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La Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate e del Territorio – con la recente risoluzione n. 131/E del 23.10.2017 – ha fornito mirati chiarimenti interpretativi in ordine all’applicabilità, in seno all’istituto del ravvedimento operoso, della circostanza attenuante disciplinata dall’art. 1, comma 4 del D.Lgs. n. 471/1997, in relazione a reiterati errori dichiarativi sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito.
In particolare, la questione oggetto di consulenza giuridica da parte dell’Autorità fiscale, è incentrata sulla possibilità per il contribuente di applicare autonomamente, in sede di ravvedimento – per le condotte di dichiarazione infedele – la circostanza attenuante del comma 4 della citata disposizione sanzionatoria in relazione all’erronea imputazione temporale di elementi di reddito per annualità successive a quella in cui l’organo ispettivo ha già accertato la medesima irregolarità.
In termini generali, come noto, l’impianto sanzionatorio amministrativo tributario – congiuntamente alle previsioni di carattere penale contenute nel D.Lgs. n. 74/2000 – è stato oggetto di significativa riforma con il D.Lgs. n. 158/2015, attuativo della Legge delega n. 23/2014 . Infatti, l’art. 15 del menzionato D.Lgs. n. 158/2015, nel modificare il D.Lgs. n. 471/1997, ha perseguito lo scopo di assicurare maggiore proporzionalità della risposta sanzionatoria di fronte a condotte illecite che riguardano le imposte dirette, l’IVA e la fase di riscossione dei tributi, con l'obiettivo di graduare le sanzioni riducendole per le violazioni che presentano minore disvalore; di conseguenza:
- le sanzioni sono state tendenzialmente ridotte e arrotondate;
- la disciplina sanzionatoria delle violazioni in materia di IRAP, prima contenuta dell'articolo 32 del D.Lgs. n. 446/1997, è ora ricondotta all’interno del D.Lgs. n. 471/1997le sanzioni in caso di omessa presentazione della dichiarazione sono state graduate in ragione dell'eventuale ritardo nell'adempimento (vgs. art. 1, comma 1, art. 2, comma 1, e art. 5, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997);
le pene sono state:
- aumentate della metà per i comportamenti più insidiosi, cioè realizzati mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri ovvero con condotte simulatorie o fraudolente (vgs. art. 1, comma 3, art. 2, comma 2-bis, e art. 5, comma 4-bis del D.Lgs. n. 471/1997);
- ridotte di un terzo nei casi in cui la maggiore imposta o il minore credito accertato siano complessivamente inferiori al 3 per cento rispetto a quelli dichiarati e comunque non superiori a 30.000 euro (vgs. art. 1, comma 4, art. 2, comma 2-ter, e art. 5, comma 4-ter), oppure – ai soli fini delle imposte sui redditi – nei casi in cui l’infedeltà è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito dell’annualità in cui interviene l’accertamento; - raddoppiate per le ipotesi in cui: il contribuente abbia omesso di indicare, in tutto o in parte, il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo per i quali si è optato per la c.d. “cedolare secca” (vgs. nuovo art. 1, comma 7, del D.Lgs. n. 471/1997); le violazioni abbiano ad oggetto redditi prodotti all’estero (vgs. nuovo art. 1, comma 8, del D.Lgs. n. 471/1997).
Ciò premesso, tornando ad esaminare l’oggetto principale della risoluzione interpretativa, si evidenzia come l’art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997 – nell’ambito della fattispecie di dichiarazione infedele ai fini delle imposte sui redditi – introduce due fattispecie attenuanti, applicabili solo ed esclusivamente in assenza di condotte fraudolente. Pertanto, come già accennato, è prevista la riduzione di una terzo della sanzione base se, alternativamente:
- la maggiore imposta o il minore credito accertati siano complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000;
- l’infedeltà sia conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Per beneficiare di tale riduzione - specifica ai fini delle imposte sui redditi - è necessario che il componente positivo sia stato già erroneamente imputato e, quindi, abbia concorso alla determinazione del reddito, nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Con riferimento al componente negativo, invece, è necessario che lo stesso non sia stato dedotto più volte.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate – con specifico riferimento alle menzionate circostanze attenuanti – ha chiarito, a livello generale, che le stesse non possono essere applicate autonomamente dal contribuente per la determinazione delle sanzioni in caso di accesso all’istituto del ravvedimento operoso; quanto precede, in ragione del fatto che la piena operatività della riduzione sanzionatoria è subordinata ad un’attività di controllo da parte degli organi accertatori, volta a verificare che l’infedeltà commessa dal contribuente sia caratterizzata dall’elemento soggettivo della colpevolezza, dall’assenza di frode e costruita attraverso una condotta non insidiosa per l’Amministrazione finanziaria.
Di conseguenza “solo l’Ufficio può effettuare un’analisi ponderata di tutte le irregolarità riscontrate al fine di verificare l’esiguità dell’evasione e la scarsa insidiosità della condotta posta in essere”.
D’altra parte, sempre secondo la linea interpretativa adottata dall’Agenzia, qualora l’errore di “errata imputazione temporale” – già rilevato dall’organo ispettivo in riferimento ad una determinata annualità – sia stato reiterato anche nei successivi periodi d’imposta, il contribuente – atteso che la tipologia di violazione è già stata oggetto di qualificazione dall’accertatore – può autonomamente ravvedere la sanzione, nella misura ridotta, di cui al citato art. 1, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997.
In conclusione – se, a livello generale, l’attenuante in esame, stante il tenore letterale della norma, è applicabile alle sole ipotesi di infedeltà caratterizzate da una condotta del contribuente non insidiosa per l’Amministrazione finanziaria nonché dall’assenza di frode, la cui ricorrenza deve necessariamente essere valutata dall’organo accertatore – nei casi particolari in cui il ravvedimento segua ad un’attività di accertamento già conclusa per un periodo di imposta precedente, in seno alla quale l’Ufficio accertatore ha già avuto modo di qualificare la violazione, reiterata nelle successive annualità, come errore legato all’imputazione temporale di elementi negativi di reddito, il contribuente potrà spontaneamente applicare la circostanza attenuante del comma 4.
11 dicembre 2017
Nicola Monfreda
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