Niente IRAP per il Commercialista che svolge attività di sindaco revisore

secondo la Cassazione il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perché è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata

Lo studio commercialistico ha avuto ragione per il “rimborso dell’Irap versata per la parte di attività scindibile e rivolta alla partecipazione dei professionisti ai collegi sindacali di società terze”.

In fatto, l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR friulana, che il 28.1.2014 ha riformato la decisione della CTP Pordenone e ha accolto la domanda dello Studio Commercialistico, laddove essa è diretta a ottenere il rimborso dell’IRAP versata per la parte di attività scindibile e rivolta alla partecipazione dei professionisti ai collegi sindacali di società terze.

Secondo la Cassazione, sez. VI, civ.trib., ordinanza n.1712 del 23.01.2017, l’Agenzia delle Entrate ricorrente, erroneamente censura (per violazione degli artt.2, 3 del d.lgs. 446/97, degli artt.50 e 53 Tuir e dell’art.2697 c.c.), la sentenza d’appello (della CTR friulana del 28.01.2014) laddove stima l’attività di sindaco “estranea all’attività professionale”, “assimilata al lavoro dipendente” e “svolta con l’ausilio della struttura del soggetto societario del quale il sindaco è organo sociale”, con consequenziale “scindibilità dell’imponibile” del relativo professionista perché priva del requisito dell’autonoma organizzazione.

La Cassazione ha affermato che l’assunto del giudice di merito si pone in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cassazione n.4246/2016 (e sent. ivi cit.) nel senso che il commercialista, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perché è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; il che non si verifica nelle specie in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza.

Già, con la sentenza n.10594/2007, n.15803/2011 e n.3434/2012, la Cassazione ha chiarito (con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico) che non sia soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati.

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Ancora, la Cassazione – civile, sezione VI, con l’ordinanza n.22138, del 02.11.2016, ha deciso che il commercialista che nell’attività professionale svolge anche incarichi di amministratore, sindaco e revisore in società non paga l’Irap su questi compensi, se risulta possibile scorporare in concreto le diverse categorie di compensi conseguiti. 

In fatto, un commercialista ha presentato un’istanza di rimborso dell’Irap, nella quale, in via subordinata, aveva richiesto almeno la restituzione dell’imposta versata sui compensi percepiti quale componente di collegi sindacali. 

La Ctr della Sardegna ha rilevato che tale attività non era svolta in via esclusiva, ma unitamente all’attività professionale e pertanto l’imposta era dovuta. 

Il commercialista ha presentato ricorso per Cassazione contro la decisione lamentando un’errata interpretazione della norma. 

La Cassazione ha precisato che non è soggetto ad Irap quel “segmento” di ricavo netto consequenziale a tali attività.  Tuttavia ciò è possibile solo se, in concreto, si riescono a scorporare le diverse categorie di compensi conseguiti, al fine di verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati (si vedano Cassazione 10594/2007, 15893/2011, 3434/2012).

Tale riscontro, poi, spetta al giudice di merito ed il suo giudizio sul punto è insindacabile in sede di legittimità, solo se adeguatamente motivato.

Nello specifico, il collegio d’appello si era limitato ad affermare che l’attività di sindaco non era svolta in via esclusiva, ma unitamente alla professione ordinaria e da qui ne è discesa la conclusione che ci fosse l’autonoma organizzazione. 

I giudici della Cassazione hanno precisato che è possibile “diversificare” l’assoggettabilità a Irap in relazione al tipo di compenso percepito, con la conseguenza che risulterà quanto meno opportuno che il professionista gestisca la propria contabilità separando le attività per le quali non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione. 

La Cassazione ha affermato che l’assunto impugnatorio dalla parte contribuente si pone in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cassazione n. 4246/ 2016 (e seni. ivi cit.) nel senso che:

  1. l’attività del commercialista non è soggetta a IRAP se manchi l’autonoma organizzazione, che sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi; il che accade perchè la capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella personale del professionista sconta l’imposizione per il “surplus” di quanto ottenuto mercé una struttura organizzativa che sia servente rispetto all’opera intellettuale svolta con le proprie conoscenze e gli strumenti minimi indispensabili.
  2. Il commercialista, dunque, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perchè è soggetta a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell’opera individuale; il che si verifica in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per se stesso il requisito dell’autonoma organizzazione.

Nella specie il giudice d’appello si è limitato ad affermare che l’attività in questione non è stata “svolta in via esclusiva… ma unitamente alla sua attività professionale” e che non risulta che il contribuente “non abbia utilizzato la propria autonoma organizzazione”, così trascurando anche i rilievi fattuali avanzati nel giudizio di merito e riprodotti in ricorso, soprattutto laddove si precisa che i compensi ulteriori erano per cariche sociali presso aziende terze e incidevano sull’imposizione complessiva di €.46.612 per la quota assolutamente predominante di €.29.979 (ric. pag. 2 e 7).

I giudici di legittimità hanno così rilevato un’omessa valutazione degli elementi e pertanto hanno rinviato a un’altra sezione della Ctr. 

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La Cassazione, nel caso analizzato, ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate in quanto “l’attività in discussione era svolta:

  1. singolarmentee separatamente da quella espletata all’interno dell’associazione professionale;
  2. senza ricorrere ad un’autonoma struttura organizzativa”.

 

In sostanza, nel caso esaminato, non sussisteva il requisito dell’autonoma organizzazione.

Dunque, se pure è necessario valutare caso per caso se l’attività specifica a cui si riferisce il ricorso è “distaccabile” dal resto dell’attività e viene svolta senza il supporto di altri, allora mancando il requisito dell’autonoma organizzazione, l’attività non è soggetta ad IRAP.

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È da dire che, sulla questione dell’IRAP dei piccoli, una parte della magistratura ha creato dei precedenti, mentre l’Agenzia delle Entrate non ha mai dato dei chiarimenti univoci per tutte le fattispecie.

Si evidenzia che l’elemento discriminatorio, per vedere se si è assoggettati o no ad Irap, è rappresentato dal requisito dell’autonoma organizzazione. 

Tale requisito non sussiste quando i profitti che si producono dipendono dal proprio lavoro individuale e non dal supporto di altri soggetti, siano essi soci o dipendenti. 

La Cassazione ha affermato che il requisito dell’autonoma organizzazione sussiste nel caso di lavoro autonomo in questi casi:

  • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  • impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che secondo l’id quod plerumque accidit costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività . anche in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.

Inoltre non rileva ai fini dell’autonoma organizzazione, e quindi dell’imponibilità IRAP “l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico”.

Riguardo ai commercialisti che svolgono anche l’attività di sindaco e revisore, come sopra evidenziato, la Cassazione ha stabilito che qualora i commercialisti con l’incarico di sindaciamministratori o revisori agiscano all’interno di un’associazione professionale, i compensi relativi a tali attività specifiche non saranno soggetti ad IRAP se riescono a dimostrare che i profitti derivanti da queste attività specifiche sono scorporabili dal resto dell’attività professionale. 

 

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23 dicembre 2017

Antonino Pernice