Accertamento anticipato: il mancato rispetto del termine dilatorio dei 60 giorni non vale neanche nelle ipotesi di decadenza

prendendo spunto da alcune recenti sentenze di Cassazione, analizziamo quali sono, secondo la giurisprudenza tributaria, le motivazioni valide per le quali è possibile anticipare l’accertamento rispetto al termine di 60 giorni previsto dallo Statuto del contribuente

Con tre recenti pronunciamenti (sentt. nn. 5899 dell’8 marzo 2017, 7290 del 22 marzo 2017 e 9836 del 19 aprile 2017) la Corte di Cassazione ha confermato ancora una volta (è di pochi giorni fa l’ordinanza n. 1013 del 17 gennaio 20171), che il mancato rispetto del termine dilatorio dei 60 giorni, previsto dall’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000, non può indentificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento.

In particolare, con quest’ultima sentenza (n. 9836/2017) la ragione di urgenza indicata nel provvedimento è identificata nella imminente scadenza dei termini per l’accertamento.

Per la Corte, secondo l’orientamento attuale della giurisprudenza di legittimità, sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite n.18184/2013, l’emissione dell’avviso prima del decorso del termine di sessanta giorni dal termine degli accertamenti ne comporta la invalidità, a meno che la deroga non sia giustificata da “particolare” ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento.

Particolare“, per la Corte “vuol dire che la ragione deve essere riferita specificamente al contribuente e al rapporto tributario in questione”, fermo restando che “le specifiche ragioni di urgenza non possano identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento (tra varie, vedi Cass. 12 agosto 2015, n. 16707; 7 agosto 2015, n. 16602; 15 luglio 2015, n. 14803; 28 marzo 2014, n. 7315; 5 febbraio 2014, n. 2592; 3 febbraio 2014, n. 2279; 3 febbraio 2014, n. 2281; 29 gennaio 2014, n. 1869), giacché è dovere dell’amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”. “Altrimenti, si è rimarcato, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso”.

Qualora l’amministrazione deduca, quale circostanza di «particolare e motivata urgenza», il fatto di non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni allegando giustappunto l’imminente scadenza del termini previsti per l’azione di accertamento, “l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento dell’obbligo, traducendosi nella deduzione che l’imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere l’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte all’ufficio non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza (Cass. 16 marzo 2016, n. 5149)”.

Ciò posto, nel caso in questione, secondo i supremi giudici, “emerge chiaramente come la Ctr sia incorsa nella specie in un duplice errore di diritto: in primo luogo, per avere ritenuto legittima l’adozione del provvedimento prima del decorso del termine sulla base del rilievo che esso recava la indicazione del motivo della sua emissione ante tempus, mentre è stato chiarito che la legittimità di tale modo di procedere non è legata al fatto formale, ma dipende dal positivo riscontro di una ‘particolare’ ragione a tal fine idonea, secondo gli insegnamenti delle Sezioni unite; in secondo luogo per non avere rilevato che la ragione di urgenza in concreto indicata nel provvedimento, e cioè ‘l’imminente scadenza dei termini per l’accertamento’, era stata addotta in modo formale, laddove l’Ufficio aveva l’onere di specificare e dimostrare, in conformità del principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non fosse dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che avevano impedito il tempestivo e ordinato svolgersi delle attività di controllo (Cass. n. 18119/2016)”.

 

Il pensiero della Corte

Secondo il generale pensiero della Corte di Cassazione2, la norma, nel prevedere che l’attività di accertamento resti paralizzata per 60 giorni, non trascura di salvaguardare eventuali casi di particolare e motivata urgenza, così mostrando di non dimenticare la necessità per l’Amministrazione di “dover” emettere, per esempio, atti di imposizione nel periodo di moratoria: il richiamo riguarda, soprattutto, gli esiti dell’attività di verifica che giungono nella disponibilità degli uffici dopo il 31.10 e che contengono violazioni riferite all’annualità in decadenza al 31.12 successivo.

Qui, l’urgenza dell’Ufficio impositore è (a nostro avviso) assolutamente evidente: se l’Ufficio applicasse pedissequamente la norma contenuta nel comma 7, dell’articolo 12, della legge n. 212/2000, rinuncerebbe ad avvalersi del proprio potere impositivo, stante l’impossibilità di notificare accertamenti dopo il decorso il termine decadenziale.

Per cui, in primis, deve ritenersi che i “casi di particolare e motivata urgenza” cui si riferisce il legislatore, esulano dal contesto delle decadenze (la cui urgenza è in re ipsa), riguardando altre ipotesi per le quali la norma impone una adeguata e specifica motivazione, che giustifichi l’emanazione dell’atto di accertamento prima del termine previsto.

La nostra tesi, tuttavia, secondo cui in queste ipotesi l’urgenza dell’Ufficio impositore è talmente evidente da non necessitare di alcuna esplicita menzione nell’atto di accertamento, e che i “casi di particolare e motivata urgenza” cui si riferisce il legislatore, esulano dal contesto delle decadenze (la cui urgenza è in re ipsa), riguardando altre ipotesi per le quali la norma impone una adeguata e specifica motivazione, che giustifichi l’emanazione dell’atto di accertamento prima del termine previsto3, che ha trovato iniziale conforto da parte della Corte di Cassazione (sentt. n. 11944 del 13.07.2012, n. 20769 del 11.09.2013 e n. 27911 del 13.12.2013), non è stata confermata nelle successive pronunce che si sono poste in palese contrasto.

Restiamo, però, dell’avviso che, al di là del fatto che il pvc sia della GDF ovvero dell’ufficio, spesso esigenze di indagini impongono di aprire verifiche negli ultimi due mesi dell’anno, per annualità in decadenza. In questi casi, in generale, l’interesse pubblico dovrebbe prevalere sugli interessi privati.

 

La posizione della giurisprudenza

Annotiamo le pronunce più interessanti della Corte di Cassazione sull’urgenza, che possono costituire un punto di riferimento sulla questione.

  • Sentenza n. 20769/2013: la notifica dell’avviso di accertamento … prima dello spirare del termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica, … era stata giustificata dall’Ufficio con l’esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertare eventuali violazioni da parte del contribuente… E non può revocarsi in dubbio che siffatta ratio di evitare la decadenza dal potere impositivo in parola – in quanto si iscrive nell’esigenza di carattere pubblicistico, connessa all’efficiente esercizio della potestà amministrativa nel fondamentale settore delle entrate tributarie (art. 97 Cost.), positivamente e congruamente vagliata, nella specie, dalla CTR – ben può giustificare la notifica dell’avviso di accertamento prima del decorso del predetto termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1 (Cass. 11944/12)”;

  • Sentenza n. 27911/2013: la particolare ragione di urgenza ai fini dell’emissione dell’accertamento prima della scadenza del termine dei 60 giorni è stata giustificata dalla presenza di gravi indizi di evasione (inesistenza della ditta individuale; “esistenza di misure di sicurezza a carico del X e dei suoi familiari”; valorizzazione dell’inesistenza reale ed effettiva, quale centro di imputazione fiscale, del soggetto interposto, il quale costituiva uno degli elementi decisivi per garantire il comportamento frodatorio dei soggetti coinvolti nella società di fatto costituiva spia della necessità di attivare immediatamente la pretesa fiscale). “Ed infatti, proprio la particolare situazione accertata dai verbalizzanti, correlata ad una rete di soggetti che, attraverso l’utilizzo dello schema delle c.d. società cartiere, realizzavano un meccanismo volto ad impedire la riscossione dell’imposta da parte del soggetto – nel caso di specie la ditta M – che ometteva il versamento dell’IVA, emettendo fatture per le quali non riscuoteva l’imposta che, invece, le altre società partecipi della frode portavano in detrazione, giustificava l’esistenza di una particolare urgenza all’adozione dell’avviso di accertamento con specifico riferimento alle circostanze di fatto evidenziate, alla cui stregua risultava l’impossibilità di rinviare l’emanazione dell’atto, proprio per impedire il protrarsi del meccanismo e per garantire la salvaguardia degli interessi erariali, gravemente pregiudicati dall’intreccio di operazioni riscontrate”.

  • Sentenza n. 2587/2014: “il pericolo derivante da reiterate condotte penali tributarie è, in astratto, una indubitabile e valida ragione d’urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo in deroga al termine imposto dal comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, tanto più nel quadro della situazione, emersa dal verbale di verifica, della supposta partecipazione della società contribuente ad una organizzata frode ai danni dell’Erario che è accuratamente descritta nella narrativa della stessa sentenza impugnata: il giudice d’appello avrebbe dovuto, piuttosto, verificare se tale ragione d’urgenza potesse, come si esprimono le Sezioni Unite, essere, come probabilmente era alla luce della ricordata narrativa, ‘specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione’”.

  • Sentenza n. 9424/2014: “La violazione del termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è consentita solo ove sussistano ragioni di urgenza il cui onere probatorio ricade sull’Ufficio. Tali ragioni non possono consistere nell’incombenza dello spirare del termine di decadenza previsto per l’accertamento da parte dell’Amministrazione, ove il ritardo sia dovuto esclusivamente ad ingiustificata inerzia o negligenza dell’Ufficio e non anche ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento oppure che, per vari motivi come per esempio un grave stato di insolvenza del contribuente, rendano difficoltoso col passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine”.

  • Sentenza n. 1869/2014: riscontrato che non sono “state neppure allegate specifiche ragioni d’urgenza, esonerative dall’osservanza del termine,la ritenuta legittimità dell’atto impositivo non è conforme a diritto, non essendo rilevante che era in scadenza il termine di decadenza di cui all’art. 57 del dPR n. 633 del 1972, per la rettifica relativa all’Iva per lo stesso d’imposta, come affermato in seno al controricorso, senza dire che tale circostanza non chiarisce, comunque, le ragioni per le quali l’Ufficio non si è tempestivamente attivato, onde rispettare il termine dilatorio in esame e così consentire il doveroso dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, e che, opinando con l’Amministrazione, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio, sopra enunciato, secondo cui il requisito dell’urgenza deve esser riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso”.

  • Sentenza n. 2279/2014: per la Suprema Corte, “non essendo state neppure allegate specifiche ragioni d’urgenza, esonerative dall’osservanza del termine, la ritenuta legittimità dell’atto impositivo non è conforme a diritto, non essendo sufficiente la mera circostanza, affermata nel controricorso, che era in scadenza il termine di decadenza di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 57, per l’accertamento relativo al periodo d’imposta 1997, restando, appunto, oscure le ragioni per le quali l’Ufficio non si è tempestivamente attivato, onde rispettare il termine di cui all’articolo 12, comma 7 in esame e così consentire il doveroso dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, e considerato, inoltre, che, opinando con l’Amministrazione, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio, sopra enunciato, secondo cui il requisito dell’urgenza deve esser riferito alla concreta fattispecie e, cioé, al singolo rapporto tributario controverso”.

  • Sentenza n. 3142/2014: “qualora, per contrastare la eccezione di nullità dell’avviso per violazione del termine di cui all’art. 12 co 7 legge n. 212/2000, formulata con i motivi di ricorso da contribuente, la Amministrazione finanziaria alleghi, quale fatto di ‘particolare e motivata urgenza’, di non aver potuto rispettare il termine dilatorio indicato, essendosi chiuse le operazioni di verifica in data successiva al sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento della imposta, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento all’obbligo ex lege e dunque grava sull’Amministrazione finanziaria, in conformità al principio di vicinanza del fatto da provare, l’onere di dimostrare che la imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere all’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte ad essa non imputabili a titolo di incuria, negligenza od inefficienza“.

  • Sentenza n. 7315/2014: “Il vizio invalidante – è stato detto – non consiste, diversamente da quanto appare ritenuto dall’impugnata sentenza, nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva mancanza di detto requisito esonerativo dall’osservanza del termine, la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata in giudizio dall’ufficio. Alla luce di tale principio, che il collegio condivide, la commissione tributaria regionale non avrebbe potuto quindi limitarsi a evidenziare che ragioni di urgenza non erano state esplicitate nell’atto tributario, ma avrebbe dovuto valutare quanto l’ufficio| aveva allegato in giudizio in ordine alla imminente maturazione (al 31 dicembre 2006) del termine di decadenza dell’azione accertativa…”. E “l’eventualità di evitare una decadenza non può integrare di per sé, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria, la ragione di urgenza contemplata dalla norma. E la corte ha già affermato il principio sulla base della considerazione che, opinando diversamente, si verrebbero a convalidare, vin via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col princìpio secondo il quale il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al singolo rapporto tributario controverso (v. Cass. n. 1869-14). Pur cosciente del fatto che l’evoluzione interpretativa si presta, quanto all’individuazione in concreto della ragione di urgenza, a uno spettro differenziato di soluzioni teoriche, il collegio intende ribadire l’orientamento osservando che, sul tema, la diversa affermazione riscontrabile nella sentenza citata dall’amministrazione finanziaria (Cass. n. 20769-13) non costituisce espressione (rilevante) di contrasto. Per quanto avendo affermato non revocabile in dubbio che la ratio di evitare la decadenza dal potere impositivo, inscrivendosi nell’esigenza di carattere pubblicistico connessa all’efficiente esercizio della potestà amministrativa nel settore delle entrate tributarie (art. 97 cost.), giustifica la notificazione dell’avviso di accertamento prima del decorso del predetto termine dilatorio, quella sentenza ha preliminarmente dato atto che la questione relativa all’uniforme interpretazione dell’art. 12, 7’ co., era stata rimessa alle sezioni unite. Sicché, non avendo tenuto conto della sopravvenuta decisione delle sezioni unite medesime, la ripetuta Cass. n. 20769-13, a dispetto della sua data di pubblicazione, si colloca all’interno del variegato filone giurisprudenziale anteriore. Di contro il collegio intende ribadire il principio affermato da Cass. n. 1869-14, con le precisazioni che seguono, giustappunto nel solco dell’esegesi propugnata dalle sezioni unite in ordine alla ratio della norma; ratio che, associata al rispetto di un principio partecipativo non degradabile a questione formale, posto a tutela del soggetto destinatario dell’azione accertativa, titolare di una posizione giuridica attratta dall’ottica del giusto procedimento, non consente di affermare le ragioni di urgenza come riferibili a profili o a deficienze organizzative tutte interne all’amministrazione procedenteSe allora è vero – come affermato dalle sezioni unite – che l’espressione dell’art. 12, 7’ co., della l. n. 212 del 2000 (‘salvo casi di particolare e motivata urgenza’) non è intesa a individuare nell’atto impositivo la sede unica in cui la ‘motivata urgenza’ deve essere addotta, in quanto l’uso del termine ‘motivata’ non implica necessariamente il richiamo alla motivazione dell’avviso di accertamento, è altrettanto certo che l’elemento decisivo nell’interpretazione della fattispecie di urgenza resta poi quello sopra detto. Col quale infine deve misurarsi la considerazione dei criteri di equilibrio degli interessi coinvolti, e del conseguente canone generale di ragionevolezza, pure dalle sezioni unite evocato. Dal citato contesto emerge che una ragione di urgenza, intanto è valida e idonea a giustificare l’anticipata emissione del provvedimento, in quanto sia specifica e particolare, vale a dire propriamente riferita al contribuente o al rapporto tributario di cui si tratta, non già all’assetto organizzativo dell’amministrazione che procede. In parole povere: poiché, come affermato dalle sezioni unite, il vizio del procedimento conseguente all’inosservanza del termine dilatorio ex art. 12 ‘i traduce in una divergenza dal modello normativo … di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione costituzionale, cui la norma stessa assolve’, e della ‘forza impediente’, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume invece l’elemento viziante, è illogico attribuire effetto di sanatoria a eventi cui la posizione del soggetto tutelato è completamente indifferente”.

  • Sentenza n. 13099/2014:l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”.

  • Ordinanza n. 14287/2014: è vero “che in virtù del D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, convertito dalla L. n. 248 del 2006 in caso di riscontro di ipotesi di reati finanziari nel corso di verifiche o di accessi, il termine per l’accertamento è raddoppiato. Tuttavia, nel caso concreto, si trattava in realtà di un’evidente situazione di un’eventuale pericolo di perdita del credito fiscale, oltre che soprattutto di pericolosità sotto il profilo tributario, tanto che lo stesso giudice di appello riconosceva nei confronti dell’inciso ipotesi di ‘… omessa dichiarazione dei redditi; contrabbando aggravato; trasferimento fraudolento di valori, tutta attività portata avanti per diversi anni con impiego di notevoli risorse economiche e umane (pedinamenti e intercettazioni telefoniche)’ a carico dell’appellante, giusta addirittura tre procedimenti penali instaurati. Orbene, di fronte a tale quadro di risultanze processuali l’urgenza dell’atto impositivo in argomento si profilava di tutta evidenza anche allo scopo di infrenare per tal verso una condotta, che appariva di patente e grave violazione continuata degli obblighi fiscali, ove si consideri che per il solo anno d’imposta di che trattasi l’imponibile sottratto ad imposizione sarebbe ammontato addirittura a L. 74.548.296.123”. Prosegue la sentenza richiamando il dettato normativo (art. 12, c. 7, a L. n. 212/20009 la cui violazione determina “l’illegittimità, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, riferite al contribuente ed al rapporto tributario controverso, il cui onere probatorio grava sull’amministrazione finanziaria, mentre tutti tali elementi di pericolosità sotto il profilo fiscale risultavano addotti ed acquisiti al processo, tanto che la stessa CTR ne prendeva e dava atto nel definire il giudizio con la decisione ora gravata dall’amministrazione (cfr. anche Cass. sentenza n. 2587 del 05/02/2014, Sezioni Unite: n. 18184 del 2013)”. L’esonero dall’osservanza del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del p.v.c. “opera in presenza del requisito dell’urgenza per l’emissione dell’atto, anche se in questo non sia enunciato il fatto determinativo dell’urgenza stessa, poichè, a norma dell’art. 7 della legge citata, l’obbligo di motivazione si riferisce esclusivamente alle ragioni della pretesa tributaria, ma non anche ai tempi di emanazione dei provvedimenti impositivi o alle regole procedimentali (v. pure Cass. sentenze n. 11944 del 13/07/2012, n. 21103 del 2011)”;

  • Sentenza n. 21792/2014: nel caso di specie, “in presenza delle non contestate ragioni di urgenza indicate dalla CTR (scadenza del termine, stabilito a pena di decadenza, per la notifica dell’accertamento dei redditi 1999) non sussiste dunque la dedotta nullità per la mancata espressa indicazioni delle ragioni di urgenza suddette. Ed invero secondo la lettura delle Ss.Uu. l’obbligo di motivazione degli atti tributari, assistito da sanzione di nullità in caso di inottemperanza, è quello che ha ad oggetto il contenuto sostanziale della pretesa tributaria, cioè i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche, che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione (art. 7, comma 1 dello Statuto), non essendo, invece, necessario dar conto, in quella sede, e comunque non a pena di invalidità, salvo espressa eccezioni, del rispetto di regole procedimentali, quali, quelle attinenti al tempo di emanazione del provvedimento. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva mancanza di detto requisito, esonerativo dell’osservanza del termine, la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie dev’essere provata dall’Ufficio”. La questione, quindi, si sposta dunque in sede contenziosa. “A fronte di un avviso di accertamento emesso prima della scadenza del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12 e privo dell’enunciazione dei motivi di urgenza che lo legittimano, il contribuente potrà, ove lo ritenga, anche limitarsi ad impugnarlo per il solo vizio della violazione del termine, mentre spetterà all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza del requisito esonerativo e dunque, in definitiva al giudice, stabilire l’esistenza di una valida e particolare ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento. Orbene facendo applicazione di detti principi nel caso di specie, il motivo appare destituito di fondamento. A fronte delle ragioni di urgenza riferite dall’Ufficio ed affermate dalla CTR la contribuente non ha infatti contestato la rilevanza ed idoneità delle ragioni suddette, ma si è limitata a dedurre la mancata esposizione di dette ragioni nella motivazione dell’avviso di accertamento impugnato”.

  • Sentenza n. 24316/2014: la Corte di Cassazione, dopo aver richiamato il principio espresso a SS.UU. (sent. n. 18184 del 29/07/2013) ha ritenuto che non “vale addurre a discarico la generica eventualità di evitare una decadenza che non può integrare di per sè la ragione d’urgenza contemplata dal citato art. 12 (Sez. 5’, Sentenza n. 7315 del 28/03/2014). Spetta, dunque, al Fisco allegare e dimostrare che l’inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a inerzia o negligenza, ma ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine, come ad esempio nell’ipotesi di reiterate condotte penali tributarie del contribuente o di partecipazione a una frode fiscale (Sez. 5’, Sentenza n. 2587 del 05/02/2014) oppure nel caso in cui il contribuente versi in un grave stato d’insolvenza (Sez. 5^, Sentenza n. 9424 del 30/04/2014), mentre la generica eventualità di evitare una decadenza non integra di per sè la ragione d’urgenza contemplata dal citato art. 12, comma 7, (Sez. 5’, Sentenza n. 7315 del 28/03/2014; conf. Sez. 5’, Sentenza n. 2592 del 05/02/2014)”.

  • Sentenza n. 15121/2015: la Corte Suprema di Cassazione, dopo aver confermato (sentenze nn. 2592/14 e 9424/14) che “l’imminente scadenza del termine decadenziale utile al fine dell’accertamento da parte dell’Ufficio non costituisce, di per se stessa, ragione di urgenza idonea ad esentare l’Amministrazione finanziaria dal rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7”, ha tuttavia rilevato che le ragioni di urgenza che legittimano la deroga “possono consistere in nuovi fatti emersi nel corso delle indagini fiscali o di procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, in eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici, in condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica (cfr. sent. n. 25759/14)”. Osserva il Collegio che, nel caso di specie, le cause che giustificavano l’emissione anticipata dell’avviso di accertamento erano state indicate dall’Ufficio “nella gravità dei rilievi, nell’entità dell’evasione, nelle gravi irregolarità nella tenuta della documentazione contabile, nell’esistenza di una fattispecie penalmente rilevante e nella mancata collaborazione della società contribuente“. Le conclusioni cui è giunta la Commissione Tributaria Regionale, secondo cui “già in data 9.6.2008 la Guardia di Finanza aveva terminato i controlli formali di coerenza interna ed esterna e pertanto la verifica avrebbe potuto essere chiusa in tempi tali da consentire all’ufficio l’emissione dell’avviso di accertamento nei termini di legge“, si palesa incongrua, atteso che, ai fini del riconoscimento delle ragioni di urgenza che legittimano la deroga, “non rileva per quanto tempo sia protratta la verifica fiscale”. La sentenza gravata è pertanto incorsa nel denunciato vizio di violazione di legge perchè, da una parte, ha escluso la sussistenza di ragioni giustificative dell’emissione ante tempus dell’avviso di accertamento sulla base della prolungata durata della verifica della Guardia di Finanza, non pertinente al tema del decidere; e dall’altra parte, ha invece omesso di esaminare se le ragioni di urgenza addotte dall’Ufficio sussistessero e fossero effettivamente idonee a legittimare il mancato rispetto del termine dilatorio. Per la Corte, “almeno una di tali ragioni – e, precisamente, quella relativa alla mancata cooperazione della società contribuente – era astrattamente idonea a giustificare l’emissione ante tempus dell’avviso di accertamento, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata”.

  • Sentenza n.13296/2016: la Corte di Casssazione ha legittimato l’avviso di accertamento anticipato nei confronti di una società sottoposta a procedura fallimentare. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la legge n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nel prevedere che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvi i casi ‘di particolare e motivata urgenza’ impone un termine per l’esercizio dell’azione amministrativa piuttosto che un obbligo di motivazione circa il requisito dell’urgenza nell’emissione, anticipata, dell’atto impositivo, (cfr. Cass. n. 11944 del 2012, cui hanno fatto seguito Cass. S.U., n. 18184 del 2013; Sez. V, n. 24316 del 2014). Quindi, in presenza di casi di urgenza, l’effetto derogatorio opera a prescindere dalla sua esternazione all’interno dell’atto impositivo, che non è richiesto né dallo Statuto dei diritti del contribuente (posto che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 prescrive che l’atto deve contenere soltanto i ‘presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione’), né da altre specifiche disposizioni (quali l’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972) che disciplinano il contenuto degli atti impositivi e non i tempi della loro emanazione. Ovviamente, in presenza di contestazione da parte del contribuente, è onere dell’Ufficio allegare e provare la sussistenza in concreto delle ragioni dell’urgenza, in particolare che ‘l’inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a inerzia o negligenza, ma ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine’ (Cass. n. 24316/14 citata), come si verifica nell’ipotesi in cui il contribuente versi in grave stato di insolvenza (cfr. Cass. n. 9424 del 2014). Deve, quindi, ritenersi ampiamente giustificata l’emissione ‘ante tempus’ dell’avviso di accertamento nel caso, come quello in esame, di società contribuente sottoposta a procedura fallimentare, discendendo l’urgenza dalla necessità dell’Erario di procurarsi tempestivamente il titolo (rappresentato dal predetto atto impositivo) utile per insinuarsi, peraltro già tardivamente (ai sensi della legge n. 267 del 1942, art. 101), nel passivo fallimentare, non potendosi condividere il giudizio di prognosi postuma formulato dalla ricorrente sulla base delle tempistiche della procedura liquidatoria successive all’emissione dell’atto impositivo”.

  • Ordinanza n.15527/2016: la Corte di Casssazione ha legittimato l’avviso di accertamento anticipato, giustificato dal pericolo derivante da reieterate condotte penali tributarie, confermando quanto già espresso nella sentenza n.2587/2014. Il pericolo derivante da reiterate condotte penali tributarie è, in astratto, un’indubitabile e valida ragione d’urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo in deroga al termine imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 – cfr. Cass.n.2587/2014 -. In tale occasione la Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avrebbe dovuto verificare se tale ragione d’urgenza potesse, come si esprimono le Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 18184 del 2013), essere specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione. Ma di tanto non v’è traccia nel ragionamento che ha portato alla decisione oggetto di impugnazione in questa sede di legittimità. Orbene, nel caso di specie la CTR non ha nemmeno ponderato il valore della pericolosità penale delle condotte ascritte al contribuente, limitandosi ad escluderne ogni valenza perché di pertinenza esclusiva del giudice penale. La CTR, inoltre, ha parimenti male applicato l’art. 12 ult. cit., escludendo di considerare la pericolosità tributaria correlata alla reiterazione di plurime violazioni di natura tributaria ai fini della ricorrenza dei motivi d’urgenza. Ed infatti, come chiarito da questa Corte, l’urgenza dell’atto impositivo bel può profilarsi ‘… allo scopo di infrenare per tal verso una condotta, che appariva di patente e grave violazione continuata degli obblighi fiscali’ – cfr. Cass. n. 14287/2014-“.

 

 

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25 maggio 2017

Gianfranco Antico

1 Nel caso di specie le Entrate avevano evidenziato, fra l’altro, che “la durata delle indagini ispettive fiscali erano dipese dalla loro complessità anche in quanto intersecanti quelle penali e che comunque tale durata non le era imputabile, appunto perché riferibile all’attività istruttoria di un diverso organo dell’amministrazione finanziaria”). Per la Corte, “correttamente la CTR ha svalizzato tali argomenti, poiché riguardano fatti interni all’amministrazione finanziaria stessa, dovendosi anche tenere conto del fatto che nel caso di specie il termine decadenziale è raddoppiato trattandosi di illeciti fiscali anche penalmente rilevanti”.

2 In merito, si rinvia a precedenti contributi sul punto ANTICO, L’accertamento anticipato: ulteriori considerazioni, in il fisco, n. 40/2007, pag. 5834; ANTICO-FUSCONI, Statuto del contribuente: il divieto di emanare l’avviso di accertamento prima di 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, in il fisco, n. 44/2003, fascicolo, n. 1, pag. 6873; ANTICO-FUSCONI, Statuto del contribuente: ancora sulla nullità dell’accertamento anticipato, in il fisco, n. 19/2004, pag. 2929; ANTICO-FUSCONI, Ancora sull’accertamento emesso dopo il verbale, ma prima della scadenza del termine per le osservazioni del contribuente ex art. 12 dello Statuto, in Dialoghi di diritto tributario, n. 9/2005; ANTICO, Accertamento anticipato: ha ragione il fisco, in www.commercialistatelematico.com, gennaio, 2007; ANTICO, Accertamento anticipato urgente, in La Settimana fiscale, n. 42/2008, pag. 31; ANTICO, Accertamento anticipato l’accertamento emanato ante tempus ma notificato successivamente, in Accertamento e contenzioso”, Euroconference, n. 9/2015, pag .4.

3 A nostro avviso, costituiscono “casi di particolare e motivata urgenza”, per esempio, le fattispecie in cui sia necessario adottare le misure cautelari, gli accertamenti connessi alla consumazione di reati tributari, le fattispecie per le quali sussistono pericoli di perdita del credito erariale o altre ipotesi di potenziale pericolosità fiscale.