta valida anche la mera firma stampata, ex L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 87 (Cass. n. 9627/12)”.

6.Se il funzionario è incerto l’accertamento è nullo (Cassazione n.12960/2017)

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione contro la sentenza resa dalla CTR Sicilia che ha confermato la decisione di primo grado, annullando l’avviso d’accertamento in quanto affetto da nullità per illegittimità della delega conferita al sottoscrittore dell’atto.
Il Supremo Consesso, con sentenza n. 15781/2017, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate per le ragioni di seguito esposte.

La Corte di Cassazione, nella predetta pronuncia, ribadisce fermamente che “…l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo d’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Tale delega può essere conferita con atto proprio o con ordine di servizio”, ma deve essere indicato, unitamente alle ragioni della delega, il termine di validità e il nominativo del soggetto delegato.

La Suprema Corte continua precisando che, sia nel caso di delega di firma che nel caso di delega di funzione,non è sufficiente “…l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega,senza alcun riferimento nominativo alla generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta. Sono perciò illegittime le deleghe impersonali, anche “ratione officii” prive d’indicazione nominativa del soggetto delegato. E tale illegittimità si riflette sulla nullità dell’atto impositivo-cfr. Cass. n. 25017/2015-, fermo in ogni caso l’onere dell’Amministrazione di fornire la prova, in caso di contestazione, della valida delega conferita al sottoscrittore” (v. anche Cass. n. 18758/2014; Cass. n. 12871/2016; Cass. n. 9736/2016; Cass. n. 22800/2015).

7. L’onere della prova del corretto esercizio del potere di delega è in capo all’Amministrazione Finanziaria

 

In un sistema trasparente ed equilibrato, gli elementi costitutivi dell’atto sostanziale sottoposto a giudizio, sono già noti in partenza poiché un processo giusto nasce inevitabilmente dal procedimento completo.
In riferimento alla delega, con un recente pronuncia (Cass., sez. trib., 2 dicembre 2015, n. 24492) la Suprema Corte afferma che nell’individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’avviso di accertamento, “…incombe all’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega”, quale “effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale della nullità dell’avviso di accertamento”.
La sanzione della nullità dell’avviso di accertamento, in caso di trasgressione del corretto esercizio del potere di delega, è comminata solo in caso di contestazione (Cass. sez. trib., 10 novembre 2000 n.14626).

La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, precisato in un altro arresto che in nome del principio della leale collaborazione sancito dall’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e di quello di vicinanza della prova, l’A.F. deve “assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati (art. 6 dello stesso Statuto)” (Cass.sez,trib. 5 settembre 2014, n.18758).

Sulle caratteristiche della delega all’emanazione del provvedimento autoritativo, la Sezione Tributaria della Suprema Corte si è soffermata con le sentenze nn. 22800 e 22810 del 9 novembre 2015, affermando che incombe sulla Pubblica Amministrazione, che ha immediato e facile accesso ai propri dati, l’onere di fornire la prova del possesso dei requisiti soggettivi indicati dalla legge, sia del delegante che del delegato, nonché dell’esistenza della delega in capo al delegato.

Da ciò emerge, nuovamente, che l’Ufficio Tributario, pendente iudicio, ha l’onere di provare “il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega da parte del titolare dell’ufficio”, purchè però emerga dagli atti di causa che il privato abbia quanto meno “invitato l’Amministrazione a dichiarare quale fosse la qualifica del soggetto delegante e/o del soggetto firmatario dell’atto fiscale” (Cass. n. 22803/2015).

Il Supremo Consesso, in un’altra pronuncia (Cass. n. 18758/2014), chiarisce che la sanzione di nullità “… trova giustificazione nel fatto che gli avvisi di accertamento costituiscono la più complessa espressione del potere impositivo e incidono con particolare profondità nella realtà economica e sociale, discostandosi e contestando le affermazioni del contribuente”, così da richiedere un rafforzamento delle “qualità professionali di chi emana l’atto le quali integrano una essenziale garanzia per il contribuente”.

La garanzia della sanzione accordata al contribuente vale solo nell’ambito dell’imposizione diretta mentre, in altri contesti fiscali, opera, in mancanza della sanzione, ”la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio è adottato” (Cass., Sez. VI, 8 novembre 2012, n.19379).

28 dicembre 2017

Maurizio Villani e Lucia Morciano

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sull’argomento si veda anche: Delega di firma: l’eccezione va fatta in primo grado