Ticket NASpI per i licenziamenti più gravosi nel testo del Disegno di Legge di Bilancio 2018

nel disegno di Legge di Bilancio 2018 – attualmente all’esame del Senato – è previsto un innalzamento non indifferente dell’importo del Ticket NASpI per le aziende che rientrano nel campo di applicazione della disciplina della CIGS e che effettuano licenziamenti collettivi

 

Aumento del Ticket per i licenziamenti collettivi

Leggendo il Disegno di Legge di Bilancio 2018 (A.S. n. 2960) – ora all’esame in Senato – sembrano moltissime le novità che saranno introdotte a partire dal prossimo anno.

Tra queste, se il testo dovesse essere approvato senza stravolgimenti, dovrebbe esserci anche un aumento non indifferente per quanto concerne il cd. “Ticket NASpI” che i datori di lavoro saranno tenuti a pagare nella circostanza di licenziamenti collettivi; in particolare, le imprese che si avvalgono della procedura di licenziamento collettivo di riduzione del personale e che rientrano nel campo di applicazione dell’integrazione salariale straordinaria, dovranno pagare un Ticket NASpI molto più gravoso rispetto a quello attuale, tale che l’aliquota percentuale di cui all’articolo 2, comma 31, della Legge 28 giugno 2012 n. 92, venga innalzata all’82%.

Non rientrano all’interno di tale casistica i licenziamenti effettuati a seguito di procedure di licenziamento collettivo ai sensi dell’articolo 4 della L. n. 223/1991 avviate entro il 20 ottobre 2017, nonostante siano concluse in un periodo successivo all’applicazione di tale disposizione.

Si vuole segnalare nuovamente che la modifica ancora non è ufficiale, e per averne certezza sarà necessario attendere il testo ufficiale della Legge di Bilancio 2018, dopo l’approvazione definitiva da parte di entrambi i rami del Parlamento.

 

Il Ticket NASpI

Per “Ticket NASpI” si intende un importo che i datori di lavoro sono tenuti a pagare in ragione del licenziamento effettuato: tale obbligo è sorto con la Riforma Fornero (L. n. 92/2012), ed è pagato dalle aziende all’INPS a sostegno di chi ha perso involontariamente la propria occupazione.

Tale contributo si è reso necessario per contenere i costi derivanti dalla disoccupazione a carico dello Stato e disincentivare le aziende dall’utilizzo dello strumento dell’indennità di disoccupazione per ottenere un risparmio sul costo del lavoro senza una reale e oggettiva necessità aziendale.

Così il datore di lavoro che procede al licenziamento, deve necessariamente pagare tale ticket per poter procedere al licenziamento, e non va trascurato il fatto che – soggiacendo tale obbligo alla disciplina sanzionatoria ordinaria in materia di contribuzione obbligatoria – l’eventuale mancato pagamento esporrà il datore di lavoro alle sanzioni previste in tale ultima circostanza.

Il Ticket NASpI, sulla base di quanto previsto dalla L. n. 92/2012, va così pagato in caso di:

  • licenziamento per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o soggettivo,
  • licenziamento del lavoratore a chiamata,
  • dimissioni per giusta causa del dipendente,
  • dimissioni della lavoratrice durante la maternità,
  • mancata conferma di un apprendista,
  • risoluzione consensuale dopo una conciliazione obbligatoria,
  • licenziamento collettivo.

Tale tassa ha un diverso importo in base ai mesi di anzianità in azienda.

Così, in caso di interruzione di un rapporto di lavoro che dà diritto alla NASpI il datore di lavoro deve versare il 41% del massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità del dipendente negli ultimi tre anni. Qualora poi la risoluzione del rapporto di lavoro sia frutto di un licenziamento collettivo senza previo accordo sindacale, tale ticket licenziamento dovrà essere moltiplicato per 3.

 

La proposta di innalzamento

Come detto quindi, se la Legge di Bilancio, nella sua versione definitiva, dovesse mantenere questo genere di impostazione, è altamente probabile che a partire dal prossimo anno vedremo aumentare l’importo del Ticket NASpI per quelle aziende che rientrano nel campo di applicazione dell’integrazione salariale straordinaria, nel caso in cui licenziano il proprio personale con un licenziamento collettivo, previsto dagli articoli 4 e 5 della L. n. 223/1991, facendo in modo  che l’aliquota percentuale prevista dall’articolo 2, comma 31, della L. n. 92/2012 sia innalzata all’82%.

La procedura del licenziamento collettivo inizia con una comunicazione inviata alle parti sociali e agli organi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, e all’ufficio competente della Regione (se la controversia insiste su un ambito territoriale locale) ovvero alla Direzione Generale delle Relazioni Industriali del Ministero del Lavoro se la stessa investe più ambiti territoriali.

Non rientreranno tra i destinatari dell’aumento i datori di lavoro che abbiano aperto la procedura di licenziamento collettivo entro il 20 ottobre 2017, nonostante la stessa possa terminare nel corso del 2018, e comunque rientreranno nell’area dell’aumento solamente le aziende che rientrano nel campo di applicazione dell’integrazione salariale straordinaria, prevista oggi dal D.Lgs. n. 148/2015 (per i casi di crisi aziendale/riorganizzazione).

Nulla cambierà così per quanto riguarda i datori di lavoro che effettuino licenziamenti individuali, a prescindere dal limite dimensionale che crea il discrimine tra la possibilità di accedere all’integrazione salariale straordinaria o meno, e dalla motivazione sottesa al licenziamento in esame: in tal caso il limite rimane al 41% del massimale di NASpI.

 

24 novembre 2017

Antonella Madia

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