NASpI e casi di compatibilità con altre tipologie di reddito

la NASpI è uno strumento estremamente utile nel caso di involontaria perdita di lavoro, ma comporta anche una preliminare verifica in ordine alla posizione soggettiva del lavoratore che richiede il beneficio: sono infatti numerose sono le casistiche da tenere in considerazione per evitare di incorrere nella decadenza dal diritto alla prestazione e nel rischio di dover restituire quanto percepito

L’indennità definita come “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego”, istituita con D.Lgs. n. 22/2015, è uno strumento estremamente utile nel caso di involontaria perdita di lavoro, ma comporta anche una preliminare verifica in ordine alla posizione soggettiva del lavoratore che vuole fare domanda: infatti numerose sono le casistiche da tenere in considerazione per evitare di incorrere nella decadenza dal diritto alla prestazione e nel rischio di dover restituire quanto percepito. Con il presente contributo, dopo una iniziale disamina dell’istituto in questione, si procede all’analisi di tutte le condizioni di compatibilità/incompatibilità della NASpI con altre tipologie di reddito.

NASpI, caratteristiche e modalità

Il D.Lgs. n. 22/2015, entrato in vigore il 7 marzo dello stesso anno, ha recato disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione di quanto previsto dalla Legge n. 183/2014. L’articolo 1 di tale Decreto introdusse così nel nostro ordinamento la “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego” per i lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il rapporto di lavoro, definita in breve con l’acronimo NASpI. Tale forma di sostegno permette di ricevere una somma, rapportata al totale dei mesi effettivi di contribuzione, la quale consente di sopperire alla perdita del rapporto di lavoro, e consentire in maniera più agevole la ricerca di nuova occupazione.

Allo stato attuale tante sono state le delucidazioni fornite in ordine alla possibilità o meno di percepire di tale sussidio, al punto che anche recentemente l’Istituto Previdenziale ha fornito ulteriori chiarimenti in ordine alla compatibilità o meno della NASpI con altre attività lavorative o altri redditi; ma prima di entrare nel merito di quanto ulteriormente specificato, appare opportuno fare innanzitutto una disamina della disciplina in materia di NASpI, cercando di comprendere modalità di accesso, soggetti interessati, e ammontare dell’indennità.

Decorrenza

La NASpI decorre così:

  • dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno;
  • dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda qualora la domanda sia stata presentata successivamente all’ottavo giorno;
  • dall’ottavo giorno successivo alle date di fine dei periodi di maternità, malattia, infortunio sul lavoro/malattia professionale o di mancato preavviso qualora la domanda sia stata presentata entro l’ottavo giorno, ovvero dal giorno successivo alla presentazione della domanda qualora questa sia presentata successivamente all’ottavo giorno ma nei termini di legge;
  • dal trentottesimo giorno successivo alla data di cessazione a seguito di licenziamento per giusta causa, qualora la domanda sia stata presentata entro l’ottavo giorno successivo al termine di 30 giorni posteriori a tale tipologia di licenziamento, ovvero dal giorno successivo alla presentazione della domanda qualora questa sia presentata successivamente all’ottavo giorno ma, comunque, nei termini di legge.

I soggetti interessati

Tale sussidio è rivolto:
– ad apprendisti, soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative; personale artistico con rapporto di lavoro subordinato; dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni, e lavoratori dipendenti del settore privato.

Non possono accedere alla prestazione:
– dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni; operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, lavoratori che hanno maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, lavoratori titolari di assegno ordinario di invalidità, qualora non optino per la NASpI.

Tali soggetti per godere del periodo di indennità spettante devono dichiarare di aver perso involontariamente la propria occupazione e presentare alcuni specifici requisiti quali:
1. lo stato di disoccupazione, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 150/2015; per accedere all’indennità ci si deve quindi trovare nella casistica di disoccupazione involontaria (si considerano “disoccupati” i soggetti privi di impiego i quali dichiarano la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il CPI).
Non possono accedere i soggetti che abbiano cessato il proprio rapporto di lavoro a seguito di:
o dimissioni;
o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Possono comunque accedere alla NASpI i soggetti che abbiano rassegnato le proprie dimissioni:
o per giusta causa, cioè nei casi in cui esse siano motivate da: circostanze di mancato pagamento della retribuzione, molestie subite sul luogo di lavoro, mobbing o demansionamento, variazione delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone fisiche o giuridiche dell’azienda ovvero spostamento del lavoratore da una sede a un’altra senza che sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, comportamento ingiurioso posto in essere da un superiore gerarchico nei confronti del dipendente;
o durante il periodo tutelato di maternità, anche nel caso di dimissioni volontarie in quanto “la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento” (ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001).
Per quanto concerne invece la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro essa non è ostativa al riconoscimento della prestazione se tale risoluzione è avvenuta a seguito di una procedura di conciliazione tenutasi presso la sede territoriale dell’Ispettorato del Lavoro;

2. almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, per cui sono valide tutte le settimane retribuite purché risulti complessivamente una retribuzione non inferiore ai minimali settimanali;

3. 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione, a prescindere dal minimale contributivo; per effettuare tale verifica bisogna calcolare le giornate di effettiva presenza a lavoro a prescindere dalla loro durata oraria: tali periodi sono indicati nel flusso Uniemens, col codice “S”.

Importo

Constatato che l’indennità spetta sulla base dei mesi e dei periodi di versamento contributivo, si segnala anche che l’indennità è pari al 75% della retribuzione mensile qualora la medesima sia pari o inferiore per l’anno 2017 all’importo di 1195 euro (valore rivalutato annualmente sulla base dell’indice dei prezzi al consumo Istat).

Qualora invece la retribuzione mensile sia superiore a tale importo, la misura della NASpI sarà individuata tenendo conto del 75% dell’importo di 1195 euro, incrementando tale valore di una somma pari al 25% della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo di € 1195. L’importo massimo erogabile è fissato comunque a 1300 euro per l’anno 2017.

Tale assegno, proporzionale alla retribuzione di cui si godeva in costanza di rapporto di lavoro, si riduce però del 3% ogni mese a partire dal 91esimo giorno, fino alla conclusione della fruizione, che equivale a un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, e fino a un massimo di 78 settimane.

NASpI: casi di compatibilità e incompatibilità

Ma l’assegno in esame non può essere erogato in tutte le circostanze, in quanto ci sono casi in cui si verifica una incompatibilità tra tale indennità e altre tipologie di attività generanti reddito. La fonte normativa regolante la compatibilità o meno della stessa con altre tipologie di reddito risiede nel D.Lgs. n. 22/2015 e precisamente agli artt. 9 e 10, che disciplinano le circostanze di compatibilità con il rapporto di lavoro subordinato ovvero con lo svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale. Si prevedono così diverse circostanze:
• compatibilità tra NASpI e altro reddito prodotto;
• sospensione dell’indennità fino al persistere di alcune condizioni;
• conservazione al diritto alla prestazione, con contestuale riduzione dell’importo della NASpI sulla base del reddito derivante dall’altra attività; in tale circostanza, l’indennità sarà ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto derivante dall’altra attività svolta, sempre che il soggetto comunichi all’INPS l’inizio dell’attività ovvero segnali al momento della richiesta della prestazione se l’attività era preesistente, il reddito annuo previsto;
• decadenza dal beneficio della NASpI in concomitanza con lo svolgimento di una certa attività.

In merito alla compatibilità di tale indennità, è opportuno segnalare che nel corso del tempo, allo scopo di chiarire i dubbi sorti, è intervenuto l’Istituto Previdenziale con numerose Circolari operative e chiarificatorie: inizialmente le indicazioni furono fornite con riferimento alla coesistenza di lavoro autonomo e indennità di disoccupazione e altre più comuni casistiche, mentre in seguito si è reso necessario intervenire con delucidazioni in merito alla compatibilità o meno dell’indennità di disoccupazione ad esempio con i compensi derivanti da borse di studio, borse di lavoro stage e tirocini professionali, attività libero-professionale da parte di professionisti iscritti a specifiche casse, ovvero titolarità di Partita Iva. Ciò detto, appare opportuno nel prosieguo fare una disamina delle varie casistiche, segnalando nello specifico se persiste o meno compatibilità con la percezione dell’indennità di disoccupazione NASpI.

Stipula di un contratto di lavoro subordinato

Si prevede espressamente che la NASpI sia compatibile con un rapporto di lavoro subordinato, direttamente dal primo comma dell’art. 9 del D.Lgs. n. 22/2015: infatti “il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi”.

Così se il rapporto di lavoro instaurato è:
• superiore a sei mesi e il reddito che si prevede di ottenere supera il reddito minimo escluso da imposizione fiscale (8145 euro), il diritto a percepire la prestazione decade;
• inferiore a sei mesi e il reddito che si prevede di ottenere supera il reddito minimo escluso da imposizione fiscale (8145 euro), il diritto a percepire la prestazione viene sospeso d’ufficio fino alla conclusione del rapporto sulla base delle comunicazioni obbligatorie necessarie per l’attivazione del rapporto di lavoro, e al termine di tale periodo indennità sarà nuovamente corrisposta per il periodo residuo spettante al momento in cui l’indennità era stata sospesa;
• superiore a sei mesi, ma con previsione di un reddito annuo non superiore al reddito minimo escluso da imposizione, si conserva il diritto alla prestazione la quale sarà però ridotta dell’80% dell’importo spettante, a condizione che tale soggetto:
a) comunichi all’INPS entro 30 giorni dall’inizio dell’attività il reddito annuo previsto;
b) che il datore di lavoro o l’utilizzatore siano diversi dal datore di lavoro o utilizzatore presso il quale il soggetto prestava la propria attività quando è intervenuta l’interruzione del rapporto di lavoro che ha dato diritto alla percezione della NASpI, e che e non presentino rispetto ad essi rapporti di collegamento o di controllo ovvero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti.

Contratto/i di lavoro subordinato part-time preesistenti

Ma è rinvenibile anche un’altra casistica, cioè quella del lavoratore che abbia in essere due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale, il quale si trovi a perdere involontariamente uno di tali contratti di lavoro. Il comma terzo dell’art. 9 citato prevede espressamente tale casistica, sottolineando che “il titolare di due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale che cessi da uno dei detti rapporti a seguito di licenziamento, dimissioni per giusta causa, o di risoluzione consensuale” e il cui reddito sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale, ha diritto, ricorrendo tutti gli altri requisiti, di percepire la NASpI, ridotta dell’80% dell’importo spettante, a condizione che egli comunichi all’INPS entro trenta giorni dalla domanda di prestazione il reddito annuo previsto.

 

Contratto di lavoro intermittente

Il contratto di lavoro intermittente, disciplinato dagli artt. 13-18 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, costituisce un contratto di lavoro dipendente che può essere stipulato a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato.

Tale contratto può assumere due diverse modalità:
1. lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro e diritto alla indennità di disponibilità; in tale casistica è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro dipendente laddove quest’ultimo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione. Trovano così applicazione le disposizioni in materia di rioccupazione del beneficiario dell’indennità di disoccupazione con rapporto di lavoro subordinato e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione, già segnalati;
2. lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata e senza diritto all’indennità di disponibilità. In questo caso, l’indennità di disoccupazione NASpI resta sospesa per le sole giornate di effettiva prestazione lavorativa e può essere riconosciuta limitatamente ai periodi interni al contratto non interessati da prestazione lavorativa tra una chiamata e l’altra. Tuttavia, vale anche in questo caso quanto previsto dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. n. 22/2015, per cui è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro qualora quest’ultimo non superi il limite annuo di 8.000 euro per il mantenimento dello stato di disoccupazione. In tal caso, per cumulare il reddito il lavoratore dovrà effettuare l’opportuna comunicazione all’INPS, con conseguente riduzione della prestazione e conguaglio a fine anno tra i redditi conseguiti in seguito all’attività lavorativa e l’indennità NASpI.

Lavoro all’estero

Qualora la nuova occupazione sia svolta all’estero, sarà necessario distinguere a seconda che il rapporto di lavoro sia intrapreso:
1. in uno Stato che applica la normativa comunitaria ovvero in uno Stato non comunitario che sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione con previsione dell’esportabilità della prestazione. In tale circostanza, ai sensi di quanto da ultimo chiarito con la Circolare INPS n. 177 del 28 novembre 2017, i beneficiari di prestazione NASpI che si rechino in altro paese dell’Unione Europea alla ricerca di un’occupazione – purché abbiano ottemperato agli specifici obblighi previsti dalla normativa comunitaria – possono continuare a percepire la prestazione di disoccupazione per tre mesi non dovendosi attenere alle regole di condizionalità previste per la generalità dei lavoratori. Dal primo giorno del quarto mese, anche i beneficiari di prestazione NASpI, che si sono recati in altro paese dell’Unione Europea alla ricerca di un’occupazione e che vi si trattengano, conservano solo il diritto a percepire la prestazione ma tornano ad essere obbligati al rispetto dei meccanismi di condizionalità previsti dalla legislazione italiana la cui violazione comporta l’applicazione delle conseguenti misure sanzionatorie consistenti – a seconda dei casi – nella decurtazione della prestazione o nella decadenza dalla medesima e dallo stato di disoccupazione;
2. in uno Stato non comunitario che non sia convenzionato con l’Italia in materia di disoccupazione. In tale ipotesi se la persona ha già un contratto di lavoro nel Paese in cui si reca, l’indennità viene sospesa fino ad un massimo di sei mesi, dopodiché si produce decadenza. Nel caso invece la persona si rechi nell’altro Paese per brevi periodi e per motivi documentati, si applica quanto già previsto con messaggio n. 367/8.1.2009;
3. percettore di indennità di disoccupazione NASpI che stipuli in Italia un contratto di lavoro subordinato da eseguire in un Paese che applica la normativa comunitaria. In tale caso, essendo il rapporto di lavoro disciplinato dalla normativa Italiana anche in materia previdenziale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 22 del 2015 e i conseguenti effetti di sospensione, riduzione e decadenza sulla prestazione, come nel caso di percettore di NASpI che si rioccupa in Italia.

Borse di studio, borse lavoro, stage e tirocini professionali

In caso di percezione di borse di studio, borse lavoro, stage e tirocini professionali bisogna innanzitutto segnalare quanto previsto dall’articolo 50, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/1986 (TUIR), il quale stabilisce che borse di studio, assegni, premi e sussidi per fini di studio o addestramento professionale, sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente: nonostante ciò, l’INPS ha avuto modo di sottolineare che “pur a fronte dell’assimilazione, ai fini fiscali, delle somme percepite ai redditi da lavoro dipendente, non si ravvisa lo svolgimento di un’attività lavorativa prestata dal soggetto con correlativa remunerazione”: di conseguenza le remunerazioni derivanti da borse lavoro, stage e tirocini professionali così come i premi e i sussidi per fini di studio e addestramento professionale sono interamente cumulabili con indennità NASpI e il beneficiario non è tenuto ad effettuare all’INPS alcuna comunicazione relativa alle attività o remunerazioni.

Diverso è il caso di soggetti beneficiari di borse di studio e assegni di ricerca: essendo tali attività ricondotte ad attività lavorative al punto che alle stesse è riconosciuta la prestazione di disoccupazione DIS-COLL, trova applicazione la disciplina prevista dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 22/2015, che prevede la riduzione dell’importo della prestazione erogata qualora si configuri il contestuale svolgimento di attività di lavoro subordinato. Ne consegue che i compensi derivanti dalle suddette attività non possono superare il limite annuo di 8145 euro, e che il beneficiario deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività a cui si riferiscono i compensi, dichiarando il reddito annuo che prevede di ottenere, anche nel caso in cui esso sia pari a zero.

Attività sportive

Per quanto concerne lo svolgimento di attività sportiva dilettantistica, prima di chiarire la compatibilità o meno con l’assegno di disoccupazione, bisogna segnalare che l’articolo 67, comma 1, lettera m) del TUIR qualifica come redditi diversi i premi e compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Ne consegue così che tali redditi sono interamente cumulabili con indennità NASpI e il beneficiario della prestazione non è tenuto ad effettuare all’INPS alcuna comunicazione relativa alle attività e relativi compensi o premi.

Lavoro occasionale

Con riferimento invece all’indennità di disoccupazione e alla sua compatibilità con i compensi derivanti da prestazioni di lavoro occasionali, bisogna primariamente segnalare che non trova più terreno la disciplina riguardante i voucher, istituto ormai abolito da diversi mesi; tale strumento, è stato infatti sostituito con il Decreto Legge n. 50/2017, convertito in L. n. 96/2017, prevedendo all’articolo 54-bis la disciplina delle prestazioni di lavoro occasionale; in particolare il comma 1, lettera a), dispone che è ammessa la possibilità di acquisire prestazioni di lavoro occasionale che comportino però per ciascun prestatore con riferimento alla totalità degli utilizzatori, dei compensi massimi di importo complessivamente non superiore a euro 5000: tali compensi sono esenti da imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupazione, di conseguenza il beneficiario della prestazione NASpI può svolgere prestazioni di lavoro occasionale purché nei limiti di importo non superiore a euro 5000 nell’anno civile.

Entro questi limiti la NASpI è completamente cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di attività occasionale, cosicché non si configura l’obbligo di comunicare all’INPS il compenso derivante da tale attività.

NASpI e lavoro autonomo

L’indennità esaminata è anche compatibile con rapporti di lavoro autonomo, ma in tal caso il soggetto beneficiario deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, o entro un mese dalla domanda di NASpI se l’attività era preesistente, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività.

In tal caso l’indennità NASpI è ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data di fine dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno, e tale riduzione è ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Nei casi di esenzione dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, il beneficiario deve invece presentare all’INPS un’apposita autodichiarazione concernente il reddito ricavato dall’attività lavorativa entro il 31 marzo dell’anno successivo; qualora non ottemperasse a tale obbligo, il lavoratore dovrà restituire la NASpI percepita dalla data di inizio dell’attività lavorativa in argomento.

Professionisti iscritti a specifiche casse professionali

Un’altra delle casistiche che può generare dubbi riguarda la compatibilità dell’indennità di disoccupazione con redditi derivanti da attività professionale esercitata da liberi professionisti iscritti a specifiche casse; in tale circostanza l’Istituto Previdenziale ha segnalato l’impossibilità di dare attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 10, comma 2, del D.Lgs. n. 22/2015 in quanto tali professionisti sono iscritti a specifiche casse non gestite dall’INPS, e che la relativa contribuzione non può di conseguenza essere riversata alla gestione prestazioni temporanee per i lavoratori dipendenti. Per tale motivo non è ammissibile la compatibilità tra NASpI e reddito derivante dallo svolgimento di attività professionale che comporti iscrizione obbligatoria a una specifica cassa, e diretta conseguenza di ciò sarà la decadenza della prestazione.

Diversa si configura la circostanza in cui il libero professionista percettore di NASpI richieda il pagamento anticipato in unica soluzione: in questo caso non sussisterebbe alcun obbligo di versamento di contribuzione e sarebbe possibile ricevere completamente l’anticipo.

Ciò precisato, l’Inps segnala che al fine di evitare un’ingiustificata disparità di trattamento è ammessa l’applicazione del comma 1 dell’articolo 10, D.Lgs. n. 22/2015, per cui il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale con un limite di reddito massimo entro il quale tale attività è consentita non superiore a euro 4800, deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne. La NASpI è ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno.

NASpI e iscrizione ad albi professionali

Un’altra casistica è quella che riguarda l’iscrizione agli Albi professionali, la titolarità di partita IVA, e la conseguente compatibilità o meno con l’indennità di disoccupazione. Si segnala che l’iscrizione agli Albi professionali non è sufficiente a far supporre lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo, mentre diverso è il caso in cui ci sia la presenza anche di Partita Iva afferente a tale soggetto: in tal caso pur in presenza di impegno da parte del dichiarante di segnalare la propria iscrizione ad Albi e ordini professionali, ovvero anche l’apertura di Partita Iva, sarà opportuno entrare nel merito dell’effettivo svolgimento di quell’attività: se l’attività è svolta in maniera effettiva e l’interessato non ha provveduto a comunicare il relativo reddito presunto, si produrrà la decadenza della prestazione. Così, l’effettivo discrimine tra la decadenza o meno dell’indennità NASpI in tale circostanza deriverà dall’effettivo svolgimento dell’attività riguardante l’iscrizione a quello specifico Albo, che dovrà essere verificata dalle sedi territoriali dell’Istituto Previdenziale.

Redditi derivanti da attività societarie

Le circostanze personali che generano dubbi sulla compatibilità della percezione della NASpI sono tantissime e tra queste rientrano certamente le casistiche in cui si abbia in concomitanza la produzione di redditi derivanti dallo svolgimento di attività in ambito societario.

In questo caso, le casistiche sono diverse:
a) svolgimento delle funzioni di amministratore, consigliere e sindaco di società. Essendo tali cariche assimilate ai redditi di lavoro dipendente per le somme e valori in genere a qualunque titolo percepiti in relazione agli uffici di cui sopra, nell’ipotesi contemporanea percezione di NASpI, troverà applicazione la disciplina di cui all’articolo 9 del D.Lgs. n. 22/2015 in tema di riduzione dell’importo della prestazione erogata per l’ipotesi di contestuale svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato, entro un limite di reddito pari a euro 8.000, oltre il quale si avrà direttamente la decadenza dalla indennità di disoccupazione. Ciò significa che il beneficiario deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività ovvero al momento della presentazione della domanda, qualora fosse già preesistente tale carica, segnalando il reddito annuo che ritiene di poter percepire, anche nel caso in cui esso sia uguale a zero;
b) socio di società di capitali. In tal caso, bisogna segnalare che:
• i redditi derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società, devono intendersi come redditi di capitali, se non riconducibili ad attività di lavoro dipendente o ad attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale; in tal caso il beneficiario della NASpI titolare di redditi da capitale può percepire la prestazione per intero;
• qualora ci si trovi in presenza di un rapporto tra società e socio che comporti anche apporto di lavoro, il reddito prodotto deve essere considerato un reddito da lavoro dipendente, tale da far valere la disciplina di cui all’articolo 9 del D.Lgs. n. 22/2015.
Il beneficiario della prestazione deve, a pena di decadenza, informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività cui si riferiscono i compensi, o dalla presentazione della domanda di NASpI se la suddetta attività era preesistente, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne anche ove sia pari a zero;
c) soci e familiari e soci accomandatari che svolgono attività con carattere di abitualità e prevalenza, con iscrizione alla gestione previdenziale degli Artigiani e commercianti, e con un reddito da lavoro autonomo o di impresa. Trova in questo caso applicazione la disciplina di cui all’art. 10, D.Lgs. n. 22/2017, sulla riduzione dell’importo della prestazione di disoccupazione nell’ipotesi di contestuale svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale: ciò significa che il limite di reddito entro il quale è consentita l’attività è pari a euro 4800, con l’obbligo di segnalare all’INPS i compensi derivanti da quella tipologia di attività;
d) soci di società per azioni o di società in accomandita per azioni. Considerato che tali soggetti non sono iscrivibili alla Gestione previdenziale degli Artigiani e Commercianti o per l’Agricoltura, non è di conseguenza applicabile l’articolo 10 del D.Lgs. n. 22/2015, cosicché essendo in presenza di soli redditi da capitale non riconducibili ad attività di lavoro dipendente o ad attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale, il beneficiario della NASpI titolare di redditi da capitale può percepire la prestazione per intero; quanto detto finora vale per promotori e soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni, e a r.l. che partecipino agli utili spettanti;
e) soci di società a responsabilità limitata. In questo caso, essendo gli stessi ascrivibili alla Gestione previdenziale degli Artigiani e Commercianti, il limite di reddito entro il quale può essere consentita l’attività è di euro 4800 con l’obbligo di segnalare i compensi all’Inps.

Emolumenti derivanti dall’espletamento di cariche pubbliche elettive e non elettive

In ordine alla compatibilità e cumulabilità in tutto o in parte degli emolumenti derivanti dall’esercizio di cariche pubbliche elettive e non elettive con la fruizione di indennità di disoccupazione NASpI, in assenza di normativa esplicita specifica, l’Istituto Previdenziale ha dovuto fornire alcune precisazioni.
Considerato che i lavoratori dipendenti chiamati a funzioni pubbliche elettive e non elettive possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita ovvero assentarsi dal servizio per la partecipazione alle sedute e alle riunioni degli organi di cui fanno parte, ricevendo conseguentemente un’indennità di funzione che è in misura intera per i lavoratori collocati in aspettativa non retribuita e in misura dimezzata per quelli che non ne facciano richiesta, e che la medesima è assimilata ai redditi di lavoro dipendente, nell’ipotesi in cui il lavoratore dipendente che perde involontariamente il rapporto di lavoro ricopra in quel momento cariche pubbliche con la relativa indennità di funzione può, in presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti, accedere alla prestazione NASpI.

In particolare, considerato che l’indennità di funzione è assimilata a reddito di lavoro dipendente, possono trovare applicazione rispetto alla prestazione NASpI, gli istituti del cumulo, della sospensione e della decadenza in relazione all’importo lordo annuo dell’indennità di funzione e alla durata della carica rivestita. In tali ipotesi, il percettore di NASpI dovrà attenersi all’invio delle comunicazioni previste in ordine allo svolgimento della carica ed alla misura annua dell’indennità di funzione da essa derivante. La medesima situazione si configura con riferimento al beneficiario di NASpI che nel corso della fruizione della prestazione venga chiamato a ricoprire cariche pubbliche.

4 dicembre 2017

Antonella Madia

 

***

Potrebbe interessarti anche questo approfondimento: Ticket per i licenziamenti più gravosi nel testo del Disegno di Legge di Bilancio 2018