Ripianamento delle perdite nelle società di persone

Esiste un obbligo dei soci al ripianamento delle perdite nelle società di persone? Anche se necessitano di formalità minori rispetto alle società di capitali, anche per le società di persone esistono dei vincoli alla copertura? A cura di Donato Quagliarella.

Con il presente articolo rispondiamo al quesito se vi sia o meno l’obbligo di ripianamento delle perdite nelle società di persone, soprattutto in considerazione del particolare tipo sociale.

In senso negativo si è pronunciata la Cassazione con sentenza del 3 gennaio 2017, n. 23, la quale afferma che non vi sia un obbligo, come invece previsto a certe condizioni nella società a responsabilità limitata, che ha una ben diversa natura.

Si parla invece di “onere di ripianamento”, tenendo presente che nella condizione evidenziata un effetto prodotto dalle perdite è l’impossibilità di distribuire gli utili.

Una perdita d’esercizio nelle società di persone può essere rinviata a futuri esercizi in attesa di essere coperta dalla produzione di utile, utilizzando il ricorso ai soci per effettuare dei versamenti, facendo ricorso alle riserve preesistenti oppure da ultimo riducendo il capitale in misura corrispondente alle perdite.

Le decisioni relative alle varie scelte possibili postuleranno l’adozione di provvedimenti diversi.
Il tema non è stato molto discusso in giurisprudenza e con la richiamata sentenza si è avuto occasione di inquadrare la problematica.

Il ripianamento delle perdite nelle società di persone è trattato dalla sentenza con una certa chiarezza ricostruttiva che può aiutare a comprendere meglio alcune delle caratteristiche più importanti di questo tipo di società.

Per la sentenza, nella società di persone non vi è obbligo di ripianamento delle perdite subite dalla società, ma unicamente l’onere di coprirle se si vogliano distribuire gli utili, in quanto esiste il divieto di distribuzione di utili in presenza di perdite, divieto che resta fermo sino a quando non si sia provveduto nei modi richiamati.

È l’art. 2303 codice civile a prevedere che non si possano effettuare ripartizioni di utili tra soci se non per utili realmente conseguiti e che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può appunto

«farsi luogo a ripartizioni di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente».

Mentre nelle società di capitali per proseguire l’attività è indispensabile procedere in caso di perdite al loro ripianamento come imposto dagli articoli 2446 e 2447 codice civile, per i quali, quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori devono adottare «opportuni provvedimenti» e, se la situazione non migliora entro l’esercizio successivo, l’assemblea che approva il bilancio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate; se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo legale, gli amministratori devono «senza indugio» convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo a un importo non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società.

Nella società di persone le conseguenze sono diverse e l’obbligo non c’è in quanto nelle società personali i creditori non trovano la loro tutela nel capitale sociale (come invece avviene nelle società di capitali) ma nella responsabilità solidale e illimitata dei soci per le obbligazioni facenti capo alla società.

Nelle società personali il capitale sociale serve solamente per determinare le quote di ripartizione degli utili tra i soci e del patrimonio sociale, in caso di liquidazione della società e per rappresentare un limite alla distribuzione di detti utili, i quali infatti possono essere suddivisi tra i soci solo se non vi siano perdite che intacchino il capitale stesso.

Dal fatto che la legge non detta un obbligo di ripianamento delle perdite nelle società di persone, ma un onere di ripianamento nel caso in cui si voglia procedere alla distribuzione di utili, consegue che l’atteggiarsi ad obbligo esista solamente quando si voglia compiere la scelta di operare sul capitale.

Nel caso deciso la società era in accomandita semplice e i soci accomandanti (quelli a responsabilità limitata) non possono pretendere che i soci accomandatari (quelli a responsabilità illimitata) provvedano, con il loro patrimonio personale, a ripianare le perdite; pertanto la copertura delle perdite viene di fatto a incidere su tutti i soci, poiché devono essere ripianate con gli utili che la società consegua dopo che le perdite si siano formate e non con nuovi apporti dei soci illimitatamente responsabili.

 

5 maggio 2017

Donato Quagliarella