La recidiva e le sanzioni tributarie (aumentate fino al 50%, senza discrezionalità)

aspetti operativi e controversi dell’istituto della recidiva e dei criteri di determinazione della sanzione: si tratta di un istitituto sanzionatorio che intende penalizzare i contribuenti che vìolano più volte la stessa norma tributaria

EbookRecidiva

Dal 1′ gennaio 2016 sono entrate in vigore le nuove disposizioni, recate dal D.Lgs. 158/2015, che hanno rivisto il previgente sistema sanzionatorio1 connesso alle violazioni tributarie. E’ previsto un incremento fino al 50% della sanzione per i cosiddetti “contribuenti recidivi”(si pensi al contribuente che per due anni ha omesso di dichiarare ricavi o ha dedotto costi non inerenti), ossia coloro che reiterano una condotta omissiva od infedele di eguale natura rispetto a quella posta in essere nei precedenti tre anni di imposta (e non ravveduta)2.

Il decreto modifica l’articolo 7 del D.lgs. 472/1997, relativo ai criteri di determinazione della sanzione, attraverso interventi puntuali e mediante l’inserimento del nuovo comma 4-bis.

Tra le novelle, di particolare importanza sono le modifiche ai criteri di determinazione della sanzione. Con una modifica dell’articolo 7, del D.Lgs n. 472/1997, ad opera dell’art. 16, c. 1, lett. c, del D.Lgs. n. 158/2015, è stata infatti eliminata la discrezionalità dell’applicazione della recidiva3. In sostanza, si prevede, che la sanzione debba essere aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole. Inoltre, tra le violazioni che risultano non rilevanti ai fini della recidiva sono aggiunte, oltre a quelle definite ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 del D.Lgs. 472/1997 o in dipendenza di adesione all’accertamento, anche quelle definite a seguito di mediazione e conciliazione tributaria.

L’articolo 7 contempla il principio secondo cui nella determinazione quantitativa della sanzione si debba aver riguardo, in primo luogo, alla gravità della violazione e che, a tale fine, si può anche fare riferimento alle caratteristiche della condotta dell’agente, all’opera da lui svolta per l’attenuazione o l’eliminazione delle conseguenze e, per altro verso, alla personalità del trasgressore e alle sue condizioni economiche sociali.

In tale contesto si pone la nuova formulazione dell’istituto della recidiva, che prevede un aumento di pena fino alla metà4 nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole, ossia violazione che presenti, rispetto alla precedente, profili di sostanziale identità per la natura dei fatti che la costituiscono e dei motivi che la determinano (cfr circolare 180/E del 1998).

Esclusione dall’aumento della sanzione in tutti i casi di definizione agevolata nei tre anni precedenti

L’intervento riformatore ha esteso le ipotesi di esclusione della recidiva, aggiungendo alle ipotesi di violazioni definite ai sensi degli artt. 13 (ravvedimento operoso), 16 e 17 (definizione agevolata della sanzione) del D.Lgs. 472/97 e mediante accertamento con adesione (D.Lgs. 218/1997), quelle definite a seguito mediazione e conciliazione.

Ai fini dell’aggravante in esame non devono essere considerate, per espressa previsione di legge, le violazioni definite:

per ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997);

in forma agevolata (artt. 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997);

in dipendenza di adesione all’accertamento (accertamento con adesione o acquiescenza all’accer tamento ex D.Lgs. 218/1997;

in dipendenza di mediazione (art. 17- bis Del D.Lgs. n. 546/1992);

in dipendenza di conciliazione giudiziale (art. 48, 48-bis e 48-ter del D.Lgs. n. 546/1992).

Stessa indole

La nozione di violazione della stessa indole è assai ampia5, poiché comprende non solo le violazioni della medesima disposizione ma anche quelle di disposizioni diverse, accostabili sotto il profilo della condotta materiale del contribuente. La nozione di violazione della stessa indole è peraltro assai ampia, poiché comprende non solo le violazioni della medesima disposizione ma anche quelle di disposizioni diverse, accostabili sotto il profilo della condotta materiale del contribuente. Nella circolare n. 180 del 1998 del ministero delle Finanze vengono così qualificate l’infedele dichiarazione Irpef e quella Iva, anche se dipendenti da illeciti aventi diversa natura6. La recidiva può scattare in presenza di violazioni reiterate7 anche in progressione e che però si consumano in momenti differenti ma relative allo stesso periodo di imposta: si pensi a una omessa fatturazione o una indebita detrazione iva accertata nell’anno 2016 rispetto all’infedele dichiarazione dei redditi o iva conseguente accertata nell’anno 2016. Non si può escludere quelle progressioni autonomamente sanzionate per lo stesso anno di imposta (come le singole violazioni Iva rispetto alla dichiarazione infedele).

L’articolo 7 del Dlgs 472/1997, così come modificato, dispone pertanto l’obbligo e non più la facoltà dell’amministrazione finanziaria, di applicare la recidiva in presenza di due violazioni della stessa indole commesse nell’arco di un triennio, a meno che le stesse siano state oggetto di accertamento con adesione, mediazione o conciliazione giudiziale. Prima della riforma la recidiva rappresentava una mera facoltà degli enti impositori, nella pratica, largamente ignorata. Il legislatore ha reso la recidiva non più facoltativa, opzionale e “potenzialmente discriminatoria”.

Il legislatore non ha eliminato completamente la discrezionalità dell’amministrazione finanziaria, dal momento che la lettera della legge dispone che la sanzione è aumentata “fino alla metà e non “della metà”, con la conseguenza che spetta all’ufficio determinare la frazione della maggiore imposta compresa nell’intervallo tra zero e 50%.

Decorrenza

Quanto alla decorrenza delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 158/2015, si osserva che ai sensi dell’art. 32 del decreto in esame, come corretto dall’art. 1, c. 133, della legge di Stabilità 2016, l’obbligo di applicare la recidiva di cui al nuovo art. 7, decorre dall’1 gennaio 2016 ed in particolare, trattandosi di un obbligo posto a carico dell’amministrazione da esercitare in fase di accertamento, verifica o controllo, appare coerente ritenere che tale obbligo esplichi i suoi effetti in relazione alle violazioni accertate a decorrere dall’1 gennaio 2016 e non a quelle “commesse” da tale data, utilizzando come periodo di riferimento il triennio precedente all’anno di imposta dell’accertamento.

Se così non fosse assisteremmo, di fatto, ad un rinvio della decorrenza normativa non voluta dal legislatore.

Il periodo di riferimento è, in buona sostanza, variabile e correlato al periodo di imposta sotto controllo poiché occorre tener conto delle “sanzioni accertate” dall’1 gennaio 2016. E’ a partire dal periodo di imposta in cui si è commessa la violazione che si retroagisce per stabilire il triennio di riferimento. Il triennio precedente interessa anche le annualità passate , a nulla rilevando l’entrata in vigore successiva del D.lgs. 158/2015 (1 gennaio 2016). Questa è la tesi espressa dall’Agenzia delle Entrate nel corso di un incontro con la stampa specializzata.

Va precisato che la sola commissione non contestata8 dell’illecito è priva di rilevanza ai fini della recidiva. Per applicare la recidiva l’amministrazione finanziaria deve preventivamente aver contestato, o contestare, un’altra violazione nel triennio precedente9, attestando così la reiterazione dell’illecito10. Secondo una diversa scelta ermeneutica il triennio di riferimento comprende il triennio 2013- 2015 poiché rileva la violazione commessa dal 1 gennaio 2016 e non la sanzione accertata dal 1 gennaio 2016. E’ a partire dalla data di commissione della violazione che si retroagisce per stabilire il triennio di riferimento; pertanto, se essa commissione avviene nel 2016, il periodo di riferimento include il 2013-2015. La recidiva si realizza quando la violazione è stata commessa e contestata nel 2016 e, nei tre anni precedenti, 2013, 2014 e 2015 (non necessariamente in tutti e tre gli anni), siano state commesse violazioni della stessa indole già precedentemente contestate e non definite con i mezzi deflattivi del contenzioso ovvero in maniera agevolata (artt. 16 e 17 D.lgs. 472/97). Se, invece, nel 2016 vengono contestate sanzioni del 2015, allora resta valida la vecchia norma, per cui, in caso di recidiva per violazioni della stessa indole commesse negli anni 2012, 2013 e 2014, è a discrezione dell’Amministrazione di valutare l’eventuale aumento della sanzione11.

Limite

La nuova disposizione dispone l’applicazione della recidiva “salvo quanto previsto al comma 4”. Quest’ultimo, come visto, stabilisce che “qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo”.

Ne consegue che, fermo restando l’obbligatorio aumento per la recidiva, in presenza12 di circostanze che rendono la sanzione che ne risulta manifestamente sproporzionata rispetto all’entità del tributo cui la violazione si riferisce, detta sanzione può essere ridotta, per eliminare la sproporzione, fino alla metà del minimo edittale13.

Va, sottolineato che l’unico limite cui sarebbe sottoposta anche la recidiva è quello contenuto nel (nuovo) comma 4 dell’articolo 7, per cui la sanzione può essere ridotta “fino alla metà” del minimo qualora concorrano circostanze (i.e. economiche, sociali, di personalità) che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo, cui la violazione si riferisce, e la sanzione stessa. Anche questa disposizione non è nuova, anzi identica a quella previgente (anche allora è stata usata l’espressione “fino a...” che consentirebbe all’ufficio di posizionare la misura della sanzione liquidabile, al di fuori dell’area di sproporzionalità tra questa e il tributo) con la sola differenza che le circostanze in grado di determinare tale sproporzione non devono più essere “eccezionali”, ma semplicemente ordinarie. Anche in sede di impugnazione dell’atto è possibile chiedere ed ottenere la riduzione al 50 % della sanzione minima applicabile per la specifica violazione.

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Necessaria graduazione della sanzione

Graduare la misura delle sanzioni in relazione alla specificità della fattispecie e della violazione esaminata costituisce un obbligo normativo14 e non una facoltà.

Una sanzione adeguatamente commisurata alla gravità della condotta, all’opera svolta per eliminare o attenuare le conseguenze dell’illecito, alla personalità, alle condizioni economiche e sociali del contribuente, è necessaria per dare effettività ai principi di uguaglianza sostanziale ed equità che stanno a fondamento del sistema tributario

In particolare, l’art. 7 del citato d.lgs. 472/1997 ha stabilito i criteri di determinazione della sanzioneche sono costituiti:

– dalla gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente,

– dall’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze,

– dalla personalità dell’agente desumibile anche dai suoi precedenti fiscali,

– dalle condizioni economiche e sociali.

Valutata la gravità della violazione, nella determinazione della sanzione si dovrà tenere conto della personalità dell’autore della violazione, la quale può essere desunta anche dai suoi precedenti fiscali, nonché delle sue condizioni economiche e sociali nell’ovvia considerazione che il peso della sanzione è avvertito in misura minore quanto maggiori sono le disponibilità economiche del trasgressore15. Anche sotto il profilo della quantificazione della sanzione da applicare in capo alla persona giuridica occorre tenere conto dell’atteggiamento psicologico della persona fisica autore materiale della violazione, sebbene la responsabilità dell’illecito stesso resti ad esclusivo carico della persona giuridica nel cui interesse l’attività sia stata svolta. Sebbene ai sensi dell’art. 7 del D.L. 269/2003, le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica, ai fini della determinazione della sanzione, ivi compresa la recidiva, deve farsi riferimento alla persona fisica autore materiale della violazione Il comma 4 dell’art. 7 stabilisce che “qualora concorrano circostanze16(non più “eccezionali”) “che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo”. Il D.lgs. 158, eliminando dalla norma la parola “eccezionali”, ha ampliato le circostanze in cui è ammessa la riduzione delle sanzioni, con la conseguenza che l’attenuante assume carattere ordinario e non più eccezionale, il che dovrebbe consentire un esercizio più frequente della riduzione in parola.

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Conclusioni

Le novità possono sintetizzarsi nei seguenti termini:

– in presenza dei presupposti di legge, l’aumento per la recidiva è obbligatorio, salva la possibilità di operare la riduzione in caso di manifesta sproporzione fra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione;

– accanto alle ipotesi di esclusione della recidiva in caso di ravvedimento operoso, definizione della sanzione ex artt. 16 e 17 D.Lgs. 472/97 e di adesione all’accertamento, ne sono state introdotte due nuove: la mediazione e la conciliazione.

Recidiva e cumulo giuridico

La circolare n. 180/E/1998 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in presenza di più violazioni, è prioritariamente applicabile la recidiva e poi il cumulo giuridico. Va rilevato che tale recidiva specifica infratriennale è compatibile, secondo un principio di diritto penale, con la continuazione. In altri termini, in caso di continuazione di violazioni (supponendo che le violazioni rilevate siano due), l’Ufficio:

  1. prima deve procedere ad aumentare la seconda sanzione, ai sensi dell’art. 7, c. 3 (fino alla metà);

  2. poi deve procedere, nelle ipotesi in cui è applicabile il cd. cumulo giuridico, alla determinazione della sanzione unica, ai sensi dell’art. 12, prendendo a base la violazione più grave17.

17 marzo 2017

Isabella Buscema

1 In materia tributaria, sussistono due tipi di violazioni, a seconda delle quali vi è una sanzione in misura fissa per le violazioni prettamente formali e una sanzione in misura proporzionale per le violazioni sostanziali. Le violazioni formali sono quelle che non incidono sulla determinazione della base imponibile o dell’imposta, nonchè quelle che non arrecano alcun pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo dell’Amministrazione finanziaria. Entrambe le condizioni devono sempre coesistere. Le violazioni sostanziali sono quelle che riguardano l’intralcio all’esercizio delle azioni di controllo, e come tale punibili anche quando non determinano un omesso versamento.

2 Per effetto della recidiva, dunque, in presenza della seconda infedeltà dichiarativa la sanzione può essere aumentata fino alla metà (es. del 25%)e non della metà automaticamente.

3 Il legislatore ha reso la recidiva non più facoltativa, opzionale e “potenzialmente discriminatoria”.

4 Esempio per la seconda violazione della stessa indole aumento del 25% , per la terza violazione della stessa indole aumento del 50%

5 Per “violazioni della stessa indole”, secondo quanto stabilito dallo stesso comma 3 dell’articolo 7, si intendono non solo le violazioni delle stesse disposizioni ma anche le violazioni di disposizioni diverse che presentino però profili di omogeneità per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano. In considerazione di tale nozione, la recidiva è stata ritenuta applicabile anche nel caso in cui una prima infrazione è consistita in una dichiarazione infedele rilevante ai soli fini delle imposte dirette (indebita deduzione di una quota di ammortamento) e la successiva violazione in una infedele dichiarazione ai fini IVA (v. circolare n. 180).

6 Esemplificando, la recidiva risulta applicabile, come evidenziato dalla circolare 180/ E/1998, anche nel caso in cui il contribuente abbia, in relazione a un periodo d’imposta, presentato una dichiarazione infedele ai soli fini delle imposte dirette e nel periodo d’imposta successivo abbia presentato un’analoga dichiarazione infedele, ma in questo caso ai soli fini Iva.

7 L’applicazione della recidiva presuppone che l’autore della violazione sia incorso in altra violazione della stessa indole, non definita ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 o in dipendenza di adesione all’accertamento, di mediazione o di conciliazione, nei tre anni precedenti.

Ciò implica che è recidivo colui il quale, nei tre anni precedenti la commissione di una violazione, è incorso in una precedente violazione della stessa indole contestatagli e non definita ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 o in dipendenza di adesione all’accertamento, di mediazione o di conciliazione. Non si può applicazione la recidiva a comportamenti della stessa indole posti in essere in anni diversi ma constatati con la medesima verifica fiscale.

8 E’ recidivo colui il quale, nei tre anni precedenti la commissione di una violazione, è incorso in una precedente violazione della stessa indole contestatagli e non definita ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 o in dipendenza di adesione all’accertamento, di mediazione o di conciliazione.

9 Occorre evitare l’applicazione a comportamenti della stessa indole posti in essere in anni diversi ma constatati con la medesima verifica fiscale. Occorre mutuare il concetto di obbligo di previa contestazione (constatazione) dall’istituto della recidiva penale prevedendo che non sia possibile applicare in via automatica la recidiva fiscale a comportamenti della stessa indole posti in essere in anni diversi ma constatati con la medesima verifica fiscale effettuata dall’Ufficio o dalla Guardia di Finanza. In tal caso infatti il contribuente, in buona fede, ha dedotto un costo che riteneva inerente in più anni d’imposta senza che tale condotta fosse stata mai contestata. La recidiva deve essere applicata solo con riferimento a condotte quantomeno già precedentemente constatate.

10 Gli elementi costitutivi per incrementare la sanzione previsti dal nuovo articolo sono: la commissione di una violazione della stessa indole nei tre anni precedenti; la mancata definizione della stessa violazione tramite uno degli istituti deflattivi del contenzioso; la proporzionalità della sanzione.

11 Si tratta di una disposizione peggiorativa per i contribuenti e come tale ha carattere irretroattivo. Da ciò ne consegue ,secondo una precisa scelta ermeneutica ,che per la sua operatività dovrà aversi riguardo alla commissione della violazione e non alla notifica dell’atto. La nuova recidiva pertanto potrà e dovrà operare solo per le violazioni commesse a decorrere dall’entrata in vigore della norma con la conseguenza che sussiste solo se tutte e due le violazioni siano integrate dopo il D.Lgs. n. 158/2015.

12 Il contraddittorio tra le parti può consentire di apprezzare tali situazioni .Occorre precisare che la violazione del principio di competenza temporale determina non l’evasione ma lo spostamento della tassazione nel tempo, per cui andrebbe applicata la sanzione edittale minima con riduzione più marcata rispetto alla violazione del principio di inerenza che implica la sottrazione ad imposizione.

13 E’ necessaria una doppia motivazione rafforzata che indichi, le ragioni per le quali l’Ufficio non ritiene sussistere l’esimente prevista dal comma 4 in combinato disposto con i criteri di individuazione della gravità della violazione previsti dal comma 1 ed infine i motivi per cui considera della “stessa indole” le due violazioni.

14 Il principio di proporzionalità richiede di valutare e modulare la risposta sanzionatoria oltre che con riferimento alla condotta del contribuente anche all’ammontare del danno erariale e quindi al debito di imposta.

15 Per arginare gli effetti eccessivamente lesivi per i contribuenti anche in presenza di condotte di disvalore “minimo” gli Uffici non dovranno procedere con un acritico automatismo, ma dovranno utilizzare l’istituto con una certa discrezionalità attraverso una valutazione, caso per caso, della manifesta sproporzione fra l’entità del tributo e la sanzione, da analizzare prendendo in esame anche la condotta tenuta dal contribuente.

16 Il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo ha, da un lato previsto una maggiorazione delle sanzioni in casi meritevoli di punizione, quali la recidiva, ma dall’altro ha ampliato le circostanze per cui è possibile chiedere anche al giudice tributario la riduzione fino alla metà delle sanzioni comminate nell’atto di accertamento.

17La recidiva, secondo i criteri penalistici, risulta rilevante anche ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’illecito continuato o del concorso di violazioni così come disciplinato dall’art. 12 D.Lgs. n. 472/1997. Pertanto, prima di procedere all’unificazione delle diverse sanzioni in base all’art. 12, l’Ufficio irrogatore deve calcolare, anche in base all’applicazione della recidiva, quale sia la violazione più grave su cui bisogna intervenire per la determinazione della sanzione da infliggere in concreto.