Il sistema impositivo italiano è orientato alla tassazione mondiale, ovvero alla riconduzione nella base imponibile, ai fini delle imposte sui redditi, di tutte le entrate realizzate dal contribuente residente in Italia e all’estero.
In tale contesto occupano una posizione particolare le somme che si qualificano quale reintegrazione/sostituzione di redditi, erogate in base a specifiche pattuizioni contrattuali, ovvero a decisioni giurisdizionali.
Bisogna tener presente che il danno patrimoniale viene distinto in danno emergente e lucro cessante, ipotesi che ricevono un differente trattamento fiscale.
Il concetto di danno emergente si riferisce a ogni diminuzione patrimoniale provocata dall'illecito o dall'inadempimento. Si tratta, in generale, di un perdita di utilità già presenti nel patrimonio del danneggiato (mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore, spese sostenute per rimuovere inesattezze della prestazione, temporanea impossibilità di godere del bene, danni provocati alla persona o ai beni del creditore). È invece lucro cessante il mancato guadagno patrimoniale che si sarebbe dovuto conseguire se l'obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta o in mancanza della lesione.
Il presente contributo analizza le conseguenze fiscali che si ricollegano alla percezione di somme con carattere risarcitorio / indennitario, sia sotto il profilo delle imposte sui redditi che dal punto di vista dell’IVA.
Natura risarcitoria
Come già la prassi ufficiale dell’amministrazione finanziaria, anche i giudici di legittimità hanno precisato che le “erogazioni” risarcitorie assumono rilevanza reddituale (e quindi sono tassabili) se effettivamente vanno a sostituire dei redditi non conseguiti, reintegrando – per l’appunto – il “danno” consistente nella loro mancata percezione (art. 6 TUIR).
È insomma tassato il “lucro cessante”, che si riflette sul reddito del soggetto. Invece il “danno emergente” (cioè la reintegrazione economica di un danno subìto al patrimonio) non è soggetta a imposizione.
In particolare la sentenza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, n. 6754 del 19.3.2010, ha disconosciuto la clausola contenuta in un verbale di conciliazione - che esplicitamente confermava la natura risarcitoria dell’importo riconosciuto -, cassando con rinvio la sentenza di merito e richiedendo alla CTR, a prescindere dalla qualificazione della clausola operata dalle parti, di ricostruire la volontà dei contraenti secondo le regole sull’interpretazione dei contratti (art. 1362, c.c.).
Pertanto, al di là del nomen, è necessario che la natura risarcitoria venga accertata in concreto.
Danno all’immagine e perdita di chances
I più interessanti riferimenti di prassi circa i riflessi tributari delle indennità risarcitorie si rinvengono in alcune pronunce dell’Agenzia delle Entrate.
In primo luogo può essere esaminata la risoluzione n. 35