La notifica di atti tributari ai soggetti iscritti AIRE

Il problema delle notifiche di atti tributari ai soggetti iscritti AIRE. cittadini italiani residenti all’estero; la notifica presenta alcune particolarità.

sentenza corte di cassazioneLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21871 del 28.10.2016, ha chiarito i termini di notifica degli avvisi di accertamento nei confronti di soggetti iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero).

Nel caso di specie la contribuente, iscritta all’AIRE dal 1996 quale “emigrata” nel Principato di Monaco, aveva ricevuto due avvisi relativi agli anni 2002 e 2003, con i quali l’Agenzia delle entrate, in esito ad attività ispettiva svolta nei confronti di un famoso gruppo imprenditoriale operante nel settore della moda, aveva qualificato l’attività svolta dalla contribuente nei confronti di una delle società del Gruppo come prestazione di lavoro autonomo, ritenendola, per conseguenza, presupposto impositivo d’Iva.

L’Amministrazione Finanziaria recuperava quindi l’Iva dovuta, irrogando le relative sanzioni.

L’ufficio escludeva in particolare l’effettività del trasferimento della residenza all’estero, valorizzando, a conferma di tale conclusione, le spese sostenute con la carta di credito, concernenti esborsi sostenuti in Italia per quasi 145 giorni, tra le quali spiccava anche la frequenza delle spese per la famiglia in un ipermercato vicino Firenze, nonché la permanenza in Firenze del centro degli affari e degli affetti della medesima contribuente.

La contribuente impugnava gli avvisi, ma la Commissione Tributaria provinciale, previa riunione, dichiarava inammissibili i ricorsi perché tardivamente proposti.

Anche la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello, evidenziando che tra la data di notifica degli avvisi e quella di notifica mediante spedizione dei ricorsi, erano trascorsi più di sessanta giorni.

Avverso questa sentenza la contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, denunciando, tra le altre, la violazione o falsa applicazione dell’art. 60 del d.P.R. 600/73 e dell’art. 142 c.p.c., laddove il giudice d’appello aveva dichiarato l’appello inammissibile per tardività, benché la notificazione degli avvisi di accertamento fosse nulla, perché non eseguita secondo le modalità stabilite dall’art. 142 c.p.c., né corredata di relata di notificazione.

Il motivo di ricorso, secondo i giudici di legittimità, era infondato.

Evidenzia infatti la Suprema Corte che la lettera e-bis del 10 comma dell’art. 60 del d.P.R. 600/73, nel testo applicabile all’epoca dei fatti, stabilisce che

“è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d), l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento”. .

Dunque, nel caso in esame, la contribuente, che affermava di non avere la residenza nello Stato e di non avervi eletto domicilio, aveva facoltà di comunicare all’ufficio competente il proprio indirizzo estero, al quale, dal canto suo, l’ufficio poteva spedire l’avviso mediante lettera raccomandata.

La comunicazione, come visto, richiedeva peraltro le modalità previste dalla lettera d) della norma, che prescrive che

<<è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano.

In tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento>>.

Le modalità rilevanti ai fini della comunicazione richiamano dunque la dichiarazione annuale, o altro atto successivamente comunicato mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

La stessa Corte ha del resto già in passato stabilito (vedi Cass. 23024/15) che l’indicazione dell’indirizzo nella dichiarazione dei redditi risponde alla modalità indicata dalla lettera d) del primo comma dell’art. 60.

E nel caso in esame, allora, correttamente, erano stati notificati gli avvisi mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto il giudice d’appello aveva appunto accertato che

<<nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata al momento della notificazione dell’avviso di accertamento impugnato (modello Unico 2007 per l’anno d’imposta 2006) la stessa contribuente ha indicato quale luogo per la notificazione degli atti il luogo dove la notificazione è avvenuta>>.

Tale accertamento di fatto non era peraltro stato censurato dalla ricorrente, che, come detto, si era invece limitata a dedurre la violazione dell’art. 60 del d.P.R. 600/73 e dell’art. 142 c.p.c., in realtà non pertinenti rispetto al contenuto della decisione.

Inconferente, secondo la Corte, era inoltre anche la censura concernente la dedotta mancanza della relata di notifica, essendo ormai sul punto consolidato l’orientamento della Corte secondo cui, nel caso di notificazione diretta dell’avviso di liquidazione o di accertamento, a mezzo posta, senza intermediazione dell’Ufficiale giudiziario,  non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr Cass. 14501/16).

Al di là dello specifico contenzioso e della questione processuale sopra esaminata, si coglie l’occasione per evidenziare che, comunque, la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce comunque elemento determinate per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.

Affinché sussista il requisito della abitualità e della dimora, non è del resto necessaria la continuità o la definitività, permanendo l’abitualità anche qualora il contribuente lavori o svolga altre attività all’estero, purchè conservi in Italia l’abitazione, vi torni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

Il domicilio, infatti, è una situazione giuridica caratterizzata dall’elemento soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale dei propri affari ed interessi, laddove la locuzione “affari ed interessi” deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche morali, sociali e familiari.

 

18 novembre 2017

Giovambattista Palumbo

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